20-11-2024
Stella Michelin, gioie e dolori
La maledizione della stella Michelin. Ovvero: i ristoranti che hanno ricevuto questo onore hanno più probabilità di chiudere? In realtà il punto interrogativo finale è una nostra aggiunta, poiché concediamo volentieri il beneficio del dubbio, mentre il prestigioso The Economist – uno dei settimanali più autorevoli del mondo, con sede a Londra – va giù tranchant e titola senza titubanze, appunto: “The curse of the Michelin star - Restaurants awarded the honour are more likely to close, research finds”. La ricerca cui si fa riferimento è a sua volta credibile, o almeno così appare: è stata pubblicata dallo Strategic Management Journal - fondato nel 1980, è la rivista leader al mondo per la ricerca sulla gestione strategica - a firma di Daniel B. Sands, professore associato presso l'University College di Londra e membro dello Strategy & Entrepreneurship Group all'interno della UCL School of Management.
Il docente ha focalizzato la sua attenzione sulla città di New York, analizzando l’impatto che l’arrivo della stella Michelin ha avuto sui ristoranti della Grande Mela nel corso di due decenni, dal 2005. La sua conclusione è: “L'analisi di due decenni di aperture e chiusure di ristoranti d'élite di New York rivela che ottenere una stella Michelin è associato a un aumento della probabilità di chiusura del ristorante. Le stelle Michelin sembrano aver causato interruzioni nelle interfacce a monte e a valle dei ristoranti premiati, limitandone la capacità di catturare valore. Questo mette in evidenza come la reattività della rete di valore alle valutazioni di terze parti possa portare a conseguenze non intenzionali per le imprese”. Dato che è linguaggio accademico, vale la pena provare a tradurlo in parole povere. La sintesi brutale è: se un ristorante di qualità riceve la stella Michelin, ha più probabilità di fallire da lì a qualche anno dell’altro locale, che invece non la riceve. Ma come è possibile? Va contro tutte le nostre convinzioni. E allora?
L'articolo di The Economist che ha ripreso la ricerca del professor Sands
Tutte queste valutazioni, insomma, possono essere un’arma a doppio taglio. E tale si rivela in particolare la “recensione” più importante di tutte, quella della Guida Michelin, di gran lunga la più impattante. Tale impatto produce risvolti, oltre che positivi, anche negativi, se è vero come è vero che – sempre nel caso di New York - ben oltre il 40% dei ristoranti premiati col macaron francese tra il 2005 e il 2014 hanno poi chiuso entro la fine del 2019, ossia pre-pandemia.
Di nuovo ci chiediamo: perché? Il docente prova a fornire qualche esauriente risposta, o perlomeno ipotesi di risposta, affidandosi sia all’analisi dei dati che, empiricamente, alle interviste con gli chef e/o proprietari. La conclusione a cui approda è: i ristoranti stellati sono più a rischio per una somma di concause. Per esempio – questo è un fenomeno che ben conosciamo - i proprietari dei locali aumentano i prezzi dei menu per cercare di catturare parte delle presunte entrate supplementari che il loro indirizzo potrebbe realizzare in virtù dell’acquisito riconoscimento; ma persino a monte, sono gli stessi fornitori d’eccellenza ad applicare il medesimo processo mentale, chiedendo quindi più soldi sulla base dell’assunto: fornisco allo stellato prodotti di qualità dei quali ha assoluto bisogno per mantenere il suo status, quindi mi trovo in una posizione di contrattazione vantaggiosa. Medesima cosa fa il personale, che vuole essere pagato di più in funzione dell’accresciuto profilo dell’insegna. Non solo: a valle, ossia lato clientela, si creano aspettative nuove e diverse – più esigenti - che portano a loro volta a costi più elevati (un intervistato ha osservato che ricevere la stella è stato "una specie di pesante fardello da sopportare", vengono in mente le recenti considerazioni dei ragazzi del Giglio di Lucca che ha rinunciato al riconoscimento, leggi qui). Molti ristoratori diminuiscono il numero dei coperti e comprano tavoli più grandi, per rendere l’esperienza ancora più rilassante; ma questo pesa sui ricavi. Cresce infine la percentuale di commensali non locali, con tutti i problemi che questa dinamica provoca (se ne è avuta una chiara rappresentazione durante il Covid, ma è un concetto valido sempre).
Lo studio cita singoli casi significativi. C’è quel patron di ristorante stellato newyorkese che dichiara: «Quando abbiamo aperto, la strada era piena di criminalità, quindi gli affitti erano accessibili. Ma una volta che abbiamo avuto successo, tutti volevano aprire anche loro in quella strada, i proprietari degli immobili hanno capito la tendenza e sono diventati avidi». E un altro: «Abbiamo investito un sacco di soldi nel ristorante, è davvero necessario. Ma questo fa aumentare il valore dell'immobile». Come conseguenza, aumenta l’affitto.
La Guida Michelin
Fin qui, lo studio rilanciato da The Economist. Che va in direzione solo apparentemente opposta rispetto all’analisi Taste Tourism, resa nota dalla stessa Michelin qualche settimana fa e realizzata dall’agenzia JFC e volta ad analizzare l’impatto economico generato dai ristoranti stellati italiani. Secondo questo lavoro, i 2,4 milioni i clienti ospitati dalla ristorazione stellata nel 2023 avrebbero generato un indotto complessivo pari a 438 milioni di euro (“indotto”, ossia non la spesa al ristorante, ma per tutte le necessità connesse, poiché la clientela soggiorna nella destinazione, generando benefici indiretti sui settori dell’hospitality, del commercio e dei servizi locali). Tale effetto positivo sull’indotto sarebbe crescente (lo studio, condotto per la prima volta nel 2016, indica come si sia passati dai 280 milioni di euro di indotto rilevati all’inizio dell’indagine, a una previsione per il 2024 di quasi 500 milioni, 498 milioni per la precisione). I benefici economici diretti variano in base al numero di stelle del ristorante: un locale con 1 stella genera circa 805 mila euro per il territorio, mentre i ristoranti con 2 e 3 stelle raggiungono rispettivamente 2,4 milioni e 6,5 milioni di euro.
Se ne dedurrebbe, a conti fatti: la stella fa felice il territorio, ma può risultare indigesta per chi la riceve.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
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classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
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Dall’Italia è una narrazione in continua evoluzione di tutto il buono che racchiude in lungo e in largo il nostro Belpaese. Una rubrica che ci porta alla scoperta delle migliori trattorie, i ristoranti più esclusivi, osterie, tra le vette più alte o in riva al mare. Delizie che non possono sfuggire alle rotte dei più entusiasti viaggiatori.