16-04-2023
Lo chef Paolo Lavezzini, emiliano di Salsomaggiore, dall'estate 2021 alla guida delle cucine del Four Seasons di Firenze
Negli ultimi anni, uno dei fenomeni più interessanti nel mondo del fine dining - inteso come cucina d'autore, non solo banalmente di qualità, quindi con un plus dato dalla creatività dello chef - è il suo legame sempre più stretto con il mondo dell'alta hôtellerie. A ben pensarci, è l'uovo di Colombo: il settore della ristorazione di livello soffre soprattutto in Italia di alcuni deficit che hanno portato i mass media meno informati sul tema o più pressapochisti - quindi, quasi tutti - a decretarne una sorta di morte anticipata; cosa curiosa, se si considera come, parallelamente, le insegne d'haute cuisine continuino a moltiplicarsi e - specie dopo la stagione delle pandemia - godano di vasta clientela, sia nazionale che internazionale, cosicché se fosse corretto il quadro che viene raccontato dai più, si dovrebbe imporre un tso ai tanti imprenditori della ristorazione che continuano a investire sul comparto. La realtà, ovvio, è diversa. E le incognite son reali, intendiamoci. Van ricondotte soprattutto (ragionando in termini strettamente economici. Tralasciamo qui le questioni relative all'identità e alla rappresentazione del territorio, che pure sono molto... italiane. E significative) a due problemi principali, ossia alla sottocapitalizzazione e alla scarsa managerialità, che a loro volta van fatti risalire alla dimensione spesso familiare della media azienda ristorativa tricolore.
Ma non divaghiamo troppo, e torniamo al punto: l'accresciuto legame tra fine dining e alta hôtellerie, coi suoi manager scafati e i suoi vasti capitali, taglia di netto il succitato nodo gordiano. Con un ulteriore stimolante sviluppo: fino a non molto tempo fa, il ristorante tipico del cinque stelle tipico era un luogo di piatti ruffiani, banalmente golosi, realizzati partendo da materie prime costose (foie gras, tartufo, aragosta, caviale! Insomma, la rappresentazione edibile dell'opulenza), e si perpetuava basandosi perlopiù su cliché standardizzati, dunque noiosissimi per il gourmet, e senza un legame reale coll'attorno. Un'offerta tutta dedicata al turista ricco del South Dakota o del Paraná (che è poi il vero target della guida alla ristorazione più diffusa al mondo), non al buongustaio cosmopolita. Che incarna però un mercato in forte ascesa. E dunque...
Il Four Seasons di Firenze
Una suite dell'hotel
A Lavezzini, emiliano di Salsomaggiore, classe 1978, spettava un compito improbo: lui, che era in forza al Four Seasons di San Paolo del Brasile (dopo tante esperienze importanti, citiamo quelle con Angelo Paracucchi, poi al ristorante Carpaccio al Royal Monceau di Parigi, da Alain Ducasse al Plaza Athénée sempre nella capitale francese, e soprattutto all’Enoteca Pinchiorri), era stato scelto come successore di una stella polare nel settore, Vito Mollica, che aveva abbandonato dopo 25 anni nel gruppo e 14 anni nella bellissima struttura di via Borgo Pinti 99, leggi qui. Come gestire un'eredità così pesante? Lavezzini è preparato e intelligente, quindi l'ha fatto con acume: entrato in carica nell'estate del 2021, per circa un anno ha abbozzato, ha scelto un ragionevole low profile così da darsi tempo per prendere confidenza con la macchina complessa del Four Seasons fiorentino. «Poi, lo scorso ottobre, ho rotto gli indugi».
La sala de Il Palagio
Invece il percorso di otto portate, quello più grande e creativo, dimostra quanto Lavezzini sia adatto anche alla corde prettamente gourmand, che sono le nostre.
