17-12-2023

Niente capitone a Natale? Pro e contro dopo l'appello di Relais & Chateaux

Dall'associazione, con Mauro Colagreco in prima linea, la richiesta di togliere l'anguilla dai menu. Con Moreno Cedroni, Gianfranco Pascucci e Fabio Tammaro abbiamo ragionato sulla campagna e sugli effetti che potrà avere

La notizia è di qualche giorno fa: i ventuno chef membri del World Culinary Council di Relais & Châteaux, con in prima fila il Vice presidente Mauro Colagreco, hanno votato all'unanimità per rimuovere l'anguilla europea (Anguilla anguilla, nel suo nome scientifico) dai loro menu, in risposta all'allarme lanciato dalla ONG Ethic Ocean, che è partner dell'associazione. Questa decisione è stata motivata dal pericolo di estinzione di livello "critico" in cui si trova l'anguilla europea, che per questo è stata inclusa nella lista rossa delle specie a rischio dell'IUCN, l'Unione Mondiale per la Conservazione della Natura. Gli chef di Relais & Châteaux con questo appello vogliono esortare gli altri 580 hotel e ristoranti dell'associazione, e più in generale tutti i ristoratori, a seguire l'esempio, chiedendo nel contempo ai ministri dell'Unione Europea di prendere misure urgenti per salvare questa specie in pericolo.

La scelta segue l'approccio precedentemente adottato dall'associazione nel 2009 per salvaguardare, in quel caso, il tonno rosso, dimostrando l'efficacia della mobilitazione per sensibilizzare e influenzare i legislatori. La situazione dell'anguilla è critica a causa di diverse minacce, tra cui c'è certamente l'inquinamento delle acque, in particolare quelle dei fiumi, la distruzione progressiva degli habitat, i molti ostacoli al suo ciclo biologico rappresentati soprattutto dalle dighe, la pesca illegale e l'eccessivo sfruttamento. Gli chef di Relais & Châteaux sottolineano così l'urgenza di sospendere la pesca immediatamente e chiedono alle autorità di affrontare anche le altre cause del declino per preservare la biodiversità e consentire alle generazioni future di godere di questa specie, rivendicando un ruolo cruciale che gli chef possono svolgere nell'influenzare la domanda e prevenire l'estinzione.

E' proprio questo che ha voluto affermare con la sua dichiarazione lo chef del Mirazur di Mentone, Mauro Colagreco: «Gli chef svolgono un ruolo fondamentale: possiamo far crollare la domanda, possiamo impedire l'estinzione delle anguille per preservare la biodiversità e permettere alle generazioni future di continuare a consumarle, ma solo se agiamo ora. Relais & Châteaux, la più grande rete di chef al mondo, vuole salvare questa specie».

Mauro Colagreco

Mauro Colagreco

L'Italia non è certo l'unico paese in cui l'anguilla sia considerata un cibo prelibato, radicato nella tradizione e nella cultura gastronomica: pensiamo al Giappone, dove l'unagi è amata e consumata con grande frequenza (si tratta in ogni caso di una specie diversa, l'Anguilla japonica). Avvicinandosi il periodo delle feste natalizie è difficile però non portare il pensiero al Capitone e all'importanza di questa tradizione, in particolare nella cucina campana e più in generale nel Sud Italia. Capitone che non è chiaramente un pesce diverso dall'anguilla, ma è semplicemente il nome con cui chiamiamo l'esemplare femmina della specie, che può raggiugere il metro e mezzo di lunghezza e i 6 kg di peso. Nella tradizione partenopea, a Natale, si mangia fritto, con una panatura croccante. Alla base di questa usanza (come per molti cibi delle feste di fine anno, pensiamo anche alle lenticchie...) c'è un simbolismo benaugurale e apotropaico: con la sua somiglianza con il serpente, simbolo del male, mangiare il capitone significa scacciare il maligno dalla propria famiglia in vista dell'anno nuovo. 

