C’è un concetto basilare che guida il successo della famiglia Rana nel mondo ed è quella tensione costante all’innovazione, studiandosi la maniera più adeguata di farlo, a partire da quei macchinari che lo stesso Giovanni Rana costruiva da sé al principio pur di rendere concreta l’idea che avesse in mente. Fino a tutte quelle diramazioni che oggi assume un'azienda globalmente attiva, con un archivio che conta almeno 500 ricette sottoposte a continui aggiornamenti, e una visione di vera sostenibilità applicata su più livelli aziendali.
Una premessa dovuta per provare a spiegare perché un cuoco talentuoso quale è Francesco Sodano, classe 1988 di Somma Vesuviana (Napoli), a partire da gennaio 2024 sia finito al timone del ristorante Famiglia Rana, a Oppeano nella bassa veronese. Origini campane, forti, innegabili e il mare dentro: non solo come dimensione emotiva e linfa del suo stesso essere, ma come ecosistema di esplorazione prediletto; un mare che esula da tendenze e dal solo grado di conoscenza che la lettura di un libro stimola. Sono le abitudini della fauna marina a interessare Francesco, la struttura anatomica di pesci, molluschi e crostacei, la vita che conducono, il contesto abitato che condiziona inevitabilmente il tipo di prodotto che il cuoco andrà a trasformare in cucina.

A sinistra Francesco Sodano, a destra il sous chef Nicolò Raduazzo
«C’è una bella differenza tra un tonno che nuota continuamente per approvvigionarsi del cibo, e una cernia che viene fuori dalla tana solo per rifocillarsi, fino a quando ingrassando fuori misura, è costretta ad abbandonare il suo rifugio. Le loro carni saranno così completamente diverse, da quella più magra del tonno, a una polpa più grassa della cernia» ci spiega Sodano.
Eppure c’è un passaggio fondamentale tra un approfondimento puntuale sul prodotto e la relativa trasformazione in un piatto: il laboratorio.
Una dimensione a sé, un’estensione della creatività che non può essere stimolata senza criterio, ma origina da sperimentazioni continue, da fallimenti e da scoperte che, giorno dopo giorno, divengono materiale per indirizzare il gusto verso un’identità precisa, riconoscibile. E così la stessa profondità associabile a un fondale marino, si riflette nella struttura del piatto accompagnando l’ospite in una duplice esplorazione: da un lato, la verticalità, la stratificazione, il profondo, appunto, che però converge in un finale che domina il palato orizzontalmente e si spande.

Ed ecco che, alla richiesta di uno spazio in grado di garantire questo approccio, la famiglia Rana accoglie volontieri le idee di Sodano, che ora riveste il ruolo di executive del ristorante Famiglia Rana, ma anche del nuovo progetto a Punta San Vigilio, il Riviera restaurant (ve ne abbiamo parlato qui), oltre a essere regolarmente coinvolto nello studio di nuovi format. L’inarrestabilità, intravedere un potenziale e svilupparlo, sono questi punti comuni che avvicinano Sodano alla Famiglia Rana.
«Non esistono limiti a ciò che la materia può offrire, ma occorre farlo sempre con grande consapevolezza», commenta Sodano e gli esempi per crederci sono diversi. Ci spostiamo ancora una volta nel laboratorio: maturazioni, di carne e pesce; il rombo, i piccioni a 100 giorni, ma anche una vacca nata nel 2007 e in cella dal 19 dicembre del 2024, destinata a restare lì almeno per i prossimi 6 mesi affinché i succhi all’interno si asciughino completamente e il gusto si concentri.

