31-12-2023

Storie di rum: la distilleria Santa Teresa in Venezuela

Da ViVa a Milano, racconti di alambicchi, canna da zucchero, fermentazioni e metodi di affinamento ma anche di pericolose gang, spietati criminali, partite rugby e redenzioni finali. Con un rum tutto da scoprire...

Santa Teresa 1796 Speyside Whisky Cask Finish, abb

Santa Teresa 1796 Speyside Whisky Cask Finish, abbinato alla brioche con crema di zabaione e rum di Viviana Varese

Le storie sul rum sono, di sovente, ricche di personaggi leggendari, navi di pirati, distillatori guasconi e avventurosi pionieri. Ma le vicende delle distilleria Santa Teresa, ascoltate dalla viva voce dei protagonisti durante una degustazione milanese promossa dall’Hacienda venezuelana, hanno realmente superato anche la più fervida immaginazione. Racconti di alambicchi, canna da zucchero, fermentazioni e metodi di affinamento ma anche di pericolose gang, spietati criminali, partite rugby e redenzioni finali. Andiamo con ordine. A fare da cornice e palcoscenico alla presentazione il locale ViVa, tempio gastronomico della chef Viviana Varese. Un luogo scelto per la qualità della cucina, la bellissima location – con l’ampia vetrata su piazza XV Aprile – e una serie di affinità elettive con i contenuti della serata. Prima di tutto occorre chiarire che qui si parla di Ron quello da melassa, distillato in alambicchi a colonna e pot still e affinato con il metodo Solera come si confà ai rum di stile spagnolo, quelli cubani e sud americani, tanto per capirci.

Viviana Varese e Alberto C.Vollmer

Viviana Varese e Alberto C.Vollmer

La storia di Santa Teresa inizia nel 1796 in una tenuta nella montuosa Valle di Aragua dove, ovviamente, si coltivava la canna da zucchero. Più di 100 anni dopo, dal 1885, la famiglia di origini tedesche Vollmer avvia la distillazione, prima per una produzione locale, poi su vasta scala. Da quel momento e per cinque generazioni, Santa Teresa ha visto passare guerre, rivoluzioni, invasioni e regimi dittatoriali per affermarsi come fenomeno commerciale, primo rum venezuelano e uno fra i marchi più noti al mondo. Un percorso che ha vissuto una svolta nel 2003, quando un gruppo di malviventi fece irruzione nelle proprietà con le armi spianate e intenzioni non propriamente amichevoli. Il racconto di questo storia è affidato ad Alberto Vollmer, Ceo di Santa Teresa.

«In Venezuela la criminalità ha sempre prosperato in un contesto sociale pericoloso, fatto di povertà, miseria a violenza. Quell’assalto, l’ennesimo, ci ha fatto prendere una decisione. Non potevamo più andare avanti cosi». L’idea era tendere la mano ai fuorilegge, dare loro una possibilità che era, in fondo, anche una chance per poter continuare il lavoro nell’azienda.

«Abbiamo deciso di convocarli, di parlare con loro, di proporgli un’alternativa. Gli abbiamo offerto un lavoro e proposto di essere con noi e non contro di noi. E abbiamo scelto il rugby, uno sport di contatto estremo dove il rispetto delle regole e dell’avversario è fondamentale, per completare questa opera di reinserimento sociale». E’ nato così il progetto Alcatraz. Una seconda chance, un processo di riabilitazione a cui hanno aderito, negli anni, i componenti di 10 gang, duecento uomini che delinquevano nei dintorni di Caracas. E anche l’undicesima banda, la più feroce, che aveva ucciso il responsabile della sicurezza di Santa Teresa, e il cui ex capo, Anter Herrera, è oggi un giocatore della nazionale di rugby venezuelana e dipendente dell’Hacienda. «Il tasso di omicidi nella regione di Revenga è praticamente azzerato e la nostra squadra vince da sette anni il campionato venezuelano di rugby», dice con soddisfazione Alberto Vollmer.

Anter Herrera

Anter Herrera

Una bella storia che ben rappresenta la realtà di un Paese potenzialmente ricchissimo e che invece convive con povertà, uno Stato spesso latitante e squilibri sociali enormi.

