27-12-2018

Dalle "Cuoche che volevo diventare" alla ristoratrice che sono diventata

Roberta Corradin interviene dopo l'articolo di Paolo Marchi sulla Michelin e le donne. E ci racconta la sua avventura...

Antonio Cicero e Roberta Corradin davanti all'

Antonio Cicero e Roberta Corradin davanti all'entrata del loro Il Consiglio di Sicilia, a Donnalucata, provincia di Ragusa

Questa storia prende le mosse da facebook. Quando il 18 dicembre Paolo Marchi ha condiviso l'articolo di Identità Golose sulla Michelin “sempre avara con le donne”, mi è scappato il commento: «Fosse solo la Michelin». Il giorno dopo Marchi mi ha telefonato, e io ho risposto come faccio sempre «Il Consiglio di Sicilia, buona sera, sono Roberta». Il mio ex-collega, che non sentivo da una decina di anni, è rimasto interdetto.

Ma qui ci vuole un rewind.

Alcuni dei libri di Roberta Corradin

Alcuni dei libri di Roberta Corradin

Dieci anni fa, nel 2008, pubblicai da Einaudi Le cuoche che volevo diventare. Avevo 44 anni e in quel libro raccontavo il mio sogno: smettere di scrivere di ristorazione sui giornali e aprire un ristorante mio.

Dieci anni dopo, nel 2018, ho un ristorante che compie 10 anni, perché mio marito, stratega del futuro, l'ha aperto per me prima che ci conoscessimo. Io pensavo di aprirlo a Samoa e di chiamarlo Ravioli, Antonio l'ha aperto a Donnalucata e l'ha chiamato Il Consiglio di Sicilia (come il romanzo di Sciascia) ma la pignoleria è fuori luogo, quando i desideri si avverano.

Dovrei stare sul tema, la Michelin e le donne, ma perché? Perché questo tema me l'ha assegnato un uomo. E con questo, ho già detto tutto. A noi donne, incluse le cuoche, che volutamente non chiamo qui chef, è richiesto di svolgere dei compiti. Non è una novità: è così da millenni. Possiamo essere brave e bravine, ma l'eccellenza indispone. Per ogni donna eccellente, incluse le cuoche, si trova sempre almeno un uomo a cui questa eccellenza sta sulle balle. Se l'uomo in questione è in una posizione di potere, può avere la tentazione di sopprimerti, ma in un modo sottile, che consiste nel dirti “tu non esisti”. Gli basta ignorarti. Hai scritto un libro? Non l'ha letto. Hai un ristorante? Non lo frequenta. Ben che vada, ci tengono occupate a eseguire dei compiti, eternando l'adagio dell'Impero Romano: “divide, et impera”.

Al mio ristorante, ho creato un gruppo Whatsapp per comunicare con le ragazze. L'ho chiamato Girls United. Avete presente la canzone degli Inti-Illimani, El pueblo, unido, jamas sera vencido ? Bene, funziona anche con le ragazze di sala.

Antonio Cicero e Roberta Corradin

Antonio Cicero e Roberta Corradin

Premetto che al Consiglio di Sicilia io mi occupo della sala, e Antonio si occupa della cucina: quindi, tecnicamente, non sono diventata una cuoca, anche se in stagione mi dedico alla preparazione di un antipasto che ama la lentezza, i vavaluci zen (non vi spiego cosa sono affinché mossi dalla curiosità veniate ad assaggiarli) e del tiramisì, su cui è superfluo che sia reticente dato che si evince dal nome che si tratta della risposta della Sicilia al tiramisù: tutto uguale, tutto diverso. Venite a provarlo.

Negli anni durissimi della crisi, Il Consiglio di Sicilia eravamo noi due: Antonio ed io. Si intuirà che è un uomo che stimo, ed è così. Lo stimo per il doppio coraggio che ha mostrato sposandomi, in primo luogo, e poi quando ha preso il timone della cucina negli anni duri in cui la nave era battuta da tempeste, e ha tenuto la rotta con uno stile che ha per imperativo morale la semplicità.

Il Consiglio di Sicilia

Il Consiglio di Sicilia

Semplicità fa rima con identità, e anche la nostra identità è golosa. Nel Ragusano, questo lembo di terra e di mare benedetto da tutti gli dei dove ci troviamo, all'epoca dell'apertura, c'erano già dei ristoranti stellati che lévati. Poi c'erano le trattorie. Mancava secondo noi un luogo che avesse la stessa cura degli stellati per gli ingredienti, e però una semplicità di realizzazione che quasi sublima la cucina di casa. Noi ci siamo dati questa identità. Chi pesca per noi pesca anche per gli stellati, ma noi ci picchiamo di offrirvi una cucina che non tiene pensieri: insalata di polpo a forma di insalata di polpo, gamberi rossi di Mazara a forma di gamberi rossi di Mazara, cannolo di ricotta a forma di cannolo di ricotta, e così via. L'intervento della cucina è quello di una fedele ancella che aiuta l'ingrediente a vestirsi e a raccontarvi di sé. In un certo senso, la cucina di Antonio è femminile, nel suo pensiero umile e puro che non fa mai prevalere l'ego sul piatto. Similmente, la sala vuole accogliervi con l'ospitalità di cui la Sicilia è maestra. L'ospitalità di una casa, senza formalismi ma con garbo e calore; e non è casuale che Il Consiglio di Sicilia occupi quella che un tempo era la casa della nonna di Antonio.

