James Petrie
Macarones, zucca, mela, rosa canina e spaghetto di farrodi Alessandro Gilmozzi
IG2023: signore e signori, la rivoluzione è servita Sette piccole rivoluzioni attorno alla pasta: i protagonisti, le idee e i piatti del congresso
Davide Oldani, classe 1967, ha aperto il D'O nel 2003
La bella piazza della Chiesa di San Pietro all'Olmo, a pochi minuti da Milano, in una sera d'inverno, poco dopo le 19.30: aria fredda e atmosfera silenziosa, lo sguardo si concentra sulle luci morbide e sulle linee precise e squadrate che si vedono dell'altra parte della piazza. Passo dopo passo, avvicinandosi, l'immagine diventa più nitida. Grandi vetrate a destra e a sinistra, divise da una porta altrettanto grande, con due gruppi di persone, anch'essi divisi dalla medesima porta, che parlano tra loro: si intravede che sorridono, forse scherzano.
Il gruppo sulla sinistra è composto da persone vestite principalmente di nero che si muovono tra i tavoli, controllano la mise en place. Il gruppo sulla destra è tutto in bianco, le persone che ne fanno parte sono già disposte dietro a banconi e davanti a fornelli e cappe scintillanti. A saper dipingere, verrebbe voglia di farne un quadro. Bisognerebbe essere bravi però, per cogliere il dettaglio che accomuna quei due gruppi che si apprestano a condurre il servizio della cena: più li si guarda, più si coglie che sono allegri, in armonia. E questo fa venire ancora più voglia di varcare le soglie del D'O di Davide Oldani.
La cucina vista dalla piazza della Chiesa
Ecco allora che quell'armonia, che doveva essere un elemento da catturare nel nostro quadro immaginario, si rivela concreta, grazie alla solida base su cui si è sviluppata. Osservando la brigata di cucina lavorare durante il servizio nella grande cucina (a vista anche dall'interno, per chi siede nell'ormai mitico "tinello"), si coglie nei gesti, nel linguaggio del corpo di una ventina di persone indaffarate, una forma di gentilezza istintiva che mette di buon umore, e che parte dal modo in cui Alessandro Procopio e Wladimiro Nava guidano la propria squadra.
La cucina del D'O vista dalla sala adiacente, dove si trova un unico tavolo: il "tinello"
Un'espressione cara dalle parti di Identità: «Anche il congresso di Identità Milano è quasi coetaneo del D'O, quest'anno ci sarà la diciassettesima edizione, e se tutte le edizioni sono state piene di contenuti interessanti, quella che mi colpì maggiormente fu dedicata al "fattore umano" (proprio Oldani, a suo tempo, nel 2018, ci aveva consegnato quesi pensieri a riguardo, ndr)».
E il "tinello" visto dalla cucina
Oldani fotografato con uno degli oggetti della linea di tableware WOO’ꓷ
Dell'Istituto Olmo, e del grande impegno con cui Oldani vi si è dedicato, abbiamo scritto più volte su queste pagine (qui, ad esempio, e qui...). Un impegno che non decresce, anzi, si intensifica con sempre maggiore progettualità. Ma si diceva dei numeri: «Circa l'8% degli iscritti, dopo i cinque anni di studio, prosegue lavorando nella ristorazione. E solo il 2% poi diventa davvero un cuoco. Gli altri scelgono strade diverse, percorsi professionali che permettano anche di avere una vita. Dobbiamo fare del nostro meglio per dare a questo mestiere un'identità nuova».
Davide Oldani con una delle lampade della linea Bontà che ha disegnato per Artemide
Un altro scorcio della sala del D'O
Con l'apporto essenziale di quelli che lo stesso Oldani chiama "i ragazzi del D'O": i già citati Alessandro, Davide, Wladimiro, e ancora Riccardo Merli, Filippo Amodeo, Manuele Pirovano. Che rappresentano, insieme a chi il D'O l'ha prima sognato e poi realizzato, il presente e il futuro di una storia ricca di bontà e di umanità.
Il percorso di degustazione si apre con un piatto da leccare: si posano le dita sulle due rientranze del piatto disegnato appositamente, poi in sequenza: Finocchio, nduja, mela
Cannolo di baccalà mantecato con sedano rapa
Candela di olio al timo e cera d'api, da mangiare con una deliziosa focaccia
Sfoglia croccante di grano saraceno, essenza di carciofo, polvere di peperone crusco
Rivisitazione dei mondeghili. Un interno golosissimo di fondo di vitello, alla base crema di mortadella, finger lime e argento a guarnire
Un altro piatto pensato per un gesto, che cita la ritualità asiatica di portare alla bocca il bordo del piatto, con una spatola per servirsi. All'interno, una concentrazione dell'iconica Cipolla caramellata del D'O
Fiore di carciofo. Uno dei piatti più buoni del percorso, oltre che dei più belli. Il carciofo in varie consistenze, con pecorino e menta a rincorrersi tra sapidità e freschezza, i petali di patata, le uova di trota
Seppia al nero. Un altro piatto eccezionale, sotto un candido velo di seppia, una royale di seppia con aneto, cardo gobbo di Nizza Monferrato e brandy
Arrosto della domenica. Golosità pura che richiama ricordi di pranzi di festa: le patate in forma di gnocchi e di spuma, semola croccante, polvere di porcini, fondo di pollo e brunoise di verdure
Riso e filindeu. Oldani omaggia il maestro Marchesi con un piatto in cui celebra l'unione di riso e pasta, usando l'antica e ormai rarissima tipicità del nuorese. Con un gel di carote e bergamotto, cozze sarde, vongole, fasolari, cannolicchi
Sogliola ripiena di mazzancolle, glassata con la sua bisque, olandese allo zafferano, sedano rapa arrotolato, cedro in gel, polvere di peperone crusco
Capriolo, salsa al pepe verde, giardiniera di frutta, crema di pastinaca
Il capriolo prosegue nel piatto successivo: Barbajuan ripieni di capriolo e foie gras, salsa di ribes
Formaggio? Solo uno dei tre: gli altri...sorpresa. Find the real one
Crêpe soufflée con composta di arancia, salsa di arancia e Grand Marnier
Pan D'O al cioccolato con gelato alla vaniglia
Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare
Appuntamento con il Festival Franciacorta lunedì 20 giugno dalle 16.00 alle 21.30 al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci, in via San Vittore 21 a Milano
“Del buono, poco” è il nuovo motto di Davide Oldani nei confronti del vecchio carrello dei formaggi, e del formaggio nella ristorazione in generale. Ossia: il tradizionale carrello è inattuale, bisogna proporre poco ma di altissima qualità, badando anche alla "stagionalità del formaggio", ossia servendo ciascun cacio nel periodo dell'anno in cui si esprime meglio. Così l'assaggio di "formaggi" al D'O, vedi la foto sopra, prevede tre pezzi, ma solo uno è formaggio vero, quello al centro, un Montebore. La finta groviera, a sinistra, è una mousse di pera e pepe del Tibet; la finta scaglia di Parmigiano, a destra, è un pane imbevuto in acqua di formaggio e poi arrostito. Tutte le foto sono di Brambilla-Serrani
Fabrizio Nonis, Riccardo Forapani, Carlo Mangini e Paolo Gennari sul palco della Sala Blu 2 per la prima lezione di Identità di Formaggio in collaborazione con Parmigiano Reggiano
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose