27-12-2017
Carlo Cracco e Gualtiero Marchesi, l'allievo e il maestro in una foto tratta da Dissapore. Il vicentino rimase stregato da una cena a metà 1985 nel ristorante che Marchesi aveva aperto in via Bonvesin de la Riva a Milano, in particolare da una Zuppa di pesce che non aveva nulla in comune con le zuppe stracotte che imperavano da sempre
Carlo Cracco oggi è in partenza per Dubai con la famiglia, un po’ per vacanza e un po’ per lavoro. Ieri sera, martedì 26, tale l’emozione per la scomparsa di Gualtiero Marchesi che le lacrime gli ricacciavano le parole in gola. L’indomani l’emozione è domata e può rivedere il film di una vita: «La mia prima volta a cena da lui risale al 1985. Avevo vent’anni e l’alberghiero ormai alle spalle. Avevo letto che a Milano, in una via che uno non aveva mai sentito nominare, via Bonvesin de la Riva, c’era un nuovo ristorante il cui chef stava rivoluzionando la cucina italiana. Volevo andarci, ma come? L’occasione me la diede un corso di cucina da Altopalato, una lezione di una giornata organizzata da Eugenio Medagliani e da Toni Sarcina nella loro struttura. Mi iscrissi, ma non bastava. Volevo anche cenare da Marchesi, ma chi avrebbe pagato? Semplice: mia sorella maggiore, Annalisa, che lavorava già e aveva quindi la possibilità di accompagnarmi e saldare tutto».
Una tradizionale zuppa di pesce, tutto mischiato, sapori e cotture. A vent'anni Carlo Cracco rimase colpito dall'eleganza e dalla pulizia della zuppa di pesce proposta da Gualtiero Marchesi nel suo ristorante a Milano Cosa si ricorda? «Il piatto che mi stupì di più fu una zuppa di pesce, perché non era una zuppa di pesce come tutti la intendevano. Ordinai anche il Raviolo Aperto ma non lo capii perché non avevo termini di paragone. Invece quella zuppa sì. Intanto era un brodo trasparente e già questo era una novità, mica quei pastrugni dove tutto è mischiato senza senso. E poi i pesci non formavano il solito miscuglio stracotto. Erano serviti a parte e disposti al tavolo nel brodo, uno crudo, l’altro cotto ma croccante, uno al vapore, tutto destrutturato si sarebbe detto più avanti nel tempo».
Una tradizionale zuppa di pesce, tutto mischiato, sapori e cotture. A vent'anni Carlo Cracco rimase colpito dall'eleganza e dalla pulizia della zuppa di pesce proposta da Gualtiero Marchesi nel suo ristorante a Milano
Il Raviolo Aperto, il piatto principe di Gualtiero Marchesi Il Raviolo Aperto, la zuppa, e poi? «Poi le nocette di capriolo, un concetto e un servizio simili al brodo di mare. Mai viste prima, tutto pulito, disossato, un civet totalmente innovativo. Annalisa a un certo punto mi disse che tutto era buono, ma che non capiva bene perché tutto era anche nuovo. Le diedi ragione perché un conto è mangiare la versione rivoluzionata di una ricetta nota e un altro misurarti con l’originalità di un pensiero. Quella sera la mia vita entrò in un altro film».
Il Raviolo Aperto, il piatto principe di Gualtiero Marchesi
Momenti che non si scordano mai. «Marchesi alla fine venne a salutarci, io ero emozionato. Avevo 20 anni e lui trenta in più. Gli dissi che avevo seguito la lezione da Altopalato e lui mi chiese chi fosse quella che mi accompagnava. Gli risposi “mia sorella”. Ma non arrivavo al sodo, così Annalisa prese in mano la situazione: “Pago io, lui non lavora ancora e non ha nemmeno il coraggio di dirle che vorrebbe lavorare da lei”».
Anno 1986 per Carlo Cracco e chi lavorava da Gualtiero Marchesi. Carlo è in terza fila, il terzo da sinistra E Marchesi…? «Rispose con due parole: “Vedremo, scrivimi”. Gli scrissi tre o quattro volte arrivando a dirgli che avrei lavorato anche gratis pur di entrare in Bonvesin de la Riva. Alla fine ci riuscii. Sostenni uno stage di sei mesi e poi venni assunto. Era il 2 febbraio 1986 e con me venne preso pure Davide Oldani».