Pesce freschissimo

Pesce freschissimo

Il segreto, all'inizio, è stata la ripartizione dei compiti. Antonio in cucina, Roberta in sala, con qualche incursione di Antonio in sala per la cantina, e qualche incursione di Roberta in cucina per i prefati antipasti e dessert.

Poi sono venute le Girls United.

Creare una squadra, ed il suo spirito, ha richiesto un affinamento lungo quasi dieci anni. Quella che ha premuto per una squadra al femminile sono stata io. Antonio aveva qualche perplessità all'inizio, ma è abituato a stare in mezzo alle donne, è cresciuto con tre sorelle, una mamma, una nonna, una zia. Che choc vuoi che sia una brigata al femminile per lui? Carlotta, una stagista Alma a cui vogliamo un bene da pazzi e di cui siamo orgogliosi, ha dato il la. Oggi Antonio ha una seconda in cucina, Marina. E io ho tre ragazze in sala: Giovanna, Giusy, Natalia. Poi c'è Erminia, che è venuta l'estate scorsa e che noi tutti adoriamo e speriamo che sia dei nostri anche la prossima estate. L'altr'anno abbiamo accolto in cucina Roberto, senza imporgli un passaggio a Casablanca per lavorare con noi. Quando l'Alma ci manda in stage un ragazzo, noi Girls ridacchiamo e commentiamo Pazienza, nessuno è perfetto.

Natalia, Roberta, Giovanna, Giusy

Natalia, Roberta, Giovanna, Giusy

United. In una parola, il segreto di tutto. Le nostre girls non hanno avuto una formazione professionale alla sala e alla cucina. Tranne Natalia, sono entrate tutte come plongiste, cosa che del resto ho fatto anche io, negli anni tosti di cui sopra. E nemmeno io ho mai avuto una formazione alla sala, a meno che vogliamo dire che recensire ristoranti per quindici anni o giù di lì serva a darti un'idea di come vorresti la sala del tuo ristorante, se ne avessi uno. Quanto ad Antonio, anche per lui la formazione è avvenuta sul campo: studiava filosofia, faceva il cameriere per integrare la borsa di studio, è rimasto folgorato sulla via della ristorazione. In cucina è autodidatta. Siamo anomali, e non solo per questo. A chiunque venga a chiederci di lavorare con noi chiediamo di seguirci in cucina e di leggere quel che abbiamo scritto sul muro: "Lavorare al ristorante significa prendersi cura tutti insieme della felicità delle persone, per tutto il tempo che trascorrono sedute ai nostri tavoli". Sotto, sono elencati gli ingredienti di questa felicità che vogliamo far gustare a chi pranza o cena da noi: bontà, semplicità, bellezza, pulizia, accoglienza, gentilezza, eleganza.

Anche per le caratteristiche mie e di Antonio (due umanisti fuor d'acqua), Il Consiglio di Sicilia non è solo un ristorante: è un'utopia. Sono diversi i clienti che ne hanno sentore, osservando il lavoro delle ragazze. Pare che una sala al maschile venga percepita come più professionale. Non me ne sono mai fatta un problema. Delle nostre girls viene percepito il cuore con cui accolgono le persone e si prendono cura di loro, e non potrei esserne più felice. «Si vede che sono unite, che giocano in squadra», mi dicono i clienti. Per me che per tutta la vita ho svolto un lavoro al limite dell'autismo come la scrittura free lance (e ancora lo svolgo; più o meno riesco a scrivere un libro ogni quattro, cinque anni, e dopo La repubblica del maiale del 2014 dovrebbe uscire nel 2019 il mio primo romanzo), lavorare in squadra con le Girls United è la nemesi.

Sempre loro: Antonio Cicero e Roberta Corradin

Sempre loro: Antonio Cicero e Roberta Corradin

Questo ristorante piccolo e remoto, che mira a rendere felici coloro che sono seduti ai suoi tavoli più che a far parlare di sé, conta sulle dita di una mano giornalisti e guide che lo hanno visitato. Ciò non impedisce la sua crescita felice, non scoraggia il continuo studio per migliorarsi, non intacca la capacità di immaginarsi nel futuro. Questo ristorante è un romanzo che invece di scrivere viviamo e costruiamo dandogli vita tutti insieme, giorno dopo giorno, pranzo dopo pranzo, cena dopo cena, servizio dopo servizio.

Avrò svolto il compito che mi ha assegnato Paolo Marchi? Chissà. Dal mio punto di vista, il problema che la Michelin o chi per lei non si accorga delle donne è un problema della Michelin o di chi per lei, non delle donne. Ciao a tutti.


Storie di cuoche

Donne che abbandonano per un attimo mestoli e padelle per raccontare le proprie esperienze e punti di vista

a cura di

Roberta Corradin

ha scritto di cucina e ristorazione per svariate testate giornalistiche italiane e statunitensi. Il suo primo libro, Ho fatto un pan pepato, pubblicato nel 1995, le ha aperto le porte del food writing. Ha pubblicato tra gli altri Le cuoche che volevo diventare (Einaudi 2008), La Repubblica del maiale (Chiarelettere 2014), e insieme a Paola Rancati Tradizione Gusto Passione, uscito anche in inglese con il titolo Taste and Tradition. Per i suoi 50 anni si è fatta il regalo di lasciare il giornalismo, che la annoiava. Insieme al marito Antonio Cicero gestisce il ristorante Il Consiglio di Sicilia, a Donnalucata

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