24-11-2015

L'abc dell'ottimo sushi

Stefania Viti racconta in un suo recente libro dove si trova il migliore e come lo si deve mangiare

Stefania Viti, esperta di Giappone e di gastronomi

Stefania Viti, esperta di Giappone e di gastronomia nipponica, racconta in questo articolo tutti i segreti per riconoscere il miglior sushi e come mangiarlo al meglio

"Come l'Imperatore lo è del popolo, il sushi è il simbolo della cucina giapponese. L'Italia è l'ultima a scoprirlo, ma potrebbe essere la prima a innamorarsene per davvero. E a farlo diventare un piatto nazionale". Inizia così il saggio "Sua Maestà il Sushi" che Pio d'Emila, giornalista e nipponista, ha scritto per L'arte del sushi, il libro che ho curato per Gribaudo. Il libro raccoglie saggi di esperti che prendendo a pretesto il sushi ci raccontano vari aspetti della cultura gastronomica del Giappone. Ma cosa è il sushi?

La domanda potrà sembrare retorica e banale ma, di fatto, il piatto più gustato al mondo è anche tra quelli meno conosciuti. La definizione di Pio d’Emilia è tra le più belle e complete che abbia mai letto e che non dovremmo sempre tenere a mente quando ci riferiamo a questa pietanza: “Più che un piatto è un rito. Un manuale. Anzi, un compendio di antropologia gastroculturale”. Questa spiegazione, che ad alcuni potrà sembrare ridondante, esplicita invece in modo involontario (ed è questo il suo bello) l’approccio culinario che Jiro Ono – uno dei più grandi sushi chef del mondo, insignito nel 2008 di tre stelle Michelin – ha dato al suo lavoro, alla sua vita e alla sua filosofia: non ha mai scritto nessun libro di ricette. Perché il sushi non è una ricetta. È l’essenza stessa del Giappone e della sua cucina.

La seduzione che il sushi ha esercitato su mezzo mondo è figlia anche di questo equivoco. La semplicità della sua forma ci ha fatto credere di trovarci di fronte a un piatto banale. Si è capito solo dopo che si trattava, al contrario, di una delle ricette più complesse dell’intero universo culinario. E così, se fare il sushi è un’impresa destinata a pochi perché richiede un impegno e una dedizione fuori dal comune (in Giappone per diventare itamae, ossia sushi chef, ci vogliono anni di duro lavoro: solo due per imparare a cuocere il riso) possiamo invece essere sempre di più quelli che mangiano del buon sushi e lo sanno degustare.

Il California Maki è una sorta di preparazione "fusion": una variazione del maki sushi giapponese, nata negli Stati Uniti e poi esportata in Giappone

Il California Maki è una sorta di preparazione "fusion": una variazione del maki sushi giapponese, nata negli Stati Uniti e poi esportata in Giappone

Le regole per riconoscere un buon sushi
La prima regola da seguire, e che ci può indicare la qualità di un buon sushi, è la temperatura: il sushi viene servito tiepido, a temperatura ambiente, mai freddo. Il sushi, inoltre, si mangia in un solo boccone: evitiamo imbarazzanti situazioni in cui si cerca di tagliare la fettina di pesce con gli hashi, le bacchette, o di spezzarlo a morsi. Se andate in Giappone mettetevi l’animo in pace: il sushi “dewasabizzato” non esiste. Il wasabi, la pastella verde di rafano giapponese, fa parte della pietanza e si trova tra il riso e il pesce, mai a parte. Ricordate poi che la salsa di soia serve per bagnare appena la fettina di pesce, non il riso, che altrimenti si sbriciola. Se non siete avvezzi a usare gli hashi la tradizione giapponese vi viene in aiuto: il sushi lo si può mangiare anche con le mani e la bevanda tradizionale con il quale si accompagna è il tè.

Ricordatevi poi che il sushi più buono è sempre quello che l’itamae fa davanti ai vostri occhi e che i menù “all you can eat” non sono presenti nelle sushiya giapponesi. I menù delle sushiya dovrebbero variare spesso, nel rispetto della freschezza del pesce e del ritmo delle stagioni. Da ricordare inoltre che il sushi, in Giappone, è una pietanza speciale, che si mangia ogni tanto (non tutti i giorni come si crede spesso) e che, a meno che non abbiate un itamae in famiglia, non lo si fa in casa. 

