17-11-2025

I sapori del Mayab: 5 indirizzi da scoprire nello Yucatán

Viaggio nella Penisola messicana da Mérida a Valladolid, nella "terra dei pochi" tra storie di gusto, tradizioni forti e sapori memorabili

I panuchos con cochinita pibil del ristorante Kini

I panuchos con cochinita pibil del ristorante Kinich a Izamal, Yucatan, Messico

Mayab in lingua maya significa "la terra dei pochi". È l'antico nome della penisola dello Yucatán, culla di una civiltà che non è rimasta confinata nei libri di storia. La sua eredità si respira ancora oggi tra le rovine di Chichén Itzá e Tulum, nelle acque sacre del cenote Chichikán, ai mercati, nelle cucine delle case, e nei ristoranti in cui la tavola yucateca prende forma, nella sua versione più tradizionale o reinterpretata con una sensibilità moderna.

Iniziamo il percorso a Mérida, la celebre “Città Bianca”, chiamata così per la pietra calcarea che riveste le sue facciate, la stessa che un tempo formava le antiche costruzioni maya presenti sul luogo, ben prima dell’arrivo dei conquistadores. Oggi è una splendida urbe che unisce con eleganza storia e modernità: tra edifici coloniali e strade vivaci, la cucina locale è la vera protagonista di un’esperienza gastronomica indimenticabile.

Manjar Blanco e il mito della cochinita pibil
La colazione, in Messico, è una cosa seria. Ma nel cuore dello Yucatán diventa un affare ancora più importante, arricchito da una lunga tradizione e da piatti emblematici. Manjar Blanco è una tappa obbligata: qui la famosa cochinita pibil è il pezzo forte, motivo di pellegrinaggi dei devoti del genere. Non a caso, la serie Netflix Las Crónicas del Taco racconta anche la storia del ristorante di Miriam Peraza, la cui ricetta di famiglia, perfezionata nel tempo, è diventata un punto di riferimento. Si tratta di maiale marinato con achiote, spezie e succo di naranja agria, una varietà di arancia amara tipica della regione, poi cotta per ore, sotto terra avvolto nelle foglie di banana. I salbutes sono una forma perfetta per gustarla: tortillas di mais fritte leggermente e completate con cochinita pibil e cipolla insaporita nel succo di naranja agria, origano e chile habanero.

Un altro piatto importante sono le uova strapazzate con la longaniza di Valladolid, un tipo di salsiccia affumicata tipica della regione, preparata con carne di maiale e condita con spezie e achiote, che le dà il suo distintivo colore rosso. E poi ci sono i sopes, piccoli dischi di impasto di mais cotti alla piastra e serviti con purè di fagioli, lattuga, tacchino affumicato e una spolverata di formaggio olandese Edam (conosciuto localmente come queso de bola).

Manjar Blanco, salbutes con cochinita pibil e sopes con tacchino affumicato, con purè di fagioli, lattuga

Manjar Blanco, salbutes con cochinita pibil e sopes con tacchino affumicato, con purè di fagioli, lattuga


Al Museo de la Gastronomía Yucateca si mangia pure
Sempre a Mérida c’è un posto unico e molto interessante: il Museo de la Gastronomía Yucateca (MUGY), che tramanda con passione e determinazione il patrimonio culinario e culturale di queste terre. Qui, all’inizio o alla fine del pasto, si può partecipare a un percorso guidato attraverso un’esposizione che esplora le origini preispaniche, meticce e creole dei piatti tipici, mostrando ingredienti e antichi utensili. Ma il punto centrale del ristorante è la sua cucina: il vero motivo della visita per i gaudenti, che preferiscono forse assaporare la storia, letteralmente parlando. Anche al MUGY la cochinita pibil è un must, ma nel menù si trovano altre specialità altrettanto tradizionali e gustose.

