30-05-2025

Makeat a Barcellona: un centro creativo all'avanguardia, al servizio dei professionisti della ristorazione

Lo studio fondato da Adrià Colominas e Juan Manuel Umbert sviluppa strumenti, metodologie e spazi per progetti nel settore del food & beverage, collaborando con ristoranti, pasticcieri e brand internazionali

Adrià Colominas e Juan Manuel Umbert, rispettiva

Adrià Colominas e Juan Manuel Umbert, rispettivamente CTO e CEO di Makeat, di cui sono co-fondatori

Qualche settimana fa, su queste pagine, abbiamo raccontato Il Milione, l'esclusiva esperienza gastronomica che Paolo Casagrande e Martín Berasategui hanno creato all'interno del ristorante Lasarte di Barcellona, il primo tre stelle della città catalana.

Un viaggio sensoriale per un massimo di otto commensali che va ben oltre il concetto tradizionale di chef's table, dove ogni elemento - dall'illuminazione alla musica, dalle stoviglie agli aromi - è stato orchestrato per creare un'esperienza totalizzante. Come ci aveva spiegato lo stesso Casagrande, dietro questa visione olistica c'è il lavoro di Makeat, uno studio di food design barcellonese che ha completamente ripensato lo spazio, trasformandolo in un teatro dove la gastronomia diventa narrazione multisensoriale.

«È stato un percorso di evoluzione continua - ci aveva detto lo chef veneto parlando di questa collaborazione - e credo che tutti abbiamo imparato tantissimo». Un approccio basato sulla generosità creativa e sul confronto tra discipline diverse che, come scopriremo, è esattamente la filosofia che anima Makeat fin dalla sua nascita.

Paolo Casagrande e Joan Carles Ibáñez, nella sala che ospita Il Milione, affacciata sulla cucina di Lasarte

Paolo Casagrande Joan Carles Ibáñez, nella sala che ospita Il Milione, affacciata sulla cucina di Lasarte

Ma cos'è esattamente Makeat? Definirlo semplicemente uno studio di food design sarebbe riduttivo. Si tratta piuttosto di un centro di innovazione, design e sviluppo focalizzato sul settore enogastronomico, un laboratorio dove scienza, tecnologia e creatività convergono per esplorare nuove frontiere del food & beverage. La loro missione, sintetizzata nel motto Awakening Gastronomy's Potential, è quella di fungere da ponte tra l'innovazione e i professionisti del settore, generando dialoghi e collaborazioni tra esperti di cibo, bevande, scienza, arte e business.

L'approccio di Makeat si basa su tre pilastri fondamentali: creatività, design e tecnologia. Non si limitano a progettare oggetti o spazi, ma ripensano completamente processi e esperienze, partendo sempre dalla domanda perché? prima ancora del come?. Si definiscono problem finders più che problem solvers, un approccio che li porta a cercare costantemente nuove sfide e a mettere in discussione lo status quo della gastronomia contemporanea.

La metodologia che hanno sviluppato, il Food Design Thinking, è un processo articolato che parte dall'ispirazione e dalla ricerca, passa attraverso l'ideazione e la prototipazione, per arrivare alla sperimentazione e all'analisi continua dei risultati. È un flusso circolare di apprendimento costante, dove ogni progetto diventa occasione per acquisire nuove competenze ed esplorare territori inesplorati.

Juan Manuel Umbert

Juan Manuel Umbert

Nel loro studio di Barcellona - nato letteralmente da un parcheggio abbandonato, trasformato in sei mesi di duro lavoro - convivono stampanti 3D, macchine per il taglio laser, termoformatrici... Ma la vera forza di Makeat sta nel suo team composito e variegato: dodici professionisti guidati dai co-fondatori Adrià Colominas (CTO) e Juan Manuel Umbert (CEO), che includono creativi, designer, consulenti alimentari, responsabili di produzione.

Per comprendere meglio la visione e l'evoluzione di questa realtà unica nel panorama del food design internazionale, abbiamo incontrato Juan Manuel Umbert, che ci ha raccontato la genesi e le prospettive future di Makeat.

