Sono diventata ristoratrice perché mi piacevano i ristoranti. Lavoravo come segretaria, non era male, ma “andare a mangiare fuori” mi piaceva da matti. Erano tempi in cui le aziende non badavano a spese e con i colleghi del commerciale si sceglieva sempre il meglio. Mi ricordo un'insegna in via Marghera, Armando, famoso per le primizie di stagione e per i conti salatissimi, un altro in Corso Sempione, al primo piano, Da Romano, molto elegante.
Sono entrata in questo mondo andando ad aiutare Pinuccia, un’amica che aveva un ristorante in Via Bramante, si chiamava il Bramantino. Era divertente, la cucina era casalinga, mi ricordo la Polenta con le uova e i porcini, e la cuoca Tina era molto brava, innamorata del suo lavoro, infatti ha poi lavorato per molte case milanesi. Volevo andare in Inghilterra a fare la cameriera ma la mia amica Carla mi ha semplicemente detto “sei vuoi fare questo mestiere non c’è bisogno di andare all’estero, lo puoi fare anche a Milano”.

La sala del Timè vista attraverso un calice
Così ho fatto, iniziando alla
Libera, poi al mitico
Banco per continuare con le
Bandiere, approdando al
Timè. Sempre sotto l’egida di
Italo Manca, un signore che a
Milano si è fatto conoscere per i suoi locali, la sua professionalità ma anche per la sua eleganza innata. Nei mitici anni Ottanta, con
Italo ho frequentato i ristoranti dell’allora nascente “nouvelle cusine” italiana, ce n’erano tanti, ma molti improvvisati (adesso non è più così, i cuochi sono veramente cuochi e spesso aprono con soci danarosi). Il migliore e anche il più serio era
Gualtiero Marchesi in
Via Bonvesin della Riva, il Signore della Cucina Italiana, personaggio unico e ancora insuperato. Ma era troppo avanti e i milanesi non ci andavano. Adesso i suoi allievi spopolano e i milanesi li amano...
Gli anni della Libera e del Banco sono stati quelli della Milano da bere, non c’era un momento di pausa e i clienti erano sempre rilassati, si divertivano e noi ci divertivamo lavorando: poi tutti sanno com’è finita! Il mio primo ristorante è stato Le Bandiere in via Palermo, la cucina si ispirava alla regione del triveneto, andando a cercare i prodotti sul luogo, la carne salada in Trentino, il prosciutto cotto affumicato e lo speck a Egna, il prosciutto crudo a Sauris, la ricotta affumicata nella Carnia, il montasio a Belluno, la casatella a Treviso, per il vino c’era solo l’imbarazzo della scelta, ma la birra era la Moretti.
Avevo una socia che di cucina capiva poco ma era una donna speciale che mi ha aiutato con il suo savoir faire, al 1985 al 1999. Dal 2000 sono al Timè. Qui la cucina parte dalla tradizione per poi cercare di offrire anche qualche abbinamento nuovo, per esempio i Paccheri al cacio e pepe di Sarawak con gamberi rossi oppure il Nasello con pesto di alga nori e caponata alla siciliana: veramente buoni! Lavoro con cuochi giovani a cui piace provare nuovi piatti, utilizzando anche le nuove tecniche di cottura che ormai da anni stanno rivoluzionando il mondo della ristorazione. Questo è stimolante e devo ammettere che i risultati sono a volte soprendenti.

Il locale di Patrizia Maraviglia viene periodicamente arricchito dalle mostre di vari artisti
La ristorazione sta cambiando e poi ci sono i nuovi mezzi di comunicazione e qui devo dire che faccio abbastanza fatica a tenermi aggiornata, onestamente direi che non lo sono. Posso dire che faccio il lavoro che ho desiderato fare, ma la mia amica si sbagliava: era meglio andare all’estero e questo lo rimpiango. Sono nella ristorazione dal 1982, ho imparato lavorando e sbagliando, forse mi è mancata una vera scuola di
hotellerie,
ma ho sopperito con un servizio disinvolto e simpatico (spero).
Comunque il mio locale è accogliente, la cucina è onesta, non lesiniamo con le materie prime e sono premiata dalla qualità della clientela che mi permette di fare conoscenze interessanti. Siamo in Brera e così ospitiamo mostre di artisti, che con i loro lavori rinnovano il decoro del ristorante e magari fanno anche qualche vendita. Però la fatica è tanta, forse troppa, a volte penso: “ma non era meglio continuare ad andare al ristorante?".
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