C’era un tempo in cui il dolce aveva un indirizzo preciso. La vetrina di quartiere, il banco di un caffè storico, la carta di un ristorante. Un rifugio sicuro dove tornare a ritrovare i soliti sapori. Oggi invece la pasticceria non vuole più restare ferma: apre, chiude, viaggia, appare dove non te l’aspetti e poi sparisce. Proprio come fanno gli chef con le loro cene-evento, anche i pastry chef stanno scoprendo la formula pop-up. Portando il dessert in tour.
Non è una trovata estrosa: è la risposta concreta ai tempi. Con i costi fissi in aumento, i consumi incerti e l’energia che pesa sui bilanci, sempre più artigiani decidono di uscire dal laboratorio e sperimentare formule più leggere — collaborazioni con locali già avviati, weekend in coworking, stagioni in hotel, temporary store (ne abbiamo recentemente raccontato un esempio, leggi Dolci, enigmistica, design: l’edicola che non sapevi di volere, firmata Marchesi). È un modo per contenere i rischi, provare ricette nuove, farsi conoscere da pubblici diversi senza restare ancorati a un solo quartiere.
Secondo Euromonitor, il settore dei food pop-up in Europa vale già oltre 3 miliardi di euro e crescerà a doppia cifra nei prossimi tre anni. La pasticceria ne occupa ancora una parte minima, ma promette di crescere veloce: in fondo un dessert è già di per sé un evento, e renderlo itinerante ne moltiplica il fascino.

Andrea Tortora, Corrado Assenza, Luca Lacalamita, Iginio Massari
Gli esempi recenti parlano chiaro.
Andrea Tortora ha continuato nel 2024 il suo
AT Pâtissier on tour tra Dolomiti e Lago di Como, con degustazioni di panettone in contesti di lusso.
Corrado Assenza ha organizzato weekend pop-up nelle aziende agricole siciliane, portando i suoi dolci direttamente nei luoghi di raccolta delle materie prime.
Luca Lacalamita, con
Lula, ha unito pane dolce e vini naturali nelle cantine pugliesi, intercettando un pubblico curioso durante la vendemmia. Persino
Iginio Massari, simbolo della tradizione più solida, ha trasformato il
Fuorisalone 2024 di Milano in una performance dal vivo, servendo panettoni come opere da assaggiare.
All’estero, Cédric Grolet ha firmato a febbraio un pop-up a Courchevel in collaborazione con uno chalet di lusso, reinterpretando le sue creazioni a 1.800 metri, con una logistica impeccabile. Ancora a Dubai, lo stesso Grolet ha ripetuto l’esperienza per dieci giorni, attirando un pubblico globale con file interminabili. François Perret del Ritz Paris ha scelto invece la via dei corner temporanei nei concept store e negli spazi culturali, servendo dolci monoporzione pensati per essere consumati subito, senza rinunciare al suo inconfondibile stile. Anche lo chef danese Rasmus Munk ha sperimentato dessert itineranti in location sempre diverse, dentro eventi gastronomici che cambiano di stagione in stagione.
Il pop-up cambia radicalmente la relazione con il cliente. Non c’è più la routine rassicurante della pasticceria sotto casa, ma la tensione di un appuntamento da non perdere, la voglia di scoprire qualcosa che domani potrebbe non esserci più. Il pasticcere diventa un narratore, costruisce un racconto itinerante come un musicista in tournée. In cambio servono organizzazione, logistica perfetta, comunicazione efficace e la capacità di creare una community pronta a seguirlo. Ma è una sfida che ripaga, perché parla a un pubblico nuovo, trasversale, curioso, che non si accontenta più di una semplice vetrina.