La perfetta esperienza gastronomica al Four Seasons è dovuta anche alla presenza di grandissimi professionisti "dell'intorno", ossia cantina, sala, cocktail. A iniziare da Walter Meccia, il primo da sinistra, un sommelier-fuoriclasse. E poi, con lui, nella foto da sinistra verso destra, vale la pena citare anche il bar manager Tommaso Ondeggia, l'head mixologist Edoardo Sandri, il f&b manager Alessio Anedda e il restaurant manager Roberto Pennacchiotti, molto molto bravo
Il Cuore di morone, brunoise di finocchi, salsa iodata, vongole, chips di riso e alga spirulina è un piatto perfetto, delizioso, il pesce ha texture da manuale, il sapore è armonico. Notevole anche la Declinazione di sedano rapa e aglio nero così come i Fusilloni rigati all'albume mantecati al fumetto di crostacei, cicale di mare a crudo, pompelmo, spuma allo champagne e caviale. Il piccione è interessantissimo, il dessert Pinoli, china, cioccolato e tabacco davvero originale e ambizioso, una sfida riuscita, molto buono. C'è ovunque un'attenzione alle consistenze e una complessità di aromi (anche l'acido. Mentre l'amaro è troppo ostico per la clientela del Four Seasons) che è propria del miglior fine dining.
In sostanza, Lavezzini è veramente bravo.
E ora la nostra cena, gli scatti sono di Tanio Liotta.
Carote, gelato allo yogurt magro, spuma di cavolo in conserva. Inizio promettentissimo
Declinazione di sedano rapa e aglio nero (cuore di sedano rapa, due salse a base di sedano rapa con i suoi scarti, sedano rapa marinato, croccante di sedano rapa, emulsione all'aglio nero)
Capasanta arrostita nel burro, velo di capasanta, vellutata di carote, estratto di arancia rossa e carota, mizuna e amaranto croccante
Cuore di morone, brunoise di finocchi, salsa iodata, vongole, chips di riso e alga spirulina
Fusilloni rigati all'albume mantecati al fumetto di crostacei, cicale di mare a crudo, pompelmo, spuma allo champagne e caviale Osietra di Giavieri. Bel piatto
Orzotto biologico della Garfagnana, crescione d'acqua, seppie, con briciole di pane al loro nero e la salsa dello stesso nero
Spaghetto al germe di grano, ricci di mare, polvere di pino, pinoli tostati, bianchetti crudi
Piccione alla brace, topinambur e caffè. Come la capasanta, il piccione è grigliato solo da un lato, per avere croccantezza e insieme succosità. La carne sta per 24 a contatto col caffè, lo chef ripete qui una tecnica che ha appreso in Brasile, dove si fa lo stesso con pesce e cacao fresco. Il fondo è del piccione stesso con caffè, il topinambur è sia grigliato, che come vellutata, che in polvere
Agnello del Casentino di Simone Fracassi, vellutata di lenticchie, lenticchie, animella e tartufo nero pregiato. La carne (sella e spalla) è cotta a bassa temperatura, 62° per 12 ore. Poi c'è anche la sua animella fritta
Pera allo senape, morbido di "Blu di valle" di De' Magi, crumble di noci pecan, cacao, formaggio di bufala
Studiato per una serata a Identità Golose Milano, «ci abbiamo messo un mese a idearlo, abbiamo voluto esprimere la Toscana ma in modo diverso»: Pinoli, china, cioccolato e tabacco. Il tabacco (mousse affumicata, pellicola di aceto di tabacco) è di Arezzo, la china (ridotta e concentrata agli agrumi) dalla Lunigiana, i pinoli (in semifreddo) da Pisa, il cioccolato (bianco e nero) è pisano
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di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
La Cupola del Brunelleschi è il dessert firmato da Filippo Saporito alla Leggenda dei Frati
Nicolas Lambert, senior executive pastry chef dei Four Seasons Hotels di Dubai a Jumeirah Beach e al DIFC
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