26-04-2025

Dalla cucina di mare al piccione nella cera: alcune cose che ci sono piaciute a FoodExp

La kermesse organizzata a Lecce e giunta all'ottava edizione è stata ricca di spunti interessanti. Qui ne abbiamo selezionati sei, tratti dalle lezioni di Jacopo Ticchi, Mattia Pecis, Enrico Marmo, Luigi Taglienti, Davide Di Fabio e Francesco Sodano

È stata un successo l'ottava edizione di Food

È stata un successo l'ottava edizione di FoodExp a Lecce

Tante cose ci sono piaciute di FoodExp 2025, ottava edizione del Forum internazionale dell’enogastronomia e dell’ospitalità alberghiera ideato e organizzato da Sinext con la direzione di Giovanni Pizzolante, e che si è tenuto a Lecce il 15 e 16 aprile scorsi. Sono stati due giorni di talk, masterclass, degustazioni, laboratori sperimentali, tasting, appuntamenti col mondo della pizza, della pasticceria e della mixology, un hackathon, un concorso per studenti, pranzi “memorabili” e cene di gala. Ed è stato un successo innanzitutto verificabile grazie ai numeri: FoodExp ha contato quasi 3.500 presenze, con circa 500 persone ospiti ai pranzi e alle cene ufficiali, circa 2.200 piatti serviti nell’ambito di FoodExp Gourmet, 60 relatori di assoluto prestigio sparpagliati in 24 lezioni nei due Teatri del Gusto e in 6 talk dedicati ai temi in primo piano nel settore.

Tante cose ci son piaciute, si diceva. Di una ha già scritto diffusamente Paolo Marchi, leggi Il BCC in cattedra a FoodExp 2025; di altre scriveremo con focus specifici nei prossimi giorni. Ma abbiamo voluto qui isolare alcuni momenti che ci hanno particolarmente colpito. I testi sono di Serena Curto e Mario Pennelli. Buona lettura! 

 

IL MARE COME META, LA LIBERTÀ COME ROTTA: IL RACCONTO DI JACOPO TICCHI

Jacopo Ticchi, al centro, con il suo sous chef Andrea Borroni e Giovanni Pizzolante, patron di FoodExp

Jacopo Ticchi, al centro, con il suo sous chef Andrea Borroni e Giovanni Pizzolante, patron di FoodExp

«Il mare è un obiettivo da raggiungere» afferma Jacopo Ticchi, chef e fondatore di Da Lucio a Rimini. Era il 2019 quando, insieme a una squadra di appena quattro persone, apriva un ristorante dedicato al pesce: un luogo dove infrangere le regole della cucina marinara ma anche e soprattutto dove ringraziare il mare, da cui tutto parte. La sua rivoluzione inizia lì: mettere in discussione il dogma del “più fresco è meglio”. Dopo tanti viaggi e riflessioni, Jacopo ha iniziato a trattare il pesce come un frutto, capace di cambiare sapore con la maturazione. È stato tra i primi in Italia a proporre frollature e lunghe lavorazioni per il pesce, alla ricerca di un gusto nuovo. «Il cambiamento climatico -  osserva - ha reso il pesce sempre più raro e prezioso e non possiamo permetterci di sprecare nulla di ciò che il mare ci dona». Da qui la ricerca di nuove strade, esplorando varietà dimenticate, con un invito a masticare il gusto del cambiamento. È proprio il gusto del mare che ripropone, per l’occasione, in una Rana pescatrice cruda con acqua di geranio e tabasco, quasi a ricordare una caramella dolce ma pungente; la masticabilità del Polpo crudo con il limone di mare e, infine, le alghe wakame a mo’ di spaghetto alle vongole perché «per me il mare ha il sapore dell’aglio, olio e prezzemolo».
S.C.