Come è nata l'avventura di Makeat? Qual è stata la scintilla iniziale?
Io e Adrià abbiamo iniziato insieme questa avventura ancora prima della nascita di Makeat. Abbiamo lavorato in diversi contesti, sempre avendo a che fare con tecnologia, design e innovazione, cercando di capire quali discipline potessero valorizzare maggiormente la gastronomia contemporanea. Studiando l'eredità di elBulli e il lavoro di Ferran Adrià, abbiamo intuito come l'integrazione di competenze diverse avesse rivoluzionato la gastronomia. A distanza di un quarto di secolo, abbiamo individuato nel design, nella scienza e nella tecnologia le leve per una nuova trasformazione del settore. Un giorno abbiamo scoperto un parcheggio abbandonato, senza finestre, senza nulla. Lì è iniziata la nostra storia: dopo sei mesi di lavoro, è diventato il nostro quartier generale. I primi passi sono stati difficili, perché stavamo esplorando territori sconosciuti. Andavamo dai potenziali clienti dicendo: "Lavoriamo con le stampanti 3D" e loro rispondevano: "Ma noi facciamo croissant, cosa c'entra la stampa 3D?". Non avevamo portfolio, non sapevamo nemmeno quanto far pagare i nostri servizi. La scintilla vera è stata la fiducia reciproca tra me e Adrià: abbiamo deciso di dedicare le nostre vite a scoprire come queste discipline potessero valorizzare la gastronomia. E abbiamo messo tutto quello che avevamo in questo progetto.

Gli uffici di Makeat, quando erano ancora un parcheggio...

Gli uffici di Makeat, quando erano ancora un parcheggio...

Qual è stato il punto di svolta che vi ha permesso di affermarvi?
Nei primi due anni non abbiamo guadagnato un euro, era tutto investimento. Adrià faceva lavori di design per mantenersi, io lavoravo nei catering e studiavo gestione alberghiera. Dopo circa un anno, avevamo acquisito conoscenze e sviluppato strumenti innovativi. Il momento cruciale è arrivato quando ho incontrato una persona che lavorava per il catering di Martín Berasategui e un pasticcere che collaborava con il famoso pasticciere Miquel Guarro. In un paio di mesi, entrambi sono venuti da noi e abbiamo realizzato i primi stampi personalizzati per professionisti. La foto del nostro cupcake al caffè tagliato a metà, un progetto realizzato proprio per Guarro, è diventato virale - era il 2019, sei anni fa, e non esisteva niente di simile. In seguito a questo, in una settimana abbiamo ricevuto tre commissioni di altissimo livello. I ristoranti tre stelle Michelin di tutta Europa hanno iniziato a chiamarci: è stato il momento in cui abbiamo capito che la nostra visione aveva senso.

La Coffee Cup Cake per Miquel Guarro

La Coffee Cup Cake per Miquel Guarro

Rispetto al 2019, un certo approccio creativo alla ristorazione raccoglie oggi meno interesse e successo. Quanto è importante nel 2025 l'industria della ristorazione per Makeat, rispetto ad altri settori?
All'inizio del 2019, l'80% del nostro business proveniva da ristoranti e pasticcerie. Lavoravamo principalmente con stampi, stencil e termoformatura per dare nuove forme al cibo. Ma poi abbiamo iniziato la consulenza in ricerca e sviluppo, applicando le nostre conoscenze in diversi campi. Non abbiamo mai detto no a una grande sfida - quello era il nostro modo di imparare le cose. Nel 2020 siamo entrati nel mondo dei cocktail, organizzando un raduno dei migliori bartender spagnoli nel nostro studio. È stato fondamentale perché i cocktail bar hanno margini molto più alti dei ristoranti, quindi possono investire di più nell'innovazione. Nel 2021 eravamo circa 50-50, ma nel 2022 tutto è cambiato: abbiamo iniziato a lavorare con grandi brand come Pepsi, Bacardi e altri. Un singolo progetto con loro può equivalere a lavorare con 70 ristoranti. Oggi quindi i ristoranti rappresentano una percentuale minoritaria del nostro business. Ma questo ci permette di imparare da queste nuove sfide e riportare queste conoscenze nel mondo della ristorazione.