La serata da ViVa è stata l’occasione per gustare il Santa Teresa 1796 Metodo Solera e, soprattutto, l’ultimo arrivo nella scuderia della distilleria venezuelana: il Santa Teresa 1796 Speyside Whisky Cash Finish, presentato per la prima volta in Italia.

La squadra di ruglby Alcatraz

La squadra di ruglby Alcatraz

Viviana Varese – chef molto impegnata in progetti sociali (ecco il nesso non casuale con il progetto Alcatraz) a favore della parità di genere e dell’inclusione – ha presentato proposte in abbinamento coerenti ai drink mixati dal brand ambassador Italia Andrea Pomo fra cui è stato particolarmente apprezzato il classico 1796 Daiquiri con base Santa Teresa 1976.

La descrizione dei rum, affidata alla maestra ronera Nancy Duarte, è partita con la narrazione del metodo di affinamento Solera. Nato in Spagna, nella zona di Jerez, è oggi ampiamente utilizzato nei Caraibi e in Sud America per la produzione di rum. Consiste nel formare una piramide di botti, poste una sopra l’altra, colmate per circa un terzo del loro volume. La base della piramide, che poggia sul terreno, è denominata solera, mentre il vertice, dove viene immesso di volte in volta il liquido più giovane, si chiama sobretabla. Ogni anno una parte del contenuto delle botti sulla base viene imbottigliato e il livello è ripristinato con rum proveniente dallo strato superiore senza superare il 30% della capacità della botte. Questo consente di preservare, nello strato più basso delle piramide, botti che contengono una piccola quantità del liquido più vecchio.

La sede

La sede

Il Santa Teresa 1796 celebra i 200 anni della distilleria. E’ un blend di rum invecchiati con il metodo Solera prima in botti di rovere americano per periodo che vanno dai 4 ai 35 anni, quindi rifiniti, una volta riuniti, in botti limousine francesi. Si distingue per il gusto ricco e raffinato, per niente dolce, stante un contenuto di zucchero di 3 gr/litro, molti inferiore ai rum concorrenti “artefatti”. Il finale è piacevolmente secco e sarà gradito anche agli amanti dei whisky che si vogliono accostare ai distillati da canna da zucchero, magari in abbinamento, a fine pasto, con robusti formaggi stagionati. 

I piatti della chef Viviana Varese abbinati ai cocktail creati con i rum di Santa Teresa

I piatti della chef Viviana Varese abbinati ai cocktail creati con i rum di Santa Teresa

Il top della serata è stata la presentazione, in anteprima per l’Italia, del Santa Teresa 1796 Speyside Whisky Cask Finish, abbinato alla brioche con crema di zabaione e rum di Viviana Varese. L’edizione limitata è rifinita per almeno 13 mesi in botti che hanno contenuto whisky Speyside, noti per morbidezza e delicatezza e le note di frutta secca, vaniglia e spezie che si ritrovano nel prezioso rum di Santa Teresa. La degustazione, presentata da Nancy Duarte, parte dall’intensità del bel colore rosso ambrato. Il naso sprigiona gli aromi indotti dai passaggi nelle botti ex whisky: il legno, le spezie, i leggeri sentori affumicati. In bocca è ricco e pieno, si parte dal caramello e dal miele per passare alla frutta disidratata, all’albicocca, alle mandorle, con un prolungamento di pepe e cioccolato. Il finale è secco, come suole ai prodotti di Santa Teresa, apprezzati e premiati in tutto il mondo come confermano le 50 medaglie d’oro conquistate nelle più importanti competizioni internazionali. Un bel fuoriclasse destinato a bevute di qualità nelle, ormai prossime, serate invernali.


Shake & shock

ll mondo dei cocktail e dei bartender raccontati da Identità Golose.

Maurizio Trezzi

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Maurizio Trezzi

Giornalista professionista, classe 1966 con una laurea in Fisica e, oggi, docente in IULM e comunicatore. Cultore del bello e del buono, attento osservatore della società e dei suoi cambiamenti, appassionato e commentatore televisivo di golf. Amo e racconto il cibo, quello schietto, vero e senza fronzoli. Scrivo di luoghi, persone, vino, rum e distillati e, quando capita, di politica

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