L’infanzia contadina, i chilometri in bicicletta verso Brescia per entrare presto nel mondo del lavoro, l’idea che non esistano scorciatoie. C’è questo, e molto altro, nel ritratto di Angelo Stoppani, il "Signor Peck" come tutti lo conoscevano a Milano, tratteggiato da Paolo Marchi nel libro Un Angelo in bellavista (edito da Rrose Sélavy, 124 pagine, 19,50 euro, per acquistarlo scontato clicca qui). C’è tutto il mondo di un uomo che regnava tra "il banco dei formaggi e la cucina" di un locale che aveva costruito pezzo per pezzo: Peck, in Via Spadari. Lo stesso luogo che continua a essere un tempio dei sapori e della qualità, in cui il libro (e non poteva essere altrimenti) è stato presentato. Lo stesso luogo dove Angelo Stoppani, che con i fratelli Mario e Remo nel 1970 rilevò Peck dai fratelli Grazioli (il negozio venne fondato nel 1883 in via Orefici, sempre zona Duomo, da Francesco Peck, salumiere arrivato da Praga; poi fu rilevato da Eliseo Magnaghi e spostato nell'attuale sede a inizio Novecento), ha esercitato ogni giorno quell’etica del lavoro trasmessa a tutti coloro che hanno attraversato il suo cammino.

Le vetrine di Peck, in centro a Milano
Quell’angolo tra il banco dei formaggi e la cucina non era un ufficio e nemmeno un palco. Era un punto di osservazione: da lì "il signor
Angelo" teneva insieme le fila del suo “regno”.
Un Angelo in bellavista si concentra anche su questi particolari che, strada facendo, sono diventati il tema del racconto. «Dell’indice iniziale, tra l’altro bellissimo, che
Marchi mi aveva proposto strutturandolo in “aperitivo, antipasto, primo, secondo, terzo, dolce”, quando ho ricevuto le bozze non c’era più nulla», ha raccontato
Mauro Stoppani che, insieme alla sorella
Enrica, ha fortemente voluto questo lavoro di ricostruzione. «La gente arrivava con un ricordo, un dettaglio, un episodio, e questi materiali andavano messi dove stavano bene, non dove li volevo mettere io», ha spiegato
Marchi.

Angelo Stoppani nel giorno del suo matrimonio

Stoppani dietro al bancone
Allo stesso modo, la presentazione è diventata una raccolta di memorie. Dal desiderio «di vedere i figli che scartavano i regali il giorno di Natale», riaffiorato con lucidità dai ricordi di un amico che ha superato i 100 anni, alla moglie che la domenica gli faceva passare l’aspirapolvere. Dalla quasi regolare dimenticanza di andare a prendere a scuola la figlia, particolare ricordato proprio da
Enrica che mette a fuoco un padre totalmente dedito al lavoro e il cui affetto era manifestato in maniera “laterale”, come i genitori di una volta. «Tornava a casa tardi e usciva la mattina presto. Magari telefonava dicendo: “Un pezzo d’arrosto, lo vuoi?”. E se dicevi no, buttava giù la cornetta. Per lui rifiutare un cibo era un grossissimo affronto». Una consuetudine mai venuta meno. «A metà dicembre (la scomparsa è del 2 gennaio 2024) era ancora lì che cazziava
Mauro perché non aveva ritirato la sua metà di filetto che aveva messo da parte per noi. Quando se ne accorse aprì il cielo. Quella è stata l’ultima volta che l’ho visto che stava bene», continua con malinconia.
Se l’azienda ha preso forma intorno a una persona, i ricordi di chi ha lavorato con lui lo testimoniano più di qualsiasi definizione.
Gabriele Volontè, che è rimasto in casa
Peck per oltre vent’anni, ha sintetizzato il suo percorso: «Un lunedì al mese venivo da
Peck a finire di imparare. È durata ventidue anni. I tre fratelli erano uno l’incastro dell’altro, sincronizzati». La memoria fraterna è quella di
Lino, che dopo aver gestito
Peck con la famiglia, oggi è presidente nazionale di
Fipe-Confcommercio: «Se mettessimo insieme le cambiali firmate negli anni lastricheremo un’autostrada… Le banche contavano meno di oggi, perché pesava la testa dell’imprenditore e la capacità di comprare a debito».

Un Angelo Stoppani, già coi capelli bianchi, alle prese col taglio del salmone
E poi c’è la qualità dell materia prima, che per
Angelo Stoppani non è mai stata un costrutto astratto, ma solida concretezza. «Selezionava solo prodotti di primissima scelta, preparava personalmente il salmone affumicato, stabiliva i prezzi giusti», continua
Marchi. L'insalata russa e il patè di
Peck non si dimenticano, oggi come ieri. Ma
Angelo manteneva sempre un profilo basso, figlio della cultura del fare, che nemmeno la nomina a Cavaliere del Lavoro riuscì a scalfire.

Da sinistra Mauro Stoppani, suo papà Angelo, il conte Pietro Marzotto e il figlio Leone Marzotto, al momento dell'acquisizione di Peck da parte di questi ultimi, nel 2013
L’eredità di
Angelo Stoppani e della sua famiglia è stata raccolta nel 2016 dalla famiglia Marzotto. «Abbiamo la fortuna di avere una trasmissione di competenze che solo un’azienda di 140 anni con determinate logiche può dare», ha detto
Leone Marzotto, dal 2016 amministratore delegato di
Peck. Dove ancora si usano le ricette di
Angelo inserite nel libro così come appuntate in origine «solo con i pesi… perché lui faceva le cose a istinto».