Makeat al lavoro con il team di Lasarte

Makeat al lavoro con il team di Lasarte

Come descriverebbe la collaborazione per Il Milione al Lasarte?
È stata un'incredibile opportunità di apprendimento. Lavorare con persone come Paolo Casagrande, Martín Berasategui, Xavi Donnay e Joan Carles Ibáñez ci ha permesso di comprendere come professionisti di altissimo livello vedono e pensano le esperienze gastronomiche, quali emozioni vogliono trasmettere. Uno dei giorni più emozionanti della mia vita è stato quando Paolo mi ha chiamato per confermare il progetto - era uno dei più grandi che avessimo mai affrontato. Mi sono trovato davanti a una tabula rasa: da dove potevamo iniziare? Siamo partiti ragionando sul concept, applicando la nostra metodologia Food Design Thinking, arrivando a concentrarci su tre idee principali: armonia, dialogo e tempo / non-tempo. L'armonia riguardava la bellezza compositiva e le cose che i commensali si sarebbero trovati davanti. Il dialogo si concentrava maggiormente sugli aspetti astratti e sul modo in cui l'ospite, come protagonista dell'esperienza, avrebbe interagito con la sala e con la cucina. Ragionare sul concetto del tempo / non-tempo, ci ha permesso di riflettere sull'impatto che l'esperienza può avere sui sensi dei commensali e su come evitare di interrompere questa stimolazione dei sensi. È stato molto intenso poter mescolare illuminazione, musica, design delle posate e dei piatti, interazioni, profumi, transizioni molto potenti. Infine, lavorare con così tanti professionisti di alto livello è stato complesso, perché ognuno sapeva esattamente cosa volesse, il che è un bene, ma è anche molto impegnativo. Il risultato finale è un'esperienza poetica ed evoluta, che esplora come trasmettere le emozioni e come connettersi profondamente con il cibo, con gli ingredienti.

Avete avuto modo di collaborare anche con Disfrutar: ci racconta qualcosa anche di questa esperienza?
E' stata completamente diversa. Loro ci lanciano costantemente sfide, è il ristorante dell'eterna creatività, devono sempre presentare qualcosa di nuovo. Oriol, Eduard e Mateu sono maestri che sanno esattamente dove vogliono arrivare, ma ci coinvolgono per esplorare il come. E ci hanno chiesto: "Vogliamo fare una magia con questo specchio, come possiamo riuscirci?". Lavoriamo insieme al loro team di design interno su idee per stampi, piatti, tecniche. Mentre Il Milione è stato un progetto olistico di 20 mesi, con Disfrutar sono tanti piccoli progetti che giocano con la creatività e il divertimento.

Al lavoro con Oriol Castro di Disfrutar, per la realizzazione del piatto Corallo di amaranto e della sua presentazione 

Al lavoro con Oriol Castro di Disfrutar, per la realizzazione del piatto Corallo di amaranto e della sua presentazione 

Quale futuro vede per la creatività nella ristorazione? Cosa può innescare una nuova ondata innovativa dopo l'era di elBulli?
Ci stiamo lavorando attivamente. Vogliamo fare per le prossime generazioni quello che elBulli ha fatto per noi. Stiamo creando un'università dove insegneremo tutto quello che stiamo imparando. Una parte sarà gratuita e open source, perché la conoscenza migliora sempre quando è condivisa. Un'altra sarà molto selettiva, destinata a formare i futuri innovatori. La nostra idea sta in questo dialogo costante: scienziati che parlano con ingegneri e creativi, esperti di cocktail che discutono con chi progetta macchine miscelatrici, innovatori del retail che si confrontano con gli chef. Una contaminazione continua. Sono convinto che questo sia uno dei momenti migliori di sempre per la gastronomia. Il problema è che in molti paesi, Spagna inclusa, ci sono le stesse figure dominanti da trent'anni. Servono nuove voci, nuovi talenti. I grandi nomi dovrebbero diventare mentori, non monopolizzare la scena. Quello che vorremmo fare è formare i nuovi professionisti del settore non solo su come usare strumenti innovativi, ma insegnando loro il nostro approccio di Food Thinking: progettare il piatto, definire il target, capire il mercato, stabilire il prezzo giusto. E poi mettere i professionisti coinvolti in relazione tra loro: lo chef con il pasticcere, il bartender con lo scienziato... 

Avete collaborazioni con realtà italiane?
Certamente! Abbiamo lavorato con il ristorante Bros in più di un'occasione, con maestri pasticceri come Fabio Greganti e Giorgio Altomonte, con una bellissima realtà come La Ménagère a Firenze. C'è una connessione naturale tra Spagna e Italia - siamo mediterranei, condividiamo una visione della gastronomia come cultura e non solo come business. Molti professionisti italiani si sono fidati di noi e continuiamo a sviluppare progetti insieme. 


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Niccolò Vecchia

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Niccolò Vecchia

Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare 
Instagram: @NiccoloVecchia

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