Lo scorso aprile sul gradino più alto del Campionato Mondiale della Pizza svoltosi a Parma sono salite due donne, Giulia Vicini e Giulia Zanni, giovani e promettenti pizzaiole del Giuly Pizza di Castelli Calepio (Bergamo), con la loro pizza “buona e sostenibile”. Due ragazze campionesse mondiali della pizza: non accadeva dal 2008 che fosse colorato di rosa il podio di questa competizione, che da 31 anni riunisce e mette in gara pizzaioli da tutto il mondo. Prima di Giulia&Giulia, ben 16 anni fa, ultimo nome femminile vincitrice del titolo mondiale era stato quello di Rosa Casulli della pizzeria McRose a Putignano (Bari): una generazione diversa, territori agli antipodi e pure visioni differenti (ma neanche troppo) della pizza. Nella lunga attesa di un bis, qualche segnale c'era stato, qualcosa era cambiato: le pizzaiole in gara erano aumentate. Aumentano ogni anno.
La notizia della vittoria di Parma ci dà l’occasione per entrare in un discorso più ampio, quello del binomio “donne e pizza”. Un tema che nell’ultimo periodo fa capolino nelle riflessioni della stampa di settore e nei programmi tv: si cerca di accendere i riflettori su un mestiere da sempre visto come machista e che invece – nonostante le donne pizzaiole siano ancora in numero ben inferiore rispetto agli uomini – è adatto proprio a tutti. La conferma avviene ascoltando le storie personali, i racconti di vita, i pensieri e le riflessioni delle varie pizzaiole che si sono affermate nel nostro Paese.

La vittoria di Giulia Vicini e Giulia Zanni al Campionato Mondiale della Pizza
Non è infatti un fenomeno del tutto nuovo. Torniamo ad esempio al
Campionato Mondiale della Pizza: dal 1992 a oggi le donne sono sempre state presenti. Non si tratta, insomma, di un cambiamento recente. Già la prima edizione ha avuto la sua campionessa, considerando che nel 1992 era prevista la distinzione tra uomini e donne in gara: salì sul podio
Fabiola Nardi. Dall’anno successivo questa distinzione di genere venne eliminata e si gareggiò insieme: si dovette attendere pochi anni, il 1998, per vedere trionfare la primissima campionessa mondiale,
Sheila Marra per la categoria "pizza classica". Seguirono nel 2002
Elena Spera per la "classica" e
Filomena Paolella per la "teglia"; nel 2008 fu la volta come detto di
Rosa Casulli e poi ecco
Alessandra De Bellis nel 2012 per la "pizza senza glutine" e
Laura Meyer l'anno successivo per la "pizza in teglia". Più recentemente abbiamo avuto
Camelia Rusu sempre primo posto nel 2022 per la "teglia" e la stessa
Giulia Vicini - allora ventenne - trionfatrice nel 2023 per la categoria "pizza sostenibile", prima di fare il bis di questo premio speciale quest'anno e aggiudicarsi anche il titolo assoluto con la sua socia e amica. Nel 2024 le donne in gara sono state 67, il 9% degli iscritti totali; dal 1992 al 2024 è salito a 330 il numero delle concorrenti che hanno partecipato alla competizione.
Al di là di questi allori, è possibile stimare il numero di pizzaiole in Italia? Ci ha provato lo stesso Campionato Mondiale della Pizza: parrebbero essere quasi 9mila. Una cifra, questa, cui si giunge considerando i dati interni dell’organizzazione della gara incrociati con quelli delle Camere di Commercio, tenendo conto quindi di codice fiscale, partita Iva, area geografica, codice Ateco 56, stato di operatività eccetera. Sembrano tante, 9mila pizzaiole: forse troppe, è probabile che 9mila sia piuttosto il numero di "donne titolari di pizzeria". Spiega intanto Massimo Puggina, patron del Campionato ed editore della rivista Pizza & Pasta Italiana: «Si tratta di una stima e non di un dato certo, che deriva dal numero di donne risultate prime esponenti di ogni società che abbia un'attività ristorativa che comprenda la pizza. In particolare negli anni tra il 2020 e il 2022, su 6.289 nuove aziende, 1.941 hanno un primo esponente di genere femminile. Nel 2023 sono state 669 su 2.140 nuove aziende. Ovviamente a queste cifre dobbiamo togliere le aziende (non poche) che hanno chiuso in questi anni. L'analisi di genere è stata svolta su tutto il nostro database portandoci a un dato di 8.781 su 79.831 aziende, con un totale pari all'11% medio (quasi 9mila, appunto). Conforta anche il confronto con i dati comunicati dalla Fip (Federazione Italiana Pizzaioli), che vanta 55 donne iscritte, contro 600 uomini. Ci attestiamo insomma intorno al 9%».