Ma sarà il caso di farsi qualche domanda in più, nel 2023, sull'opportunità di portare questo piatto della tradizione sulle nostre tavole natalizie?

Ne abbiamo ragionato con tre chef esperti di pesce, interpreti appassionati del mare e impegnati a rispettarne la salvaguardia, due dei quali sono tra le firme più importanti della cucina italiana: il marchigiano Moreno Cedroni, chef e patron della Madonnina del Pescatore di Senigallia, del Clandestino di Portonovo e di Anikò, ancora a Senigallia; Gianfranco Pascucci, chef e titolare di Pascucci al Porticciolo a Fiumicino, che con l'associazione Periferia Iodata guida un gruppo di cuochi e ristoratori impegnati nella difesa di quel tratto di costa e di mare; il campano Fabio Tammaro, a lungo impegnato come chef e patron dell'Officina dei Sapori di Verona, e ora fondatore di Seafood Consulting, società di consulenza ristorativa specializzata nella cucina di mare, nonché collaboratore di Identità Golose
 

MORENO CEDRONI

Sicuramente ogni iniziativa che mira alla salvaguardia dell'ambiente e degli ecosistemi è da accogliere con grande attenzione. Nel caso dell'anguilla, sappiamo che si tratta di una specie a rischio di estinzione, anche perché non c'è un vero e proprio piano di pesca numerico, ce n'è uno solo stagionale. Nel corso degli anni abbiamo visto come il piano di pesca del tonno rosso, applicato in modo serio e responsabile, abbia portato a un miglioramento delle condizioni di quello stock. Per il tonno rosso, in Spagna, esistono anche degli allevamenti che permettono di rifornirsi di questa specie tutto l'anno: purtroppo in Italia una realtà di questo tipo non esiste. Tornando all'anguilla, esistendo al momento solo un piano di pesca legato alla stagione, quando si apre il periodo in cui la pesca è permessa, lo sfruttamento di questa specie risulta eccessivo. Inoltre credo sia giusto segnalare come ci sia una richiesta, da parte di persone molto facoltose, di ingredienti rari, molto costosi: questo fenomeno ha riguardato anche l'anguilla. 

Ricordo quando ero bambino, le anguille si pescavano con delle reti a cerchi concentrici, chiamati cuculli: poi c'erano queste barchette a riva che vendevano le anguille appena pescate. Ma è un ricordo lontano, perché è da tempo che sono calati i numeri di questa specie. Insomma, è profondamente giusto lo spirito di questo appello e soprattutto la richiesta alle istituzioni perché intervengano con regolamentazioni efficaci e più rigide. Esistono poi degli allevamenti, in particolare nel Nord Europa, da cui si può acquistare un ottimo prodotto: come dicevo poco fa per il tonno rosso, sono risorse importanti per affrontare questi problemi. Nei confronti del pesce di allevamento dobbiamo sgombrare la mente da certe chiusure, anche perché sono sempre di più gli allevamenti che lavorano con grande attenzione alla sostenibilità ambientale e alla salubrità del pesce che producono. E' l'unica risorsa che abbiamo per poter continuare a mangiare pesce con regloarità, come è nutrizionalmente importante fare. 

In Italia, tradizioni natalizie a parte, la richiesta dell'anguilla non è così elevata: per noi chef è sicuramente un ingrediente molto interessante, per la sua texture, per il suo sapore, per come si presta a diverse tecniche, ma sicuramente non è un pesce che, proposto à la carte, verrà richiesto come altri. Anche per questo motivo gli allevamenti di anguille non si sono sviluppati particolarmente. In conclusione, accoglierò certamente l'appello di Relais & Chateaux e dell'amico Mauro Colagreco, non metterò l'anguilla nel prossimo menu della Madonnina e mi unisco alla richiesta di un intervento serio per salvare questo pesce straordinario, di cui ho bellissimi ricordi d'infanzia. 
 