 

MATTIA PECIS: «IL NUOVO LUSSO SOSTENIBILE? È NEL MARE E NELLA TERRA»

Mattia Pecis

Mattia Pecis

Classe 1996, bergamasco, Mattia Pecis è lo chef che sta rivoluzionando l’idea di lusso a Portofino. Chiamato giovanissimo da Carlo Cracco, con cui ha condiviso sin da subito un’intesa spontanea, oggi guida Cracco Portofino con una visione personale e una totale libertà d’espressione. Niente più cliché da caviale e tartufo: per lui il vero lusso è l’essenzialità del territorio. Sono profondi i legami che ha stretto con gli agricoltori locali – come Iva e Alberto, 82 e 84 anni, che fino a poco fa gli curavano l’orto – e i giovani Fescion farmers (si scrive proprio così) che lavorano in biodinamico. Gli scarti del ristorante diventano compost, il pesce arriva direttamente da Santa Margherita e si lavora tra freschezza e frollatura. Anche l’agnello, novità dell’ultimo menu, proviene da una filiera etica e diretta. I piatti raccontano storie: come la tagliatella di seppia lavorata a crudo e passata agli ultrasuoni con bacche di coriandolo, finocchietto marino e fiori di santoreggia. Oppure l’insalata russa rivisitata in versione ligure, con maionese al basilico e chinotto fermentato. Niente carta, solo degustazione: undici portate per scoprire l’anima autentica di Portofino. Altro che vecchio lusso.
S.C.

 

IL MEDITERRANEO DI ENRICO MARMO AI BALZI ROSSI

Enrico Marmo in cucina con Mattia Pecis

Enrico Marmo in cucina con Mattia Pecis

A Ventimiglia, nel leggendario angolo ligure dei Balzi Rossi, lo chef Enrico Marmo guida lo storico ristorante fondato dall'indimenticabile Pina Beglia. Piemontese, classe 1986, Marmo arriva in cucina quasi per caso, partendo da lavapiatti in un’osteria del Monferrato, per poi passare da Cracco a Milano e diventare sous chef presso All’Enoteca di Canale. Chiamato dalla Beglia a fine 2015, affronta con umiltà la sfida del mare, partendo da zero. «Sono piemontese e l’assenza di un legame viscerale con i piatti liguri si è rivelato essere l’approccio vincente, dove a prevalere è l’amore per la terra. È una cucina magra dove il gusto è fatto da chi lo fa!» dice Enrico. Anti-commerciale per scelta, ama valorizzare l’orto affacciato sulle onde e il microclima quasi tropicale della zona. Tra i piatti simbolo: Coniglio alla ligure con pinoli tostati, olive taggiasche e misticanza selvatica aromatica. Una cucina che racconta il territorio, senza restarne prigioniera; come con la Brandade di zucchina o il finto coniglio arrosto con il suo fondo di semi tostati di zucchina. «La nostra è una simbiosi vera tra il pescato e il raccolto, una cosa difficilissima da fare oggi perché il cambiamento climatico influenza e non poco. Proprio per questo vogliamo raccontare il vero Mediterraneo, quello che arriva da un’idea di lealtà nei confronti del cliente».
S.C.

 

SALSE, LA LINGUA UNIVERSALE DEGLI CHEF SECONDO LUIGI TAGLIENTI

Luigi Taglienti

Luigi Taglienti

Luigi Taglienti, chef savonese, ha scoperto la cucina grazie a un pomodoro verde acerbo. Da quel gusto vivo è nata una passione che è diventata ricerca, tecnica, visione. Dopo esperienze in cucine celebri, in Italia e in Francia, oggi firma IO Luigi Taglienti a Piacenza, dove reinterpreta il territorio con uno stile libero e audace. Per Taglienti le salse non sono un dettaglio ma il vero linguaggio universale degli chef. Ne fa il centro del suo menu Territorio e Visione, dove ogni piatto è costruito attorno a una o più salse. «Credo che le salse siano il vero Dna della cucina. Fanno comunicare chef lontani e avvicinano la cucina di ieri a quella di oggi. Nei piatti moderni c’è troppa paura di parlare di salse» dice. Lo spiega con grandissimo stile nella sua personale rivisitazione della Capricciosa di mare, dove la tradizione piemontese parla alla Liguria: fondo di capelli d’angelo di sedano rapa, maionese tonnata al fumetto di pesce, gocce di tabasco, zenzero e succo di limone, due veli di scampi di Santa Margherita Ligure, centrifuga di passion fruit emulsionata al burro, potage di bietole e ristretto al nero di seppia. «Ligure sì, ma generoso di salse» conclude scherzosamente.
S.C.

