Pensi all’Albania e non ti viene certo in mente cibo o vino. Eppure anche nel piccolo Stato balcanico, a noi storicamente così legato, il comparto food & wine muove i primi passi in prospettiva di una crescita che comporti anche la valorizzazione delle sue eccellenze. Per questo è stata lodevole l’iniziativa di Gourmeando che, d’intesa con l’ambasciata italiana a Tirana, ha organizzato un incontro per far conoscere i migliori prodotti agroalimentari del Paese delle Aquile.
Diciamo subito che le analogie tra alimenti albanesi e quelli riscontrabili nel resto dell’area adriatica – a mezza via tra influenze mediterranee e balcaniche - sono molte, con evidenti assonanze: dal formaggiaio si trova la rikota e il kackavall, mentre un buon street food è il byrek di pasta sfogliata e burro, ripieno di carne e/o verdure, un cugino prossimo del burek o börek turco, diffuso in tutta l’area d’espansione ottomana.

Un piatto di formaggio, involtini di foglia di vite e turshi, conserve di ortaggi sottaceto fatte in casa
Il
fërgesë è un piatto di carne e fegato di vitello, cotto con formaggio bianco, cipolla, peperoni e paprika; da Nord – più freddo, montagnoso e carnivoro - a Sud-Ovest aumentano le ricette a base di vegetali, dei quali il Paese è ricco, e pesce. Si mangia una sorta di lasagna di melanzane con carne macinata, cipolla e riso, aromatizzata magari con aglio e alloro; e una zuppa a base di latte, carne di capretto, menta e limone, tipica della
Labëria, una regione dell’Albania meridionale, magari accompagnandola con
turshi, conserve di ortaggi sottaceto fatte in casa (sono nell'
Arca del Gusto Slow Food), e ottimo pane di mais.
E ancora: agnello con la yogurt, tacchino pershesh (con pane kulaç, ossia non lievitato, menta, aglio e cipolla), fino all’ashura, dessert d’origine turca fatto con grano cotto nel miele, e poi condito con frutta secca (ricorda questo racconto di Corrado Assenza). Noi abbiamo assaggiato questi piatti al ristorante Delano del cuoco Alonso Troka, 28 anni.
E’ però Sokol Prenga, classe 1973, lo chef più famoso del Paese, impegnato in numerose attività – anche con Terra Madre – e popolare per le sue apparizioni televisive come giudice nel Masterchef locale. Ha avuto esperienze in Olanda, Grecia e Italia, ma non si è montato la testa: «Non voglio cambiare le ricette, ma la presentazione. Rispetto la tradizione, solo la alleggerisco un po’, diminuisco grassi e quantità». Si sforza di creare reti di produttori e allevatori di qualità, «a settembre salgo in montagna coi pastori, prima che scendano verso il mare sfuggendo il freddo». Per Prenga il meglio che l’Albania possa dare è proprio nel latte e i suoi derivati, oltre che nelle carni: agnello, pecora, capra, pochi bovini «perché mantenere una vacca costa». E poi erbe e verdure selvatiche, un vero e proprio patrimonio immeso.

Sokol Prenga e Alessandro Giampietro
A questo proposito, è bella la storia di
Federico Sacchetto, padovano di 29 anni. Da tre anni produce a Dumre, nella sperduta Albania centrale, un eccezionale zafferano. «Cercavo una zona che fossa vocata a questo tipo di produzione. Quando mostrai al mio socio locale,
Dervish Elezi, un fiore di zafferano, lui sgranò gli occhi: “Lo riconosco!”. Era uguale a quei fiori selvatici che, lui giovane, trovava nella zona di Dumre, e i cui bulbi venivano mangiati dai contadini». Così
Sacchetto scoprì per caso una microzona vocata: ora la sua
Victus Fed ha mezzo ettaro messo a produzione con i bulbi prelevati da Navelli. Tutta la lavorazione è a mano e senza l’uso di sostanze chimiche, certificata, e con rese qualitativamente eccellenti. Ci fa anche una
raki – la tradizionale grappa balcanica – aromatizzata.
Non è l’unico italiano a guardare all’Albania del food con favore. Alessandro Giampietro, 46 anni, chef romano (è stato al Lord Byron e al Relais Le Jardin), è sposato con una donna albanese e da 6 anni lavora a Tirana: «Questa è una prateria gastronomica ancora da scoprire, bisogna che si sviluppi una cultura adeguata. Si trovano tanti coltivatori “naturalmente bio” che producono vegetali di gran pregio». Quando è arrivato, ha proposto una cucina mediterranea fusion, ma ora si diverte a valorizzare sempre più le materie prime autoctone, in piatti di puro stampo italo-albanese: «Ci sono mieli grandiosi, specie quello di corbezzolo. Formaggi e agnelli saporitissimi. L’olio è molto migliorato, specie nell’area di Berat. Così come il vino bianco da uve Kallmet. E pesci d’acqua dolce: trote, carpe, cefali».

Uno squisito Agnello caramellato al miele di corbezzolo con purea di patate e zafferano di Dumre, piatto di Giampietro
Spiega
Prenga: «Le tante dominazioni straniere della costa e le paludi malsane hanno costretto gli albanesi a rifugiarsi sui monti, così c’è poca tradizione di pesce di mare, mentre dominano prodotti “a lunga conservazione”, adatti cioè a divenire riserva di cibo durante i freddi inverni in altura», come il formaggio nel burro o le salsicce sotto il lardo.
All’incontro organizzato da Gourmeando a Tirana partecipavano molti esponenti del nuovo comparto agroalimentare di qualità albanese. Oltre a Victus Fed con il suo zafferano, anche la frutta sciroppata di Pro Përmet, gli ottimi aceti di frutta bio Agro Fruit, i frutti rossi di Super Berry, o il sorprendente olio extravergine Musaj, da olive tipologia Kalinjot, premiato anche a Lecce con la medaglia extra gold, al Biol 2016. E ancora: i vini di Kantina Arberi, l'agnello di Qengjat e Jonit, il miele Shoqata e Bletarise Shkodrane.
«Noi albanesi sappiamo produrre, cucinare e mangiare bene. Ci manca ancora il marketing, la capacità di comunicare – conclude Prenga – Vogliamo dialogare con l’Italia: abbiamo tanto in comune!».