Qualche giorno fa Stanislao Porzio – gran gastronomo, organizzatore di eventi, docente di scrittura creativa e copywriter, nonché storico della cucina – mi ha invitato come relatore a un interessante dibattito sulla pastiera napoletana, presso il Circolo Caldara di Milano e nell’ambito della manifestazione Regina Colomba Regina Pastiera. Insieme a me era Antonio Tubelli, cuoco partenopeo e alfiere di una “gastronomia archeologica” che si basa su uno studio approfondito degli antichi ricettari, a partire dal Cuoco galante di Vincenzo Corrado. A me spettava il compito di raccontare l’evoluzione contemporanea della pastiera, ossia tutta quella antologia di pastiere sferificate, destrutturate, liquide o scomposte che sono opera di molti grandi chef. Il mio intervento è stato più o meno il seguente.
(C.P.)
Ps: Porzio è autore di La pastiera. La vera ricetta è quella di casa mia!, 2022, Guido Tommasi Editore, compra qui a 15,20 euro.

Antonio Tubelli, Stanislao Porzio e Carlo Passera nella foto di Massimo Valerio
L’ha detto chiaramente Gennaro Esposito, chef della Torre del Saracino a Vico Equense: «Ognuno, ogni famiglia ha la propria pastiera. È il bello di un dolce preparato con ingredienti strettamente legati alla tradizione contadina e alla primavera», così da essere ogni volta unico, anzi «dolce sociale» (è sempre una definizione di Esposito, ndr), perché oggetto continuo di scambio e confronto. Ne consegue come corollario che non esiste una “pastiera perfetta”, ogni versione ha una sua propria dignità – che poi deve essere passata al vaglio del palato. Ci si può dividere su alcune caratteristiche di fondo: inserire o no i canditi, ad esempio. Tritare o meno il grano cotto. Aggiungere crema pasticcera nell’impasto per regalare morbidezza e golosità, per molti è una bestemmia. Usare solo i tuorli o le uova intere...
GRANDI CHEF E PASTIERA TRADIZIONALE

La pastiera di Gennaro Esposito
Di sicuro, la gran parte degli chef che pure hanno inventato pastiere in forma contemporanea, l’han fatto partendo dalla tradizione e proponendone anche – magari nei loro shop online – versioni classiche. Però anche qui s’annidano differenze perché, come detto, non esiste una ricetta unica e condivisa. Al di là degli aspetti più squisitamente tecnici (temperatura e tipologia del forno, tempo di cottura, eccetera), se grandi toques come
Antonino Cannavacciuolo o lo stesso
Gennaro Esposito propongono la loro pastiera seguendone più o meno i canoni comunemente accettati, c’è chi fa scelte alternative:
Andrea Aprea usa ad esempio ricotta di bufala;
Giuseppe Iannotti predilige una pasta di limone e arancia invece dei canditi;
Salvatore Bianco opta per lo strutto, come si faceva un tempo, al posto del burro;
Peppe Guida mette d'accordo
Iannotti e
Bianco, scegliendo pasta di agrumi e strutto. Tra i pasticceri,
Tommaso Foglia suggerisce una doppia cottura del grano nel latte e mixa ricotta di bufala e vaccina;
Sal De Riso dice sì alla crema pasticcera e addirittura osa con una pastiera al cioccolato. Son tutti professionisti campani, che si discostano poco dall’imprinting ricevuto fin da bambini; non sorprende così che la pastiera più creativa, tra quelle comunque in forma classica, sia opera del piemontese
Luca Montersino, che esce più degli altri dalla tradizione: non usa grano cotto ma il bulgur, un grano duro spezzato, cotto a vapore, essiccato e macinato, tipico della tradizione mediorientale. E poi aggiunge anche crema pasticcera.
LE PASTIERE CONTEMPORANEE

Stratificazioni di pastiera di Lino Scarallo
Il primo ad aver proposto nella cucina d’autore una pastiera rivisitata è stato lo chef
Lino Scarallo al
Palazzo Petrucci di Napoli. Era il 1996 quando presentò la sua
Stratificazioni di pastiera, una “pastiera al cucchiaio” servita in coppa Martini, con alla base uno strato di pasta frolla sbriciolata, poi grano cotto nel latte con bacche di vaniglia e scorza d'arancia e limone, quindi crema di zabaione e latte cotto di bufala, infine acqua di millefiori e di fiore d'arancio, il tutto candito con bacchette di frolla e arancia candite.

Pastiera scomposta di Antonino Cannavacciuolo, foto Francesca Pagliai
Dopo di lui, non possiamo che annoverare il già citato
Antonino Cannavacciuolo. Fin dall'inizi degli anni Duemila, iniziò a servire la sua
Pastiera liquida, con crema di pastiera, bavarese di ricotta, cialda di zucchero e cannella. Era un dolce semplice quanto goloso, ora lo si può gustare perlopiù nel suo
Cannavacciuolo Bistrot torinese. Invece, al
Villa Crespi, lo chef ha pensato a una sua evoluzione molto più ricca ed elegante: ecco la
Pastiera scomposta che è composta - scusate il bisticcio - da girella di cremoso alla pastiera, gelato alla ricotta, latte di riso cotto al grano, finto tuorlo alla vaniglia e agrumi, pan di Spagna di mandorle e mousse di ricotta.
Salendo la Penisola con meta Gallarate (Varese), troviamo un altro chef campano “in trasferta”, Ilario Vinciguerra. Era il 2005 quando propose una sua versione di pastiera al cucchiaio, da mangiare in un sol boccone: ecco L'oro di Napoli. Su un cucchiaio, appunto, viene disposto un frollino tondo sormontato da una sferificazione che contiene le componenti della pastiera, frullate insieme. A suggellare (e sigillare) il tutto, un “guscio” di oro liquido a 24 carati, da qui il nome dell’assaggio.