Piccione
Fase 1: sono previsti almeno 100 giorni di maturazione in cera d'api per questo piccione. Quindi, il primo processo di cottura avviene al tavolo utilizzando una soluzione di acetato di sodio - servito freddo in una caraffa - che, versato sul piccione ricoperto di cera, sviluppa una reazione isotermica dove dallo stato liquido muta in solido e sviluppa un cambio di temperatura raggiungendo circa 50°C.
Fase 2: il piccione torna in cucina e subisce una cottura molto lenta; viene irrorato esternamente con garum di polline che matura 2 anni, lavanda (di cui le api vanno ghiotte) e pepe lungo; la coscetta, invece, viene glassata con una salsa ai 5 pepi e miele, quindi viene passata in padella, grigliata e passata alla salamandra. Il piccione viene terminato con katsuobushi ottenuto dal fegato di piccione, mentre le altre interiora finiscono in un fondo denso; a chiudere, qualche goccia di grappa per dare verticalità e cioccolato fondente 90%
Lavora sulle consistenze attraverso gli ultrasuoni evitando che la polpa di un abalone, per esempio, vada a sfaldarsi, invitando invece a una masticazione più “tagliente” dove le fibre restano intatte e il gusto viene esaltato; ci sono estrattori, potenti, capaci di ben 4000 giri al minuto, camere di fermentazione per l’aglio nero, shoyu di legumi e cereali, nukazuke, che di solito si ottiene dalla crusca di riso mentre Sodano lavora su quella del farro coltivato nella valle per procedere poi con la fermentazione di vegetali, come un kimchi; e poi ancora farro, questa volta koji che, conservato alla medesima temperatura per un tempo diverso esprime due risultati completamente differenti al palato: in una prima fase, emerge una dolcezza naturale, appena acidula, rotonda come di carruba, ma spingendoci poco oltre si schiude uno scenario totalmente differente e quindi un citrico succoso.
Tutto questo subentra in un percorso a tavola che ci decontestualizza rispetto al punto in cui ci geolocalizziamo. Certo, ha spazio importante l’orto che circonda la tenuta, a cui è dedicato il menu vegetale, insieme a Ricomincio da 3, un best of dei signature di chef Sodano, fino a The Doors: una possibilità per schiudersi alle infinite strade che la cucina offre, senza porre limiti, per rintanarsi nel gusto e trattenerlo sul palato, perché altro non potremmo fare al cospetto della sua intensità.

L'orto del ristorante Famiglia Rana
Cosa arriva in tavola: un mare policromatico, vigoroso e denso; il vegetale, un supporto, ma anche il nucleo di un piatto, e poi il desiderio di accogliere contaminazioni e studiarsi, per esempio, un nigiri all’italiana, una base di risone – quindi pasta e non riso - irrorato da salsa tamari con pomodoro e aceto di pomodoro, rafano - e non wasabi - e poi un prosciutto di tonno, affumicato, tagliato dall’acidità del pomodoro, mentre il rafano in sottofondo lascia sfumare il boccone gradualmente.
L'abalone, immerso in un citrico assoluto; prima incide l’amaro dell’albedo rinforzato dalla presenza della ruta, senza sovrastare l'abalone, un mollusco difficile da lavorare perché basta un attimo e diventa ultra-gommoso, ed ecco che entrano a sostegno gli ultrasuoni.

Anguilla alla mugnaia - anguilla, katsuobushi di anguilla, levistico, variazione di capperi e caviale beluga
Poi l’anguilla, seconda e funzionale alla potenza vegetale del cappero, un supporto allo iodio leggero del caviale e quello imponente del katsuobushi di anguilla irrorata da una beurre blanc di lische tostate e affumicate.

Porro tra fumo e cenere
Il ricordo della "vrasera", la brace della nonna e l'atto di cuocere sotto la cenere qualsiasi cosa, soprattutto patate e cipolle. Qui si parte da un porro bruciato e affumicato, quindi glassato con grasso di manzo e passato allo yakitory. Viene completato da un gel all'aglio nero, miso di limone e il cuore del ricordo, la cenere stessa, in questo caso di cipollotto bruciato. Umami "sporco", porro fondente e una memoria che si schiude
La cenere di un porro e il sapore della memoria, di verdure cotte sotto le braci dei nostri nonni, e l’opulenza assoluta di una colata consistente, sulla fresina con kimchi di cicoria e anemone di mare – un’espressione assoluta di mare, di salsedine, scoglio persistente, vegetale marino, ma anche estrema freschezza e una eco succulenta di uno spaghetto alle vongole, spinto all’ennesima potenza.

