10-04-2023

Sacrifici e tenacia controcorrente: il Soave di Graziano Prà

I vini (con tappo a vite) dell'azienda di Monteforte d'Alpone protagonisti di un pranzo al ristorante Trussardi by Giancarlo Perbellini, Milano. Cronaca, assaggi e dichiarazioni

Graziano Prà, titolare dell'azienda agricola

Graziano Prà, titolare dell'azienda agricola omonimia in via della Fontana 31, a Monteforte d'Alpone (Verona), telefono +390457612125

Si starebbe ad ascoltare per ore Graziano Prà, la sua storia raccontata fin dai primi passi di chi sta plasmando il suo percorso in un periodo non proprio d’oro per il vino, arrivando ai giorni nostri. Una storia di sacrifici, tenacia, coraggio di andare anche controcorrente. L’azienda del Soave classico rivendica uno dei gesti di coerenza al Ristorante Trussardi by Giancarlo Perbellini, mostrando la passione per la vite a 360 gradi e “più”: questo incontro milanese è infatti dedicato all’uso del tappo a vite e alla sua funzione. Una scelta che affonda in realtà le radici negli anni, ma oggi vuole rafforzare ulteriormente il messaggio. Questo con una degustazione capace in particolar modo di svelarlo attraverso la comparazione di due Soave Doc.

Un passo indietro è però d’obbligo, quando Graziano racconta di quel primo approccio alla costruzione del futuro dell’azienda.

«Ho cominciato con niente, ho una formazione tecnica, mi sono diplomato alla scuola enologica di Conegliano – spiega - Mio papà aveva dei vigneti, mi ha lasciato molto presto e a 20 anni mi sono trovato a iniziare quest’attività con uno dei miei fratelli. Gli anni Ottanta erano un periodo molto buio e triste, nell’85 ci fu la gelata ma per fortuna non toccò la collina…». Allora ecco i primi investimenti, le prove, le difficoltà, le prime fiere. La chiave dello sviluppo è l’importanza data al territorio e alla sua identità.

I caratteristici tappi a vite

I caratteristici tappi a vite

Otto, vino protagonista del menu al ristorante Trussardi by Giancarlo Perbellini

Otto, vino protagonista del menu al ristorante Trussardi by Giancarlo Perbellini

Da una parte, 40 ettari di vigneti tra le colline del Soave, su suoli di origine vulcanica, dall’altra 8 ettari nella Valpolicella con un suolo calcareo a scaglie, una zona molto fredda per l’influenza dei Monti Lessini. Ecco allora Garganega e Trebbiano di Soave nel territorio di produzione del Soave; Corvina, Corvinone, Rondinella e Oseleta nella Valpolicella allargata.

L’amore per la terra significa valorizzare uve autoctone, allevate in regime biologico, con una grande attenzione a ogni fase e la ricerca di pulizia nel vino. Graziano Prà ha a cuore un altro elemento: che i vini sappiano attraversare il tempo. Proprio la longevità è il fattore che ha inciso sulla scelta del tappo a vite per i grandi cru del Soave, scelta coraggiosa anche perché adottata ormai molti anni fa. Per un’azienda apprezzata all’estero, non c’è timore; in Italia le reazioni possono essere ben diverse. Ma Graziano ci crede moltissimo, proprio perché tiene all’identità dei suoi vini e in questa degustazione porge le prove con orgoglio. 

Il primo di tutti è stato Otto, il Soave Classico Doc, - il cui nome è dovuto al cane del viticoltore, l’amatissimo border collie di un tempo – e poi la decisione si è estesa. La pulizia del vino viene preservata secondo Graziano Prà proprio con il tappo a vite, e così l’eleganza. Longevità sostenuta dunque, un’evoluzione con una micro-ossigenazione del vino, ma senza distorsioni o contaminazioni. Senza dimenticare che, oltre alla facilità di aprire, la conservazione è assicurata anche dopo e dal punto di vista ecologico si ha a che fare con un materiale come l’alluminio, riciclabile al cento per cento. Infine, offre una garanzia anche con i viaggi che le etichette Prà devono affrontare, destinazione i mercati europei e oltre oceano. 

«Comprare una bottiglia di Soave con il tappo a vite – insiste Graziano Prà - significa non correre rischi ed essere certi di acquistare un vino che dipende dall’annata, e mai dal tappo. Inoltre, lavorando molto con i mercati esteri, il tappo a vite ci permette di reggere lo stress da trasporto, evitando tutti i problemi legati al posizionamento verticale o orizzontale e agli sbalzi di temperature tra un mezzo e l’altro».

Prima di andare a tavola, ce lo racconta direttamente per l’aperitivo l’annata 2021 di Otto, ma è la comparazione di Otto Soave Doc 2012 con il tappo di sughero e quello a vite che si fa decisamente loquace: nel secondo caso, è come ritrovare un vecchio amico che non ha perso il suo stile e lo riconosciamo da un gesto, da una parola, una sfumatura. Fuor di metafora, la freschezza è accompagnata dalle note floreali e fruttate, dal gelsomino alla mela verde, che il tempo ha invece cercato di placare nella bottiglia con il tappo di sughero.

Tappo a vite anche per il Soave Doc Classico Monte Grande 2018, che accompagna il fiero raviolo di patata, peperone di Carmagnola, vino rosso e robiola. Chiudiamo con l’Amarone della Valpolicella Docg Morandina 2016 e il Passito Bianco delle Fontane 2021 che conversa con la celebre Millefoglie di Giancarlo Perbellini.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Marilena Lualdi

responsabile de l'Informazioneonline e giornalista di Frontiera - inserto de La Provincia, scrittrice e blogger, si occupa di economia, natura e umanità: ama i sapori che fanno gustare la terra e le sue storie, nonché – da grande appassionata della Scozia – il mondo del whisky

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