Stefania Viti, giornalista professionista, di divide tra l’Italia e il Giappone, dove ha vissuto per dieci anni. Si occupa di società, attualità, moda, cultura, turismo con particolare riferimento al Giappone contemporaneo. I suoi articoli sono stati pubblicati da testate nazionali e internazionali tra le quali D la Repubblica, Il Messaggero, Repubblica.it, L’Espresso, Casa Vogue, GQ, Limes, The 
Japan Times, East e molte altre

Stefania Viti, giornalista professionista, di divide tra l’Italia e il Giappone, dove ha vissuto per dieci anni. Si occupa di società, attualità, moda, cultura, turismo con particolare riferimento al Giappone contemporaneo. I suoi articoli sono stati pubblicati da testate nazionali e internazionali tra le quali D la Repubblica, Il Messaggero, Repubblica.it, L’Espresso, Casa Vogue, GQ, Limes, The 
Japan Times, East e molte altre

Il futuro del sushi
Se queste sono le regole principali per degustare correttamente il sushi giapponese, vorrei spingermi un po’ oltre e spostare l’attenzione sul sushi creativo che mangiamo ogni giorno. Non è un caso se la prima parte de L’arte del sushi si chiude con i racconti gastronomici di Davide Oltolini, che ha intervistato alcuni tra i più importanti chef che lavorano in Italia e che si sono ispirati o che hanno reinterpretato questo piatto. Quando parliamo di sushi distinguere tra sushi e sushi creativo, fusion o in qualsiasi altro modo lo si voglia chiamare, è ormai necessario. Perché sono due pietanze diverse e perché se andrete in Giappone non troverete una sola sushiya giapponese che faccia sushi fusion.

Chef italiani e giapponesi che lavorano in Italia ci mettono ogni giorno di fronte a nuovi gustosissimi esperimenti culinari. Il sushi, insomma, ispira creatività e questo è quanto di meglio ci possa essere: a noi del mestiere sta oggi il compito di imparare a riconoscere il futuro di questo piatto. Nella speranza, come auspicava d'Emilia, che l’Italia si innamori per davvero del sushi, recuperi il terreno perduto e lo interpreti come nessun altro al mondo ha saputo fare. 

La copertina di L'arte del sushi (Gribaudo)

La copertina di L'arte del sushi (Gribaudo)

L’arte del sushi
All’articolo di Pio d’Emilia, che apre la prima parte del volume L’arte del sushi, quella più prettamente gastronomica, segue il saggio della giornalista giapponese Miciyo Yamada sulla geografia del sushi in Giappone, il racconto di Niccolò Geri sulla lunghissima storia di questo piatto e la mia intervista a Minoru Hirazawa che nel 1989 ha aperto a Milano Poporoya, la prima sushiya d'Italia; attraverso i suoi racconti gastronomici Davide Oltolini dà voce a otto grandi chef che lavorano in Italia e che si sono ispirati o che hanno reinterpretato il sushi. Il libro prosegue poi con interventi di natura più letteraria: Stefano Carrer ci spiega il rapporto tra sushi e economia, mentre l’associazione culturale Giappone in Italia ci racconta il bon ton della tavola giapponese.

Il rapporto tra sushi, letteratura e cinema viene narrato da Paola Scrolavezza, mentre chiude il volume la testimonianza di Graziana Canova Tura. Il libro è inoltre arricchito da tavole di manga originali e da varie schede di approfondimento, come quella sull’umami, il quinto gusto, o quelle sullo sviluppo del washoku (la cucina tradizionale jap, ndr) che contribuiscono a creare una visione più completa del mondo gastronomico giapponese. La prefazione è firmata da Allan Bay.


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a cura di

Stefania Viti

giornalista, si divide tra l'Italia e il Giappone, dove ha vissuto per 10 anni. Si occupa di società, attualità, moda, cultura, turismo con particolare riferimento al Giappone contemporaneo. I suoi articoli sono stati pubblicati da diverse testate nazionali e internazionali

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