17-06-2022

Nasce il Manifesto del Cibo Selvaggio

Uno strumento innovativo per riflettere sul valore nutrizionale, socio-economico e gustativo della carne di selvaggina. Ma può considerarsi una scelta sostenibile?

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Da un'idea nata dal Caccia Village, è stato presentato il primo Manifesto del Cibo Selvaggio: 5 fondamenti per promuovere la carne di selvaggina

È partita dal Caccia Village, la tradizionale fiera dedicata agli appassionati di caccia, a Bastia Umbra, l’idea di stilare il primo manifesto di “Cibo Selvaggio”, costituito dai fondamenti secondo i quali, inaspettatamente, anche la carne di selvaggina può essere considerata sostenibile.

Difatti, al centro dei vari cooking show a cura degli chef del territorio umbro, e dei dibattiti a cui hanno preso parte giornalisti del settore gastronomico ed enti privati, vi è la volontà di portare all’attenzione dei più il futuro della caccia - un'argomentazione fondamentale nel vasto bacino della sostenibilità - con una riflessione specifica a riguardo della selvaggina. In altre parole, l’intenzione è quella di accrescere la consapevolezza sulla qualità dei prodotti che derivano dalla cacciagione perchè portatori di valori culturali cruciali. Ed è questo un messaggio condiviso da nutrizionisti, aziende e fondazioni insieme, che lasciano emergere anche il vantaggio economico per l'acquisto di questo tipo di carne, molto più economica rispetto al prodotto convenzionale.

Chiara Comparozzi e Andrea Castellani, ideatori e curatori di Cibo Selvaggio

Chiara Comparozzi e Andrea Castellani, ideatori e curatori di Cibo Selvaggio

Ce lo spiegano meglio Chiara Comparozzi e Andrea Castellani, curatori e ideatori del progetto: «Fornendo una certificazione alla filiera della carne di selvaggina, abbiamo voluto enfatizzare quanto importante sia questo passaggio anche in termini di ricaduta economica e benessere per l’uomo. Sdoganare le filiere dagli stalli burocratici e pregiudizi può solamente apportare benefici; un obbiettivo raggiungibile più facilmente grazie a momenti di confronto come questi, che sensibilizzano l’opinione pubblica e la pubblica amministrazione».

I dibattiti hanno messo in luce come, attraverso adeguate modalità di cottura e un’assunzione regolare di carne di selvaggina, sia possibile riscontrare benefici fisici rilevanti nell'ambito di trattamenti a patologie specifiche, gustando così un alimento sano, delicato e gustoso. Inoltre, il manifesto diventa un’occasione di valorizzazione delle piccole comunità territoriali (che, specie entro i confini della regione Umbria sono davvero tante) finalmente supportate nella loro economia di produzione delle carni.

Partner della manifestazione e promotore del manifesto è stata la Fondazione UNA ETS, Uomo, Natura Ambiente che, già da tempo, lavora sull’importanza della filiera della selvaggina attraverso il progetto Selvatici e Buoni nato nella bergamasca; un programma che, attraverso attività di formazione rivolte al buon cacciatore e ai ristoratori, mira a definire un percorso di filiera controllata e gestibile della carne di selvaggina, dal bosco alla tavola, quindi rispettoso dei cicli riproduttivi dell’animale e della natura.

Non solo carne, ma anche erbe spontanee a Cibo Selvaggio con il Foraging La Clarice

Non solo carne, ma anche erbe spontanee a Cibo Selvaggio con il Foraging La Clarice

 La fondazione collabora da tempo anche con Slow Food e con l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, consapevole della necessità di fare sistema e intercettare l’interesse di chi preferisce selezionare i propri consumi in chiave etica. Accanto a UNA, a supporto del Manifesto, anche la Franchi Food Academy.

E arriviamo proprio al Manifesto: cinque sono i punti elencati, da considerarsi solo una base di partenza per una comunicazione efficace del concetto di sostenibilità in questo ambito. Ve li riportiamo qui di seguito:

SICUREZZA ALIMENTARE, soprattutto nei riguardi del consumatore che deve accedere a informazioni precise sulle caratteristiche delle carni;

IDENTITÀ TERRITORIALE, un’opportunità per gli chef di valorizzare e promuovere il territorio nel rispetto delle tradizioni locali;

DISTRIBUZIONE HORECA, per favorire il dialogo tra gli attori del settore alimentare affinché il prodotto giunga anche alla grande distribuzione in maniera controllata;

SOSTENIBILITÀ, affinché le filiere della selvaggina diventino di sostegno alle economie dei borghi e all’equilibrio della fauna selvaggia;

CACCIATORE INFORMATO, attraverso una formazione costante incentrata sulla familiarizzazione e su una conoscenza più profonda degli ambienti naturali entro i quali si pratica la caccia.  

In ultimo, nel corso dei cooking show, gli chef hanno proposto diversi piatti disponibili anche nei loro ristoranti; creazioni che dimostrano come, l’utilizzo di una carne di selvaggina di qualità possa originare ricette ad alto valore nutrizionale, deliziosi e originali.

Osso, Capriolo e spontanee dello chef Lorenzo Cantoni

Osso, Capriolo e spontanee dello chef Lorenzo Cantoni

Daino in primavera dello chef Marco Lagrimino

Daino in primavera dello chef Marco Lagrimino

Tartare di daino e polvere di olio di Giacomo Ramacci

Tartare di daino e polvere di olio di Giacomo Ramacci

Tra i partecipant gli chef Marco Lagrimino, Lorenzo Cantoni, Giancarlo Polito, Giacomo Ramacci e Paolo Trippini: la carne di selvaggina è stata da loro declinata sia in primi che secondi piatti.  Narrazione sincera e golosa della meravigliosa terra umbra.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Chiara Vannini

Nata a Torino, ma di origini cosmopolite suddivise fra la Puglia e la Grecia. Si è occupata a lungo di politica locale, di assicurazioni e di sviluppo di relazioni commerciali negli ambienti dell’enogastronomia. Attualmente scrive per Travel Eat e Il Torinese. Ex atleta agonista, attualmente si tiene in forma per smaltire i pranzi e le cene stampa. Il piatto preferito? Quello capace di stimolare un ricordo solo con il profumo.
 

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