Per noi amanti del disco lievitato la costa dell’Adriatico ci ha riservato di recente una piacevolissima sorpresa, precisamente a Roseto degli Abruzzi in provincia di Teramo. Tappa a dir poco obbligatoria, quindi, da Pizzeria Anima Concept, un luogo informale, senza fronzoli (dove presto verranno avviati i lavori di ristrutturazione) che sposta a buon motivo tutta l’attenzione sul prodotto: la pizza.

Uno scorcio della sala di Anima Concept
A prendersene cura è un giovane appassionato di lievitati, Luca Valle, che è anche patron di Anima: agli esordi, rientrato da diversi viaggi tra Francia e Germania, preparava soprattutto pizze in teglia per un bar della zona, ma intanto la passione cresce, e studi e curiosità suggeriscono a poco a poco il bisogno di una casa tutta per sé. Ed è così che nel 2019, il 21 novembre, apre Pizzeria Anima Concept, una data scelta non a caso, «perché 21 grammi è il peso dell’anima» (ed ecco spiegato il nome del locale).

Luca Valle, patron e pizzaiolo di Anima Concept a Roseto degli Abruzzi (Teramo)
Tempismo non proprio perfetto, perché di lì a poco arriva il Covid e con questo, tutte le tempeste che solo duro lavoro e tanta tenacia permettono di superare, con la ferma convinzione che la sola risposta possibile a quanto stesse accadendo altro non era che la qualità. A partire dalle farine: Luca, infatti, ha sempre prediletto farine di tipo 1 o tipo 2, per il gusto ricco che crusca e germe di grano riescono a conferire all’impasto, prodotti che, ora come ora, permettono anche di fare a meno del forno a legna, giustificando la predilezione dell’elettrico, il quale non solo assicura costanza nel risultato, ma non aggredisce farine così buone, diversamente da quanto accadeva in passato, quando l’utilizzo di farine doppio 0 di scarsa fattura, e meno complesse nel gusto, “sfruttava” a proprio favore il sentore di fumo sprigionato dalla cottura a legna. «In pratica dovevi “colorare” l’impasto per ottenere più sapore», commenta Luca.

La Margherita contemporanea
Ed ecco che il locale parte, almeno inizialmente con una proposta di pizza contemporanea e padellini, ben fatti, apprezzati, ma tanti giri e il desiderio di non accontentarsi della staticità, offrono oggi la possibilità al cliente di scegliere fra almeno 8 tipologie di impasti tra cui una new entry a vapore.

Il padellino, vaporoso, appena croccante fuori: una nuvola da mordere
Una vera e propria rivoluzione però avviene quando per la prima volta Luca introduce la pizza romana croccante e sottile… ma che dire sottilissima. Dopotutto, la Capitale non è così lontana dall'Abruzzo - e sicuramente è più vicina rispetto a Napoli - ma il vero punto stava nel recuperare una tradizione ben radicata, aggiornata ai canoni qualitativi odierni. Tra gli anni ’80 e gli anni’ 90, infatti, la pizza più diffusa in zona era proprio quella sottile e scrocchiarella, peccando però in termini di qualità, sia in merito alla cottura, sia alla gestione degli impasti e all’uso di farine non proprio eccellenti. Una pizza del passato, dunque, in chiave moderna, una risposta alla diffusione a macchia d’olio della pizza a canotto, ormai abusata (e spesso lavorata senza criterio).

La pizza alla romana, sottile e croccante
Interessante anche la maniera in cui viene proposta al tavolo: a differenza delle altre tipologie di pizza, quella sottile non figura in menu. Luca, infatti, preferisce lavorare sulla comunicazione diretta, umana dei suoi ragazzi a cui lascia il compito di comprendere quale tipo di impasto si adatti maggiormente al gusto dell’ospite, affidando loro delucidazioni in merito alla tecnica di stesura - per esempio - che, in questo caso specifico, avviene come da tradizione con il mattarello assicurando così, la totale assenza del bordo (mentre quando viene stesa a mano, resta comunque un leggero sollevamento del cornicione), che cuoce abbrustolendosi appena appena, assicurando quella leggera e piacevole bruciacchiatura che non soffoca, ma accentua il gusto delle farine.
E arriviamo agli assaggi: a partire dalla contemporanea, cornicione soffice e sollevato, ma contenuto, ben gestito in cottura, fragrante; si scioglie sul palato evitando spiacevoli morsi gommosi; poi, il padellino, strutturato, dal guscio appena croccante, alveolatura pronunciata all’interno e ricco topping in superficie.

La pala farcita con porchetta, misticanza e datterino confit
Quindi le nostre preferite: la pala farcita (solo per questa tipologia Luca opta per una farina tipo 0), due strati dorati, croccanti, ma con ancora una percentuale di sofficità che accoglie il ripieno - fresco e golosissimo quello a base di porchetta, misticanza e datterino confit, che esplode sul palato con tutta la sua dolcezza -. E, naturalmente, la sottile: scrocchiarella, sfiziosa, appena abbrustolita sulla circonferenza perché il bordo qui non esiste, accentuando la bontà dell’impasto, steso magnificamente col mattarello, rendendo irresistibile un assaggio dietro l’altro. Ed è curioso notare, soprattutto alternando le tipologie, la maniera in cui la farcia assuma un’identità completamente diversa a seconda della base sui cui poggia, valorizzandosi reciprocamente.

La scrocchiarella nella versione Fiamma d’Abruzzo
Noi, per esempio, abbiamo trovato semplicemente perfetti i due assaggi in chiave sottile: un grande classico, la Capricciosa, sincera, equilibrata, un tuffo negli anni ’80 e quel piacere immenso di piegare una fetta e sentire ben distinti i carciofini arrostiti e la carnosità del prosciutto cotto, e poi una Fiamma d’Abruzzo, con ventricina teramana, piccante il giusto; l'insaccato si scalda grazie al calore dell’impasto appena sfornato, i pomodorini gialli semi-dry mitigano la spezia decisa, mentre il provolone del Monaco forgia l’identità di questa pizza, sostanziosa e generosa come gli animi d’Abruzzo. Alla stessa maniera, una Bufalina, ricca di latte, incontra la sua base ideale in una contemporanea.
Il sogno di Luca? Una pizzeria dedicata interamente alla sottile&croccante da sviluppare con l’introduzione del forno a nastro che offrirebbe un risultato ancora più soddisfacente e una cottura più omogenea. «Prima di qualsiasi passo, non mi asterrò da uno studio di settore. Mi rendo conto che in una cittadina di 20.000 abitanti quale è Roseto, ci sono almeno 20 pizzerie. Ogni apertura deve nascere in funzione del servizio che può apportare, affinché una proliferazione di attività non crei spiacevoli fenomeni di concorrenza, che è sempre positiva, ma è opportuno che ci sia un minimo di controllo per consentire a tutti di lavorare al meglio».
Accoglienza familiare e un’altissima digeribilità dei prodotti, non possono che farci apprezzare ancora di più questa piccola realtà d’applausi. Evviva l’Abruzzo!