GIANFRANCO PASCUCCI

Ho ragionato un po' su questo appello e penso che sollevi un tema molto interessante e importante. Un tema giusto, da sostenere. Se penso alla tradizione del capitone, qui a Fiumicino non c'è quasi più: non è come vent'anni fa, se oggi vai nelle pescherie della zona non troverai una particolare offerta di capitoni dovuta al Natale. Così come sono cambiate anche le tradizioni legate al Natale, sono sempre di più le persone che invece che stare a casa scelgono di andare nei ristoranti. Quindi l'evoluzione che possiamo osservare ci fa dire che l'anguilla viene soprattutto consumata nei ristoranti: è un piatto straordinario che si può ordinare a Natale come nel resto dell'anno. Il fatto che un professionista come Mauro Colagreco si faccia portavoce di un appello come questo, sicuramente potrà portare dei risultati molto positivi, proprio per via di questa evoluzione. 

Ho fatto però anche altre riflessioni, basandomi su alcune ricerche: c'è una percentuale importante di mercato nero, di contrabbando, che riguarda le anguille. Non vorrei che una regolamentazione che penalizzasse troppo i soggetti che pescano regolarmente, favorisse ulteriormente il bracconaggio, anche perché più un ingrediente diventa raro, più ci sono persone che lo vanno a cercare, disposte a spendere cifre molto alte. Può sembrare assurdo, ma è così. Dovremmo cercare di stimolare sempre di più il mercato e le aziende del settore perché siano più responsabili e più sostenibili, facendo crescere l'allevamento: un settore su cui si deve ancora lavorare molto, perché sono diversi gli interrogativi che ancora richiedono delle risposte. Un appello come questo però è sicuramente importante perché ci fa ragionare, ci interroga su temi che non possiamo eludere. 

L'anguilla è un pesce molto particolare, perché con le sue abitudini, con il suo ciclo vitale così lungo e complesso, mette in relazione il mare con le acque dolci, mettendo in mostra i limiti e i problemi di entrambi gli ecosistemi. L'anguilla soffre dunque per gli errori che commettiamo in entrambi i contesti, subendo un doppio danno: è un simbolo potente di quanto ogni cosa nel nostro mondo sia connessa. E dunque per affrontare questo tema in modo serio, dovremo essere in grado di osservarlo nel suo complesso, ragionando sui problemi che riguardano le acque dolci e quelli che hanno a che fare con il mare. Aderirò sicuramente all'iniziativa di Relais & Chateaux, ma so che non potrà essere risolutiva e che servono interventi strutturali. Così come penso che l'allevamento ittico, fatto in modo serio, debba essere una prospettiva importante per il futuro: nessuno di noi si sognerebbe, entrando in una prestigiosa macelleria, di chiedere un manzo che sia stato cacciato nei boschi. Perché non dovremmo adattarci alla necessità di puntare sempre di più sul pesce allevato di ottima qualità?
 

FABIO TAMMARO

Sono prima di tutto napoletano: la mia tradizione esigerebbe il capitone sulle tavole del Natale. Ritengo però che questo appello sia giusto, è fondamentale interrogarsi sulle esigenze della salvaguardia dell'ambiente e degli ecosistemi, e in particolare noi chef e operatori del settore della ristorazione dobbiamo sensibilizzare le persone nell'utilizzo di alcuni ingredienti, non solo in alcuni periodi dell'anno. Dobbiamo studiare e cercare nuove soluzioni, senza per questo mancare di rispetto alla nostra grande cultura gastronomica. Le tradizioni però si possono e si devono evolvere, non possiamo far finta che non esistano problemi molto concreti.

La crisi degli ecosistemi marini è una realtà, credo che sia arrivato davvero il momento di farci delle domande e di assumerci le nostre responsabilità. Anche se questo significa dover rinunciare, in alcuni ambiti, a quello che chiamerei il lusso della tradizione, perché per certi ingredienti, purtroppo, dobbiamo parlare di lusso. Il mare ha bisogno del nostro senso di responsabilità.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Niccolò Vecchia

Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare 
Instagram: @NiccoloVecchia

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