Fresina, anemone di mare e kimchi
La fresina viene cotta in un'estrazione di anemoni dall'intensità spinta, similare all'impatto di un tuffo al mare, scendendo in profondità, senza risalire a galla; dall'orto, invece, viene raccolta la cicoria che viene fermentata come un kimchi, poi liofilzzato. Il mare è potenziato da un incrocio vegetale-piccante, nota caratteristica per una pasta così iodata
Non sono che alcuni esempi di come la sperimentazione non è mai fine a sé stessa, ma diviene identità, mezzo per conoscersi e riconoscere la materia, l’espressione di un istinto, del richiamo di un mare interiore.
Il racconto continua nella nostra fotogallery.

Uno scorcio della sala del Famiglia Rana

Pasquale Sannino, responsabile di sala del ristorante Famiglia Rana

Il sommelier Danilo Massa

Cozza arreganata
Ischia e il ricordo di un piatto che chef Sodano ama ritrovare lì, sull'isola. Cozze, pan grattato e origano.
Il primo e l'ultimo degli elementi costituiscono uno dei primi bocconi della nostra cena: la cozza viene tagliata in due affinchè possa essere gustata con tutti gli elementi che la completano. Mare ed erba aromatica si alternano in una gara di lunghezze iniziando l'ospite a quel viaggio continuo tra iodio e orto

Abalone, limone e limoni
Viene servito con sette variazioni di limone e lime, quindi limone salato e ruta. Non è tra le cotture più semplici da gestire quella dell'abalone, in questo caso lavorato attraverso l'uso degli ultrasuoni che lo rendono tenace al primo morso e poi via via più carnoso, fino a frammentarsi gradualmente. Si sovrappone al suo iodio la forza citrica del limone e del lime mentre si imprime sul palato, assieme alla freschezza, il taglio dell'albedo e il suo amaro a cui si sovrappone quello della ruta

Merluzzo e piselli
Subisce una leggera salaggione, eppure è la dolcezza delle sue carni a conquistare, irrorate da una pil-pil dalle note tostate e affumicate, perchè questo è il processo che subiscono le lische mentre cuociono insieme alla pelle. Alla base, l'orto, rigoglioso, ricchissimo: una crema di piselli ottenuta da un'estrazione degli stessi baccelli, fagiolini, taccole, nasturzio, piselli baby croccanti, acetosa e cerfoglio selvatico

Balsamico
Distillato con resina d'abete, ma anche coriandolo, sia in estrazione che fresco, dragoncello e aceto balsamIco invecchiato 50 anni. Ripulisce dai passaggi precedenti, ma soprattutto persiste lasciando traccia di una vegetazione selvatica; un assaggio teso e affilato

Sfoglia, limone e olio
Una tarte au citron intensa, profumatissima, dalla sfoglia fragrante che viene lavorata con un burro agli agrumi e vaniglia, e farcita con una crema custard concentratissima di yuzu, kumquat, limequat, limone salato, sfusato amalfitano e polvere di kefir lime. Viene servita con gelato all'olio d'oliva del Cilento - i sentori di un Mediterraneo italiano, la Costiera di Sodano - e qualche fiocco di sale che prolunga la freschezza di questo dessert

Pane e nutella, un grande classico di Francesco Sodano
Si invertono i colori della merenda preferita di sempre: alla base un pan brioche che qui subisce un processo di ossidazione e così diviene scuro, mentre la nocciola chiarificata assume tinte candide; dalla stessa viene estratto l'olio che impreziosisce il gelato assieme ai fiocchi di sale e al tartufo. Il pan brioche è ancora tiepido, goloso, appena tostato; grazie all'ossidazione acquisisce una sottile acidità che si disperde immediatamente nella grassezza della nocciola