18-11-2021

TheFork Restaurants Awards 2021: il racconto dei finalisti – Terza parte

Guglielmo Chiarapini, Vincenzo Digiuseppe e Lorenzo Vecchia: altre tre giovani promesse lanciano un messaggio di speranza per la ripartenza e spiegano come hanno fatto tesoro dei momenti difficili

Lo chef Lorenzo Vecchia, tra i 10 finalisti TheFo

Lo chef Lorenzo Vecchia, tra i 10 finalisti TheFork Restaurants Awards 2021

Si conclude oggi il nostro viaggio alla scoperta degli chef che si sono guadagnati la finale dei TheFork Restaurants Awards 2021 per la forza e la positività con cui hanno affrontato i momento difficili della Pandemia. Oggi ricordano quelle giornate con riflessività, felici di aver fatto tesoro di quei momenti duri per raggiungere nuovi traguardi di consapevolezza.

Francesco Capuzzo Dolcetta e Guglielmo Chiarapini, chef di Marzapane, Roma

«Ho iniziato il mestiere da piccolissimo, ricordo ancora la prima insalata di pomodori che preparai per mia madre – dice Guglielmo Chiarapini -. Da lì è nato il mio tarlo per la cucina. Ho fatto il liceo Classico e iniziato l’università, ad un certo ho capito che non era la mia strada. Il coraggio è stato quello di ripartire da zero, ero già grande, con la tensione di non deludere i miei genitori, che mi hanno aiutato economicamente e che hanno fatto grandi sforzi per me. Pian piano mi sono accorto che la cucina mi veniva naturale. Facevo tante ore in piedi in cucina, senza fatica. Guardavi gli altri, stanchi: io no! Ad Alma ho conosciuto Francesco, è nata un’amicizia e siamo andati insieme in Francia. Era il nostro primo lavoro all’estero, la prima esperienza da soli, senza sapere la lingua. Momenti cosi ti fanno “legare” in fretta.  Lì ci siamo promessi che ci saremmo reincontrati per fare qualcosa di nostro».

Lo chef Guglielmo Chiarapini 

Lo chef Guglielmo Chiarapini 

E così è successo, complice la fiducia del patron Mario Sansone, che ha capito la forza della loro unione.

«Non ci siamo lasciarti abbattere dalla pandemia – dicono Guglielmo e Francesco -. L’idea è stata quella di fare uno street food di qualità che fosse originale su Roma. Inizialmente abbiamo proposto l’anatra in servizio delivery: idea che non aveva mai avuto nessuno e che ha riscosso grande successo a Roma. Durante il lockdown un’altra doccia fredda: abbiamo dovuto cambiare location.  Da lì la decisione di lavorare in modo sempre più smart, eravamo solo in due. Abbiamo iniziato a lavorare su hamburger e pollo fritto, ma fatti come si deve. E li ci siamo accorti che …la gente lo apprezzava! Ci ha fatto piacere essere apprezzati come “l’hamburger più buona di Roma”. Abbiamo capito che, il pubblico che già ci conosceva, ci sosteneva anche nella scelta di una cucina più semplice. Una bella soddisfazione».

Marzapane, Roma

Marzapane, Roma

«Abbiamo fatto tesoro di tutto ciò che ci è capitato durante la Pandemia – concludono Guglielmo e Francesco –. Ancora oggi abbiamo deciso coscientemente di staccarci dall’alta cucina e di offrire gusto e sostanza. Ci siamo fatti fare una griglia da un artigiano in Sicilia che ci ha fatto “svoltare” sulla cottura delle carni e del pesce. Tra i nostri cavalli di battaglia ci sono il Risotto alla zafferano con grasso di rognone e molti piatti che assorbano la forza del gusto del fumo. Siamo tornati alle origini. Per noi si può fare alta cucina con ingredienti semplici e, per assurdo, è stata proprio la Pandemia a scatenare questa riflessione».

Vincenzo Digiuseppe, chef di Ottolire, Locorotondo (Bari)

«La mia passione nasce dal ricordo dei nonni – spiega Vincenzo Digiuseppe -. L’involtino di verza ripieno di salsiccia di mia nonna è un ricordo così intenso che adesso lo ripropongo anche nel mio ristorante. E’ mutato in una una verza ripiena di salsiccia tagliata a punta di coltello, avvolta da rete di maiale e accompagnata da una crema di verza. Piatti antichi che tornano a nuova vita. Ottolire nasce nel 2018 e io sono l’executive chef dal 2019. Ho lavorato bene per 7 mesi. Allo scoppio della Pandemia abbiamo chiuso e io ho riscoperto una nuova dimensione casalinga. Ho approfittato del tempo per studiare, ho fatto foraging, ho trovato numerosi momenti di pace nella natura. Stavo spesso al mare, per respirare un’energia nuova. Anche fare il pane a casa è stato importante. È un gesto antico. Quando lo guardo cuocere, crescere, e fare la crosta mi emoziona. Oggi continuo a farlo per il ristorante».