Tra queste, il lechón al horno, una preparazione in cui, come la cochinita, elementi precoloniali si fondono con quelli provenienti dal Nuovo Mondo o comunque giunti nella penisola dopo la conquista. Il maialino da latte viene condito con succo di naranja agria e spezie come origano yucateco, cumino, cannella e chiodi di garofano, poi cotto al forno, fino a ottenere una carne morbida e succulenta. Il poc-chuc è un altro classico: una sottile bistecca di maiale marinata nel succo dell'onnipresente arancia amara e arrostita alla brace, accompagnata da una salsa di pomodoro e peperoncino arrostiti, cipolla rossa marinata e frijoles colados, una crema liscia di fagioli neri.
Museo, lechón al horno

Museo, lechón al horno

Museo, skil pak e dip di fagioli neri

Museo, skil pak e dip di fagioli neri


Kinich e la grandezza della mayora
La strada prosegue verso Izamal, l’incantevole Pueblo Mágico dai colori giallo e bianco, così caratteristici. Qui sorge il Convento di San Antonio de Padua, celebre per il suo imponente atrio porticato, il secondo più grande al mondo dopo quello di San Pietro in Vaticano. Poi c’è anche la Pirámide de Kinich Kak Moo, dedicata al dio sole, la più grande dello Yucatán per volume e una delle più imponenti di tutto il Messico. Tuttavia in quanto alla gastronomia, c’è un posto che subito risale nella coscienza locale, Kinich, un punto di riferimento. Dal primo istante si percepisce un’eleganza rustica ispirata alla tradizione, con un’atmosfera familiare che invita a gustare, senza pretese, i sapori più genuini dello Yucatán. A vegliare sull’integrità e sul sapore ci sono la mayora (la maestra di cucina popolare) Georgina Pech e lo chef Reyes Uc, che in una simbiosi perfetta riescono a far convivere la memoria culinaria con la modernità, dando continuità a un’eredità che si reinventa nel piatto con un’estetica curata e raffinata, senza perdere la propria essenza. Ricette emblematiche come le empanadas di chaya (una pianta endemica della regione, simile agli spinaci) ripiene di formaggio Edam, servite con salsa di pomodoro, aprono in modo splendido il percorso epicureo.

Seguono i papadzules: tacos ripieni di uovo sodo biologico tritato e coperti con la classica salsa di semi di zucca, completati da un tocco di salsa di pomodoro e, nella versione di Kinich, arricchiti con pezzetti di longaniza di Valladolid. Una creazione sorprendentemente deliziosa e irresistibile, che può sembrare semplice per i suoi ingredienti, ma in cui la tecnica e la qualità del prodotto, in gran parte proveniente dall’orto del locale, giocano un ruolo essenziale. Non poteva mancare il celebre queso de bola olandese ripieno di macinato di maiale, servito su sak k’ool, una salsa bianca e delicata preparata con brodo di carne e farina di frumento, impreziosita dal colore intenso del chiltomate, salsa di pomodoro e peperoncino. Una composizione che ricorda l’armonia tra parmigiano, ragù e besciamella. Anche qui emerge una complessità di strati: il gusto tostato e salato del formaggio, la cremosità avvolgente del sak k’ool e la vivacità del pomodoro.
Kinich, papadzules con salsa di semi di zucca e longaniza di Valladolid

Kinich, papadzules con salsa di semi di zucca e longaniza di Valladolid

Kinich, flan di queso de bola

Kinich, flan di queso de bola


Kanché, mixologia creativa
A pochi passi da Kinich, infatti fa parte della stessa famiglia, si trova Kanché, un elegante cocktail bar e spazio gastronomico che rivisita i sapori della penisola yucateca con un tocco contemporaneo. Propone una mixologia creativa, con drink ispirati ai prodotti locali, e una cucina audace e divertente. Nel menù si trovano piatti come l’hot dog di polpo maya con maionese alla longaniza di Valladolid, un modo originale di reinterpretare un grande classico dello street food. Ci sono anche gli elotitos baby, piccole pannocchie di mais arrostite al carbone e servite con maionese al recado negro, una salsa dal colore scuro ottenuta con peperoncini bruciati e spezie che regala note affumicate e decise. In materia di cocktail, la scelta è squisita: come il Sikil Ha’, che unisce tequila, crema di semi di zucca, Grand Marnier e succo di lima, un agrume simile al limone ma più profumato e delicato. Le note tostate e leggermente affumicate dei semi di zucca si fondono qui con la freschezza agrumata e la dolcezza dell’agave blu. Lo Xmakalum, un altro drink ben confezionato, a base di gin Katún prodotto a Valladolid, si arricchisce con un’infusione di hoja santa e ruda, due erbe dal profumo intenso e dal carattere simbolico: la prima, leggermente anisata; la seconda, amara e usata anche nei rituali di purificazione.
Kanché, il bar

