Le cronache del vino ricorderanno la data 24 settembre 2018 come turning point importante nella cronologia delle bollicine italiane. È il giorno in cui la famiglia Lunelli, viticoltori in Trento dal 1902, ha sollevato il velo sull’atteso Giulio Ferrari Rosé, Trentodoc a prevalenza pinot nero. Un rosè che sposta l’asticella del genere ad altezze sconosciute dentro ai nostri confini.
C’erano gli stati maggiori dell’enologia nostrana a Villa Margon, per la cena orchestrata da Alfio Ghezzi, due stelle Michelin alla Locanda Margon, qualche tornante prima. Giornalisti, chef, clienti e autorità anche dalla Gran Bretagna, dalla Germania, dagli Stati Uniti, seduti all’ombra di affreschi con 500 anni di storia.
«Quest’etichetta», ha esordito emozionato Matteo Lunelli, presidente e ceo di Cantine Ferrari, cravatta rosa per la circostanza, «è il risultato di un lungo percorso. Abbiamo custodito 5mila bottiglie per un decennio nelle nostre cantine. È un itinerario che ha avuto idealmente avvio nel 1902, con Giulio Ferrari. Questo signore intuì per primo la vocazione del Trentino alle bollicine di eccellenza».

Il primo brindisi al Giulio Ferrari Rosè, con tutti i suoi protagonisti

Matteo Lunelli e Alfio Ghezzi, autore della cena
Nel 1980 nacque in suo onore
Giulio Ferrari Etichetta del Fondatore, divenuto nel tempo un’icona delle grandi bollicine italiane. «Una creazione della seconda generazione, quella di
Gino,
Franco e
Mauro, presenti oggi in sala.
Mauro ha capito che lo spumante in Italia poteva benissimo scavalcare i cliché di gioventù e freschezza. Nacque così la prima grande riserva del Trentino, frutto di un pensiero lungimirante».
Una premessa storica che era giusto fare per introdurre il secondo importante capitolo. «Il
Giulio Ferrari Rosé racconta l’intensità del pinot nero di montagna. È una riserva Trentodoc rosè da pinot nero all’80% e chardonnay 20%. Le uve provengono dai migliori vigneti di proprietà della nostra famiglia. Una grande riserva che sarà prodotta solo nelle annate eccelse, in tiratura limitata, di poche selezionate bottiglie».

Villa Margon, teatro cinquecentesco della presentazione
La prima edizione, vendemmia 2006, è di 5mila esemplari, affinati sui lieviti per ben 10 anni, un inedito in Italia. «Ha vinto la sfida col tempo, sempre ardua per un rosé», ha continuato
Lunelli, «perché il tempo regala complessità ma al contempo occorre mantenere verticalità, finezza e freschezza». Un altro colpaccio dell’enologo
Ruben Larentis, da trent’anni al lavoro in
Cantine Ferrari.
E non il primo messo a segno dalla famiglia con questo vitigno così sublime ma pure complicato e capriccioso: «La nostra sfida al pinot nero inizia 40 anni fa, col
Ferrari Rosè. Sono venuti poi il
Perlé Rosè millesimato; il
Perlé Nero, un blanc de noirs 100% pinot nero vinificato in bianco e il
Maso Montalto, vino fermo, di solo pinot nero». Ora il
Giulio Ferrari Rosè, nuova ammiraglia della serie, destinata alle tavole dell'alta cucina, «il frutto di un’ossessione costruita in campagna e in cantina da tante persone che ringrazio».

Ravioli di gallina, burro e zafferano

Per dessert, Crema alla rosa damascena
La prova d’assaggio è tutta nelle parole dell’agronomo ed enologo
Marcello Lunelli: «Ne apprezziamo subito il colore rosa salmone che vira verso i bagliori ramati e il corallo. Un rosa molto intenso, espressione di pinot nero di alta montagna. Al naso esprime fragoline di bosco, confettura di rosa canina, mandorlato al caramello, ma l’elemento olfattivo che colpisce di più è la nota officinale, il tamarindo, il rabarbaro. Con la temperatura che si alza, sprigiona maestose note minerali che regalano un’austerità non comune».
«In bocca è raffinato, concentrato, molto ben bilanciato dalla vena sapida e fresca. Un rosè infinito nella sua verticalità, che lascia ricordi molto piacevoli di caffè, pepe bianco, arancia». Complesso ed elegante, lo attendiamo fiduciosi alla sfida del tempo.