26-12-2018
Paolo Lopriore e Gualtiero Marchesi
Il 26 dicembre 2017 se ne andava Gualtiero Marchesi, il Maestro della cucina italiana. A un anno di distanza, abbiamo chiesto al suo allievo prediletto, Paolo Lopriore, di raccontarne il lascito, di tratteggiarne la figura, di evocarne il ricordo. Ecco le sue parole.
Un anno senza Gualtiero Marchesi. Un anno che è passato in fretta, la sua figura è ancora così vivida... Ma non sono sorpreso d'averla ancora accanto a me: io non ho mai pensato che potesse essere dimenticato. Marchesi ci ha lasciato così tanto materiale, che è come se vivesse, se fosse qui con noi.
La corona dei suoi ex allievi ai funerali
1. Cuoco è un mestiere o meglio ancora è un servizio, un ministerium. 2. La divisa, candida, individua della sua funzione le caratteristiche essenziali: l’onestà, la pulizia, il rispetto. 3. La legge del cuoco è la ricetta di cui è esecutore, ricordando che ogni buona esecuzione presuppone una quota d’interpretazione, attentamente dosata, non eccessiva ma neanche assente, introdotta con rispettosa discrezione. A un livello più alto sta il compositore. 4. Ai diversi gradi di esperienza e conoscenza corrisponderanno tre figure: l’esecutore, l’interprete e il compositore. Per raggiungere questi traguardi, il cuoco dovrà impadronirsi della tecnica e aver fatto pratica di tutte le partite: antipasti, primi, carni, pesci e pasticceria anche se, poi, deciderà di dare il meglio di sé in una di queste. 5. Un elemento importante per arricchire le proprie esperienze gastronomiche è sicuramente la conoscenza di luoghi: dell’acqua, della terra, dell’aria che del carattere del territorio conservano memoria dando a frutti e animali sostanza e gusto; degli abitanti e del clima, con cui gli uni e gli altri devono inevitabilmente misurarsi. 6. Lo studio delle culture alimentari di altri Paesi, può contribuire a formare una conoscenza più ampia dell’arte culinaria e delle sue realizzazioni con differenti aspetti e contenuti. 7. La capacità di un cuoco poggia su due pilastri: la conoscenza della materia e dei modi di trattarla nel rispetto della sua natura. 8. Soluzioni tecniche e virtuosismi non possono prescindere dalla conoscenza di tecnica e materiali nella concezione e nell’esecuzione. La tecnica è uso appropriato, controllato e non distruttivo, degli strumenti più adatti all’operazione che si sta eseguendo, senza uccidere la materia. 9. Ad ogni preparazione, il cuoco deve sapere perfettamente cosa è giusto fare: quali sono tempi e modi della cottura, l’esatta temperatura e, ove necessario, la durata della stabilizzazione, giacché anche il riposo è parte importante del trattamento, come la pausa o il silenzio nella partizione musicale. La presentazione finale dipende molto dalla scelta del contenitore più adatto. 10. Uno dei compiti che fanno onore al buon cuoco è quello di divulgare e incrementare la cultura gastronomica, per un verso insegnando a mangiar bene e correttamente con il cibo offerto in tavola, per altro verso istruendo i giovani e passando il testimone a chi lo merita, introducendolo alla cultura gastronomica, che quando è veramente tale è esperienza consapevole, ricerca applicata in continuo perfezionamento e adattamento alla vita.
Paolo Lopriore, Gualtiero Marchesi e Paolo Marchi a Identità Milano
Marchesi ad Alma
Marchesi con tre dei suoi allievi più famosi: Carlo Cracco, Enrico Crippa e Paolo Lopriore. Ultimo a destra è Matteo Baronetto
Il celebre Raviolo aperto marchesiano, praticamente una scomposizione tra raviolo e lasagna
Dobbiamo proseguire semmai sulla linea già intrapresa, che è quella della professionalità, poi ognuno può sviluppare il proprio stile nel senso in cui meglio crede, perché lui non ha voluto tratteggiare il cuoco dipendente da un'idea o da un'ideologia gastronomica, gli ha garantito la libertà di pensiero e di creazione. Ma ha dettato quei tratti che comunque ne segnano i valori. Sono nel suo decalogo e sono quelli che vogliamo insegnare ai ragazzi. Poco a poco ci stiamo riuscendo. È il suo insegnamento che mi è più caro.
Sono concetti che hanno scandito la sua storia. Penso al piatto che secondo me ne è la summa, in qualche modo: Sette penne, sette asparagi, venti grammi di tartufo nero. Lì ha dato valore alla pasta, ossia all'Italia, della quale la pasta è figlia e simbolo, abbinandola con qualcosa di pregiato. È stato forse il primo lavoro che ha messo elementi così diversi sullo stesso piano: una materia povera, quotidiana, e una ricca, anche se lui raccontava sempre che, ai tempi, il tartufo costava molto meno rispetto a ora.
Penne, asparagi e tartufo di Gualtiero Marchesi. In origine le penne erano solo sette...
A un anno di distanza dalla morte, non ho infine bisogno di celebrare alcun anniversario, perché lui è con me tutti i giorni, nel ricordo. Vorrei però creare qualcosa per questa data, il 26 dicembre, giorno di Santo Stefano; vorrei proporre un'idea che omaggi Marchesi e sia degna di entrare nella tradizione della cucina italiana. E ancora una volta ce la suggerisce lui, che era tanto goloso di doppio panettone. Un dolce, ovviamente: con doppia canditura e stampo più piccolo, un panettone minuto, ma più ricco del panettone stesso. Perfetto per Santo Stefano (che tra l'altro è il patrono della mia Appiano Gentile): ne basta poco, non ci sono grandi pranzi di mezzo, anzi è persino un panettone da viaggio... Credo possa essere una buona trovata: quest'anno non ce l'ho fatta a realizzarlo, spero di riuscirci il prossimo anno, con l'aiuto della scuola.
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Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
nato a Como nel 1973, allievo prediletto di Gualtiero Marchesi, dopo una serie di esperienze di rilievo, dal 2002 al 2012 è chef del Canto della Certosa di Maggiano a Siena. Dall'estate 2016 è al timone del Il Portico, nella sua Appiano Gentile