Le donne in pizzeria non sono poche, seppur ancora in numero largamente inferiore se facciamo il confronto con gli uomini e soprattutto se pensiamo come quello del pizzaiolo sia un lavoro ancora percepito come quasi esclusivamente maschile
Per quanto la matematica non sia un’opinione e codici Ateco e codici fiscali siano a loro volta oggettivi, non sempre c’è corrispondenza tra l’essere donna titolare (o contitolare) di una pizzeria ed essere effettivamente la pizzaiola di quella attività. Nella maggior parte dei casi è vera la prima ipotesi, magari col marito impegnato al forno, tra impasti e pala. Eppure, pur facendo la tara di qualche approssimazione nelle stime, di certo queste ultime ci indicano un range di presenza femminile nel comparto pizza, indipendentemente dal ruolo ricoperto, importante e sottostimato. Le donne in pizzeria non sono poche, seppur ancora in numero largamente inferiore se facciamo il confronto con gli uomini e soprattutto se pensiamo come quello del pizzaiolo sia un lavoro ancora percepito come quasi esclusivamente maschile, se non addirittura maschilista per certi versi. Dalle testimonianze che abbiamo raccolto tra molte donne pizzaiole, emerge come in un passato anche recente sia dovuto passare del tempo prima di essere pienamente "accettate" - o per meglio dire comprese - persino dalla clientela.
Non vogliamo però affrontare il tema della donna nel mondo pizza in modo retorico, raccontando storie ed esperienze attraverso un mero confronto con il genere maschile e trattare il caso come ci fosse una minoranza da valorizzare; vorremmo cercare invece di farlo risaltare come una realtà quotidiana, anche se per molti ancora non lo è. Le donne pizzaiole si stanno facendo strada in un mondo di soli uomini con determinazione e competenza, a dirla tutta molto più di tanti colleghi che, alla ricerca di un lavoro, negli anni passati si sono improvvisati pizzaioli. Il numero di professioniste cresce a vista d’occhio, soprattutto tra le nuove generazioni; e se fino a qualche anno fa potevano incontrare più d'un ostacolo, oggi nessuna lamenta particolari discriminazione di genere, né è vista come un’aliena quando dichiara di voler diventare una pizzaiola.
Ce lo conferma la stessa
Rosa Casulli, che dopo la sua vittoria di 16 anni fa è diventata un punto di riferimento nel mondo della pizza al femminile (e oggi gira anche per l'Italia come docente di corsi, o per workshop ed eventi. Attualmente è anche docente e partner della
Scuola Italiana Pizzaioli per la Regione Puglia, dove si è formata e dove è impegnata in corsi di specializzazione di panificazione e di pizza classica): «Provo grande soddisfazione e orgoglio nel constatare come il numero di pizzaiole sia notevolmente aumentato, ne ho incontrare parecchie anche durante l'ultima edizione del
Campionato mondiale, oltretutto davvero molto brave e preparate. Certo: ancora oggi non sono tantissime quelle che intraprendono questo percorso, al contrario di quanto accade nella ristorazione in generale, e in effetti va anche detto che quello del pizzaiolo è un lavoro faticoso e non facile da coniugare con gli impegni in famiglia, pensate alle tempistiche di lievitazione e preparazione che tengono occupati per buona parte del giorno, alla gestione dei fornitori e poi agli stessi orari di servizio, quasi sempre serali». C'è un ulteriore ostacolo: «Se sei donna devi per forza di cose impegnarti il doppio per emergere nella competizione con il pizzaiolo “maschio”». Eppure, le cose stanno finalmente cambiando.
(1, continua)