Lo chef Vincenzo Digiuseppe 

Lo chef Vincenzo Digiuseppe 

Momenti di silenzio che hanno portato a nuova creatività: «Durante la Pandemia ho creato nuovi piatti – spiega lo chef -.  Nuovi spunti sono venuti dai pranzi in famiglia. Un giorno in casa ho fatto delle orecchiette al ragù con il sugo con le braciole. Mi è venuto in mente di trasformarle in una portata del ristorante: un Cappelletto ripieno di ragù di braciola con fonduta di Parmigiano e puntarelle crude in pinzimonio».

Dalla casa al ristorante, ricordi di famiglia che si trasformano in piatti gourmet.

Ottolire, Locorotondo (Bari)

Ottolire, Locorotondo (Bari)

«Ora per fortuna siamo ripartiti al massimo e c’è tanta voglia di creatività – conclude Digiuseppe-. Stiamo lavorando tantissimo sul vegetale perché le verdure sono un mondo da riscoprire. La nostra forza è il nostro magnifico orto. Anche durante la pandemia l’ho curato e coltivato. I miei piatti continuano a nascere dalla semplicità di un gesto. Oggi direi ai miei colleghi che non bisogna mai mollare, confidando nell’affetto della propria famiglia.

Da Ottolire ho trovato una seconda famiglia, oltre alla mia, e questo per me ha un valore umano importantissimo».

Lorenzo Vecchia, chef di Ahimè, Bologna

«Per me la cucina è stata un’ancora di salvezza in un momento turbolento della mia vita – spiega Lorenzo Vecchia -. Dapprima, a 15 anni, è stato un lavoro per guadagnare qualcosa e, anzi, quasi non mi piaceva cucinare. Ero un po’ una testa matta. Poi, per cercare di vincere una borsa di studio in Canada, ho scritto a Cracco. Mi ha preso in cucina e da lì è cambiato tutto. Ricordo ancora l’insalata russa caramellata. Piatto complesso e meraviglioso.  Ahimè nasce da un’idea dei miei soci di fare una vineria con cucina. La Pandemia era lontana. Dovevo essere più che altro un consulente esterno. Poi, a forza di venire a Bologna, mi sono accorto che il progetto mi piaceva sempre di più e mi stavo innamorando della città. Così ho deciso di stabilirmi in loco e creare un vero ristorante».

Lo chef Lorenzo Vecchia e il suo team

Lo chef Lorenzo Vecchia e il suo team

«A dicembre 2019 e a cavallo del 2020 abbiamo firmato le carte. A marzo ci hanno bloccato –continua Vecchia -. Eravamo terrorizzati. Ci siamo trovati col cantiere fermo con un locale che non poteva andare avanti. Un delirio! Abbiamo continuato a sentirci da remoto, a lavorare con le idee. Ma non si poteva fare niente di pratico. Abbiamo pazientemente atteso che si potesse tornare a mettere le mani in pasta. Da lì l’idea di cambiare ancora e fare un ristorante con una proposta dal mattino alla sera. La Pandemia ci ha fatto evolvere, per più di una volta».

«Alla fine abbiamo aperto il 21 luglio: io ero l’unico in cucina, il mio socio Gianmarco stava in sala…altro che gli 8 dipendenti come si pensava all’inizio! Facevamo tutto da soli. Senza risparmiarci. E siamo rimasti in piedi».

Ahimè, Bologna

Ahimè, Bologna

«Sono stati giorni difficili, ma abbiamo continuato senza mai abbatterci – conclude lo chef . Oggi non siamo più soli e lavoriamo in 6. Pian piano, ne siamo usciti. Da tutto questo dolore, ho ricavato un messaggio positivo. Basta stringere i denti e aver voglia, il resto viene da sè. Abbiamo messo anima, passione e grinta nel lavoro, e ce l’abbiamo fatto. Oggi è il nostro è un locale che sta bene. Le difficoltà ci hanno fortificato come gruppo. Ci hanno reso una famiglia. Io e il mio socio Gianmarco siamo come fratelli. È stata una bella sfida, ma ora ne sorridiamo».


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Annalisa Leopolda Cavaleri

giornalista professionista e critico enogastronomico, è docente di Antropologia del Cibo e food marketing all'Università di Milano e all'Università Cattolica. Studia da anni il valore simbolico del cibo nelle religioni e collabora con alcune delle più importanti testate del settore

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