 

DAVIDE DI FABIO TRA ZUPPIERE DI PASTA E ROTELLE DI LIQUIRIZIA

Davide Di Fabio presentato da Carlo Passera

Davide Di Fabio presentato da Carlo Passera

Davide Di Fabio, chef del Dalla Gioconda (ristorante premiato sia dalla stella “classica” che dalla stella verde), lo ha ripetuto più volte durante la sua masterclass: la tradizione è una innovazione di ieri. Perseguendo questo credo, ha deliziato i presenti con la sua ormai iconica Zuppiera di pasta e pesci dell’Adriatico. Un’idea che nasce dal ricordo delle pentolacce dei pescatori, i quali radunavano i pescetti che nessun acquirente voleva comprare, e che quindi cucinavano per sé, servendoli magari a centro tavola in un unico recipiente, una zuppiera per l’appunto, dando il via così a uno brodetto convivale. Tradizione che Di Fabio rievoca al giorno d’oggi con una zuppiera contenente 7 formati diversi di pasta, 7 tipologie di pesce crudo e 7 salse. Il risultato? Un unicum di consistenze e sapori diversissimi ma perfettamente amalgamati e allineati in equilibrio armonico. Citando poi un’ innovazione che magari sedimenterà in una futura tradizione, chef Di Fabio ha presentato delle Rotelle di pasta alla liquirizia. Trattasi di un nido di spaghettini scotti, cotti nello sciroppo di liquirizia e nel nero di seppia che, acquisendo una consistenza gommosa grazie alla retrogradazione dell'amido, si rifanno alle leggendarie rotelle Haribo, il tutto per la gioia del pubblico che, degustando e srotolando gli spaghetti, è tornato bambino, è tornato a giocare.
M.P.

 

L'INGREDIENTE TEMPO, FRANCESCO SODANO E IL PICCIONE 100 GIORNI

Francesco Sodano, a destra, impiatta con il suo sous chef Nicolò Raduazzo

Francesco Sodano, a destra, impiatta con il suo sous chef Nicolò Raduazzo

Per Francesco Sodano, chef del ristorante Famiglia Rana appena fuori Verona, il tempo è un ingrediente fondamentale. Ebbe modo di apprenderlo da piccolo quando, nella sua Somma Vesuviana, vedeva intrecciare i famosi pomodori del piennolo in lunghi pendoli: mese dopo mese acquisivano un miglioramento di sapore, dovuto probabilmente anche all’attesa di chi quei pomodori li aspettava con devozione prima di consumarli. Lui, figlio di professori di scuola alberghiera e quindi accanito lettore di libri e riviste di cucina, conoscitore di una varietà impressionante di tecniche, durante la masterclass ha però confessato il suo credo: la tecnica deve essere comunque al servizio del gusto e la tecnologia applicata alla ristorazione non deve trasformarla in qualcosa che non è. La tecnologia è fondamentale, soprattutto al giorno d’oggi, sia bene inteso, ma la cucina deve rimanere emozionale. Per il pubblico Sodano ha preparato uno dei piatti più apprezzati dell’intera due giorni del FoodExp: il Piccione 100 giorni. Viene conservato nella cera d’api per cento giorni (perché il tempo, come detto, è un ingrediente), e poi presentato in maniere diverse: il petto con del garum di polline, lavanda e miele, la coscia cotta confit con glassa al miele e katsuobushi del suo fegato.
M.P.


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