Kanché, il bar

Kanché, Elotitos baby con maionese di recado negro

Kanché, Elotitos baby con maionese di recado negro


Sikil, passato e futuro a Valladolid
Concludiamo il nostro viaggio a Valladolid, una bellissima città coloniale che conserva un fascino autentico del passato, e resta, ancora oggi, un tesoro poco conosciuto. Molti la considerano solo un punto di partenza per escursioni verso Chichén Itzá o per raggiungere la più rinomata Mérida, ma chi decide di fermarsi anche solo per un paio di giorni scopre un luogo affascinante e pieno di sorprese, anche quelle culinarie.

Situato a pochi passi dal centro, Sikil, dello chef José Vidal, propone una cucina consapevole e ben articolata, in sintonia con le tendenze attuali che invitano a seguire le stagioni e la natura, in costante collaborazione con produttori locali. La sua proposta va oltre i piatti comunemente associati alla gastronomia yucateca nell’immaginario dei commensali, accompagnandoli in un viaggio che conserva l’autenticità dei sapori in modo originale e innovativo. Il menu è breve, il che non rappresenta affatto un difetto, al contrario: trasmette fiducia nel fatto che ogni dettaglio sia ben concepito, pensato per esaltare la qualità e la freschezza degli ingredienti attraverso la tecnica. La carta è piccola ma di grande impatto. Cominciamo la cena con un dip di semi di zucca, pomodoro e arancia amara: sikil pak. In effetti, sikil, che in lingua maya significa “seme di zucca”. Un inizio ideale, considerando il nome del ristorante, per stuzzicare l’appetito con la sua leggerezza e morbidezza, bilanciate da una croccante tostada di mais al lato.

Segue l’hummus di peperoni arrostiti, emblema del Medio Oriente oggi onnipresente nei ristoranti di tutto il mondo, che qui trova una versione autoctona: i ceci si uniscono ai semi di zucca al posto del classico tahini di sesamo, mentre il peperone arrostito conferisce note affumicate, dolci e umami. È un percorso gastronomico dal Levante al Mayab che esprime un meticciato moderno. Il cerdo pelón confit arriva in tavola in eccellente compagnia di un dolce e cremoso purè di platano e salsa di fagioli. Questa razza autoctona di maiale offre una carne profonda nel sapore. Un piatto che invita a fare tacos e a condividere, con tortillas appena fatte.

Non mancano i dolci per addolcire la vita: pane di mais con cocco e crema di cioccolato, o un muffin di banana. Questa nota finale di dolcezza rafforza l’idea centrale del menù: come una legge non scritta della buona tavola, meno è più. Ed è proprio da questa premessa che Vidal riesce a trasformare ingredienti di stagione in un’esperienza contemporanea che rende omaggio alle tradizioni culinarie dello Yucatán.

Sikil, chef José Vidal

Sikil, chef José Vidal

Sikil, hummus di peperoni arrostiti

Sikil, hummus di peperoni arrostiti


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Beniamin Chalupinski

di

Beniamin Chalupinski

Cuoco, giornalista, dottore di ricerca in linguistica italiana, autore dei libri in materia, cammini che convergono in una stessa professione, dalle lettere alla cucina, dalla cucina al giornalismo e dal giornalismo alla cucina, gli stessi che l’hanno portato a scrivere per riviste messicane come Protocolo, Saborearte e Siempre

Consulta tutti gli articoli dell'autore