Anno 1986 per Carlo Cracco e chi lavorava da Gualtiero Marchesi. Carlo è in terza fila, il terzo da sinistra
Qual era la cosa più importante per un ventenne assunto da Marchesi? «Aveva tanto coraggio e una visione molto più ampia della media dei cuochi di allora, in maggior parte ancorati a un cucina anni Settanta che andava superata. Erano gli anni di Panna, prosciutto e piselli per intenderci. Così nel 1977 apre e fa cucina francese per accreditarsi in Francia. Tempo sei anni circa e cambiò tutto, sparigliando: le cucine regionali italiane ma sempre mediate dalla sua testa».
Foto ricordo nelle cucine di Bonvesin de la Riva a Milano per Carlo Cracco, sulla sinistra rispetto a Gualtiero Marchesi, giusto un passo indietro Il suo segreto? «Riusciva a proporre un piatto perfetto usando due o tre ingredienti, oltre trent’anni fa. Non la scorsa primavera. In una sua preparazione c’era sempre eleganza, raffinatezza e pulizia. Anche quando erano piatti decisi e marcati, non vi era mai nulla di greve».
Foto ricordo nelle cucine di Bonvesin de la Riva a Milano per Carlo Cracco, sulla sinistra rispetto a Gualtiero Marchesi, giusto un passo indietro
Di lui si potrebbe dire che predicava bene e razzolava male visto che amava andare in trattoria e certo non si risparmiava se si trattava di fare un bis. «Solo all’apparenza era un controsenso. Un conto è il lavoro – e allora lui che sapeva di essere un numero uno, perché doveva andare da altri creativi? - e un altro la quotidianità, quando ti viene voglia di un certo sapore e sai che lo trovi in quella certa osteria che da cent’anni fa sempre e solo quei sei o sette piatti. Mi ricordo quando ti veniva vicino e ti diceva “oggi cassoeula, andiamo” e tu
Sua maestà la cassoeula nello scatto tratto da Wikipedia. Marchesi ne andava ghiotto
Il passato come fonte di ispirazione. «Vedere il noto con occhi diversi, cogliere quello spunto che tornato nella tua cucina ti porta lontano con i ragionamenti. Lui ha avuto una carriera unica, inimitabile e sai perché Paolo? Perché è stato un grande cuoco senza esserlo mai stato. Pensaci bene: anni e anni a muoversi nel ristorante-albergo dei genitori, poi la scuola in Svizzera, quindi gli stage in Francia, più tutto quello di cui si nutriva a livello di musica e cultura, parlava tre lingue e aveva letto di tutto.
Il nonno e il padre di Gualtiero Marchesi in barca lungo il Po. Le loro radici affondano a San Zenone al Po, comune di 625 anime sulla sponda sinistra del Grande Fiume, proprio dove lo stesso accoglie l'Olona
Marchesi arrivava da San Zenone al Po come Gianni Brera, uno innovatore e l’altro tradizionalista. «Litigavano sempre ma ognuno cercava di cogliere per sé il meglio dell’altro. Brera diceva che quando Gualtiero usciva in sala e ti spiegava cosa aveva portato in tavola capivi in suo lavoro e lo rispettavi perché non era frutto del caso. Quando iniziavano a pensare al loro mondo padano-popolare, era uno spasso sentirli discutere di una certa trattoria dove sì la Pina era brava con le rane, ma sua madre lo era molto di più. Andavano avanti ore. Pur essendo su posizioni opposte, riuscivano ad andare d’accordo perché allora (Gianni Brera
Due grandi figli di San Zenone al Po nel Pavese: Gianni Brera, il più famoso giornalista sportivo italiano, e Gualtiero Marchesi, il cuoco per antonomasia. Da venerdì 29 dicembre Marchesi riposerà nello stesso cimitero che accoglie Brera ormai dal 1992
Tanti progetti portano la firma di Marchesi, però negli ultimi anni anche diverse incomprensioni, in fondo il filone degli allievi si è prosciugato. «Gualtiero, nonostante tutta la cultura e l’intelligenza, sapeva stare al mondo, era brillante e a suo agio con chiunque. Però nella ristorazione era a livelli troppi alti e molti non l’hanno mai capito anche se ora che è scomparso, tutti lo chiamano maestro. Sono curioso di sapere quanti tra costoro si sono accomodati al Marchesino, ben pochi temo».
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi