«Se il Timorasso è diventato così buono, è anche per merito delle persone che lo fanno». Probabilmente questa frase dello chef Enrico Crippa, tre Stelle Michelin del Piazza Duomo ad Alba e da poco premiato come Ambasciatore del Derthona 2023, è la migliore sintesi dell’evoluzione dei vini tortonesi.
Così la manifestazione Derthona Due.Zero, evento organizzato dal Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi a metà marzo, ha dimostrato come nella zona ci sia stato un vero e proprio Rinascimento per quanto riguarda la produzione vitivinicola.

I vigneti sono passati da due a 330 ettari
Se pensiamo alla storia del
Timorasso, si può capire con esattezza quanto questa riscoperta, se non vogliamo addirittura chiamarla salvezza, di questo vitigno sia stata enorme. Nel 1981 il 20% dei vigneti era
Timorasso, ma poi, a seguito di fillossera e altre malattie, è andato scomparendo. Negli anni Ottanta in totale, su tutti i Colli Tortonesi, c’erano solo due ettari coltivati con questo vitigno. Nel 2000, quando è partita la rinascita del
Timorasso, c’erano solo tre ettari, saliti a 25 nel 2009, fino ad arrivare agli attuali 330 ettari, su un totale di 1.250 complessivi dei Colli Tortonesi, con un obiettivo di arrivare a tre milioni di bottiglie. In pratica da zero (o quasi) a tre milioni in meno di 25 anni.
Un fenomeno incredibile, per una zona che ha potuto ritrovare la propria identità. Anche perché il Timorasso è coltivato praticamente solo nei Colli Tortonesi, dove ci sono anche Cortese e Barbera, ma che si devono giocoforza confrontare con le zone vicine, rispettivamente Gavi e Asti, per fare un esempio.
Nel tempo, si è cercato di approfondire anche gli studi sui terreni del Tortonese, come spiegato anche dall’agrotecnico
Davide Ferrarese, andando a scoprire un’area altamente variegata che permette al
Timorasso di esprimersi con un “fil rouge” di sapidità, longevità e profondità, ma anche con diverse sfumature. «I Colli Tortonesi sono lo sperone sud est della provincia di Alessandria. In totale sono 46 Comuni, in un’area di 50 per 25 chilometri. Ambiente misto e complesso, con altitudini che vanno fino a 1.600 metri. Il tutto suddiviso in sei valli (la più vasta è Curone), legate ai bacini idrografici».
A questo si unisce un filone di terreno, che è in sostanza lo stesso dell’area del Barolo, con la Marna di Sant’Agata, ricco di fossili e un’origini di 20 milioni di anni fa. Un filone che taglia longitudinalmente i Colli Tortonesi: terreni che danno vita a origine a vini complessi e longevi.

I banchi di assaggio dei produttori
Il
Timorasso, senza entrare in troppi tecnicismi, è un vitigno molto delicato, tra scottature e botrytis, e per questo necessita di un grande lavoro in vigna. «Ma alla fine, in vinificazione, dà grandi risultati – racconta
Davide Ferrarese – La più grande soddisfazione l’ho avuta fecendo una consulenza a un produttore della zona del Barolo, che aveva deciso di lavorare anche del
Timorasso. Quando, alla vendemmia, l’uva è stata mandata in cantina, mi ha chiamato protestando per la bruttezza di quei grappoli».
Una delusione, insomma. Ma poi… «Mi ha telefonato pochi giorni dopo, che era felicissimo del risultato. E anche per me è stata una soddisfazione». La trasformazione del brutto anatroccolo.

Il presidente del Consorzio Gian Paolo Repetto
Questo è certamente un aneddoto importante: il
Timorasso è in crescita, ma ci sono molti aspetti che sono ancora da studiare e da approfondire. Una direzione intrapresa dai singoli produttori, ma anche dallo stesso
Consorzio di Tutela.
Per ulteriormente valorizzare questa produzione, è in fase di approvazione anche una modifica del disciplinare del Timorasso: sarà così possibile uscire con il Piccolo Derthona Doc, il Derthona Doc, e il Derthona Riserva Doc. «La differenza è in sostanza dedicata ai tempi di affinamento – spiega il presidente Gian Paolo Repetto – Il Piccolo Derthona potrà uscire già a marzo dell’anno successivo alla vendemmia, per il Derthona doc si dovrà invece attendere settembre. La Riserva potrà uscire solo al terzo anno successivo alla vendemmia».
Un passo molto importante, che va a valorizzare il fattore tempo in vini che hanno bisogno proprio dell’affinamento per poter esprimersi al meglio. E la dimostrazione è arrivata proprio dagli assaggi, con l’annata 2021 per certi versi ancora acerba, ma dal grande potenziale, mentre i vini con qualche anno in più hanno mostrato una grande complessità unita a un’ottima bevibilità. Quasi tutti i vini lavorano in acciaio, e per il
Timorasso è un bene, perché non sembra amare particolarmente il legno che tende a “coprire” i caratteristici, in particolare tra frutta fresca (pesca in particolare) e fiori, poi note più balsamiche in evoluzione fino ad arrivare a sentori di idrocarburi, che lo portano ad assonanze con il
Riesling.
Tra gli assaggi del 2021 (41 campioni), annata piuttosto calda, ma con buone escursioni termiche, segnaliamo: Boveri Luigi Michele, Cantina di Tortona, Cascina I Carpini, La Colombera, Ezio Poggio – Archetipo (Terre di Libarna Doc), Vigneti Boveri Giacomo – Lacrime del Bricco, Vite Colte e Voerzio. Aggiungiamo il campione da vasca di Poderi Cusmano, del quale valutiamo un buon potenziale, anche se il vino è tutt’altro che pronto. Ma in realtà sono tutti vini che vanno degustati guardando al futuro, nella certezza che l’anno prossimo (e non solo) avranno un’evoluzione positiva.
Già assaggiando l’annata 2020, si inizia ad avere un profilo aromatico più completo e un maggiore equilibrio anche in bocca. Degli otto campioni presentati, citiamo il
Ca’ degli Olmi di
Canevaro Luca e
Quadro di
Vigneti Repetto.
E più si va avanti e più il Timorasso mostra le proprie armi Sassobraglia 2019, La Colombera 2018, Boveri Luigi 2017 ed Ezio Poggio 2016 sono un’escalation di profumi, con quella salinità comune che rende questi vini straordinari.