Premessa: io non conosco la Sicilia. In compenso sto per sposare una siciliana e per questo, in pochi giorni in Trinacria, ho provato ad andare alla scoperta delle bontà di questa splendida terra. Prima tramite la via tradizionale, quella dei cannoli, delle cassate, degli arancini, delle brioche con la granita e quant’altro. Poi, sui sentieri della cucina d’autore.
Ed è stata proprio una ricerca, perché seppur conoscessi (non personalmente) Pino Cuttaia grazie ai congressi di Identità Golose, trovare il suo ristorante a Licata è stato meno semplice del previsto, mimetizzato in mezzo a negozietti di vario genere nel centro (non turistico) della cittadina di mare. Un po’ nascosta, la porta d’ingresso de La Madia sembra farsi trovare solo da chi cerca la buona cucina e nascondersi a chi vuole un ristorante da «menu turistico 25 euro tutto compreso».
Troppo spesso si parla a sproposito di passione per la cucina: Cuttaia, invece, ha lanciato la sfida nella sua Licata, dimostrando che si può proporre alta ristorazione ovunque, non soltanto nelle grandi città o nelle più quotate località turistiche. Questa sì, che è passione. Visto che il 44 enne chef siciliano ha lasciato il lavoro in fabbrica per iniziare a cucinare, fino a giungere all’apertura del suo ristorante, nel 2000.

Raviolo di calamaro con tennerume di cocuzze (foto Foglia)
E così giovedì 4 agosto a pranzo, con un giorno di anticipo, mi sono fatto un regalo di compleanno, lasciandomi guidare in un percorso riassumibile in poche parole: la semplicità della creatività. Un viaggio di sapori e profumi attraverso la memoria. La memoria è quella che porta il cuoco a ritrovare i sapori di una volta, ma rinnovati nello spirito: lo si nota nel
Battuttino di alici marinate nell’acqua di mare e cipolle di Tropea, incorniciate da una crema di bottarga. È un piatto splendido agli occhi e ancora di più al palato.
Un piatto forte de
La Madia è il
Baccalà affumicato al pino, «un ricordo di quando da bambini andavamo a raccogliere le pigne per accendere il fuoco. Il condimento è alla pizzaiola, come usavano le mamme per rendere più buona la carne avanzata». Le materie prime siciliane si esaltano nel
Raviolo di calamaro ripieno di “tennerume di cocuzze”, ovvero delle foglie di quelle particolari zucchine che si trovano facilmente nel sud della Sicilia: un piatto suggellato da una mazzancolla splendida.

Pino Cuttaia, 44 anni tra qualche giorno
Non c'è nessuna rivoluzione, solo un’evoluzione del gusto tradizionale: vedi anche il
Polpo con lenticchie di Ustica e gli Spaghetti – trafilati direttamente nella cucina – agli scampi, un concentrato di gusto che fa saltare sulla sedia. E l’
Arancino di riso? C’è, ma al forno e con il ragù di triglia: la sensazione del fritto viene data dal brodetto realizzato con gli scarti delle stesse triglie utilizzate per il ripieno. Non manca la
Zuppa di pesce, con ogni elemento – gambero, spigola e calamaro – cotto singolarmente, con l’aggiunta di una soutè di vongole. Il dolce è una
Cassata allo stile della Madia, ovvero molto più delicata e senza la stucchevole glassa di zucchero a ricoprire il dessert. Ma anche il
cannolo: eccezionale. Un vero viaggio, insomma. Nei sensi, nella memoria, nelle tradizioni, nel gusto. Della Sicilia.