L'oro di Napoli di Ilario Vinciguerra

Tié di Roberto Di Pinto. Foto Tanio Liotta
Ricorda, nella forma e nel concetto, un’idea di
Viviana Varese. Quando ancora lavorava a Milano (ora è al
Passalacqua di Moltrasio, sul Lago di Como, miglior hotel al mondo per la
50Best Hotels 2023) inventò un dolce chiamato
Sole. Si trattava anche in questo caso di una pastiera rivisitata, ossia una semisfera di bavarese di ricotta ricoperta di glassa dorata (da qui l’accenno al “sole”), grano cotto nel latte e letto di crema inglese all'arancia con biscotti di pasta frolla. Sul tema delle pastiere “variopinte”, dopo
Vinciguerra e la
Varese, in ordine cronologico deve venire
Roberto Di Pinto, chef del
Sine a Milano nonché ex garzone, agli inizi della carriera, virgola, pasticceria napoletana
Scaturchio, uno dei templi della pastiera tradizionale.
Di Pinto un paio di anni fa ha ideato
Tié, nome divertente per una pastiera che prende la forma e le sembianze del classico cornetto partenopeo anti-jella. Una glassa rosso intenso colora un semifreddo di pastiera raffreddato in stampo a forma di corno, poi servito nel piatto con biscotti ovis mollis sbriciolati e punte di gel di arancia candita (
Di Pinto tra l'altro propone a Natale il suo
O’ Panettone. Si tratta di un panettone che al posto delle uvette ha il grano cotto e viene poi profumato con un'essenza di fiore di arancio: l'unione di panettone milanese e pastiera napoletana).

Pastiera sferica di Andrea Aprea

Zuppa di pastiera di Antonio Borruso
Altre pastiere rivisitate che meritano certamente un cenno sono ad esempio quella di
Andrea Aprea, lo chef del ristorante
omonimo a Milano: ecco la sua
Pastiera sferica con crema di grano cotto, biscotto friabile, gelato ai canditi, spuma di ricotta di bufala, guscio di zucchero, buccia d'arancia e zucchero a velo. Anche il campano in Valtellina
Antonio Borruso si è cimentato nella sua versione del dolce tradizionale di Pasqua: si tratta di
Zuppa di pastiera, con crema di pastiera liquida, , salsa di cannella e sfere di pasta frolla.
Piccola annotazione finale a questa rassegna di pastiere creative di grandi chef: è curioso notare come siano opera, in tutti i casi, di chef d’origine campana e, in quasi tutti i casi (tranne quello di Scarallo), di chef campani che lavorano al Nord. Come dire: è difficile stravolgere un dolce nei luoghi dov'è così forte la sua tradizione!
UN PASTICCERE E UN PIZZAIOLO

Soffiato di pastiera di Sal De Riso

Pastiera fritta di Franco e Stefano Pepe
Quanto a pastiere al cucchiaio dobbiamo citare almeno un pasticcere famoso,
Sal De Riso, che a Minori si è inventato il suo
Soffiato di pastiera, una sorta di pastiera tutto l'anno, un dolce al cucchiaio: pasta frolla, mousse di ricotta e grano, panna montata, pan di Spagna all'arancia. Da un pasticcere a un pizzaiolo: il grande
Franco Pepe ha voluto dire la sua sul tema. Da anni propone le sue straordinarie pizze fritte, famosi sono diventati i coni, ovvero l’impasto della pizza che, fritto, diventa come la cialda di un gelato da passeggio che poi viene riempita di ogni prelibatezza (qualcuno ricorderà l’ormai celebre
Ananascosta, che ha sdoganato l’ananas in pizzeria, con fonduta di Grana Padano Dop 12 mesi, prosciutto crudo di Parma Dop, appunto ananas fresco e polvere di liquirizia. Una bomba). Molti tra i coni fritti pensati da
Franco insieme al figlio
Stefano Pepe sono in versione dolce: come ad esempio la
Sfogliatella fritta, un cono di pasta fritta con al suo interno tutta la suadenza della sfogliatella; il
Cannolo fritto, il cono con all'interno gli ingredienti del dolce siciliano… Ma la prima di queste particolari pizze dolci è stata la
Pastiera fritta, studiata da
Franco e
Stefano Pepe con il grande chef ischitano
Nino Di Costanzo e in memoria del pasticcere
Alfonso Pepe. Si tratta di un cono fritto e farcito di crema pasticcera, fior di latte, frutta candita, nocciole tostate, zucchero, cannella, zest di arancia. Fa-vo-lo-so.
LO CHEF IMPROBABILE
Per concludere, non possiamo non citare anche uno chef assai popolare sul web. Chef? Non proprio: si tratta di chef Ruffi, un personaggio maccheronico che diverte con le sue ricette strampalate e di qualità improbabilissima. Su YouTube è possibile trovare il tutorial per realizzare quella che a suo dire è la “pastiera perfetta”: invita a comprare una base di pasta frolla in qualche discount alimentare, di versarvi un impasto di crema di riso in barattolo e ricotta e canditi industriali, di aggiungere un poco di “versatile”. (il suo ingrediente feticcio di dubbia natura e provenienza), di guarnire con striscioline di pasta foglia già pronta (ogni singolo elemento, per Ruffi, va dosato a occhio). La sua ricetta è invero discutibile, ma su una cosa questo chef-parodia ha ragione, quando termina la propria performance con le seguenti parole, in italiano assai sgrammaticato: «La pastiera, preferitamente lasciatela riposare prima di mangiarla». Siamo tutti d'accordo. E buona Pasqua!