Giuseppe Carino
Fagottino di pasta fresca ai frutti di mare
Dall'Italia Retrobottega a Roma, una tavola con l’ingrediente al centro
Chiara Pavan, veronese, co-chef con il compagno Francesco Brutto del ristorante Venissa, sull'isola di Mazzorbo (Venezia)
Che le donne chef siano ancora una rarità in Italia è questione scottante sulla quale vale la pena fermarsi a riflettere. Intendiamoci, oggi molte donne ruotano intorno al mondo del food, scrivono libri, hanno visibilità sui social e partecipano a eventi, ma ancora pochissime sono a capo delle cucine professionali, dove il termine «chef» indica colui o colei che gestisce un team, la materia prima, opera la scelta creativa di piatti e menu, si confronta con la sala e con i clienti e spesso fa tornare i conti. Un ruolo manageriale e creativo allo stesso tempo. Le donne che vestono questi panni continuano a essere poche nonostante in questi ultimissimi anni su di loro si siano alzati i riflettori, grazie anche ai premi-quota rosa assegnati dalle varie critiche alla “miglior chef donna” o “cuoca donna dell’anno”. Premi che hanno senz’altro il merito di dare visibilità alla seppur magra categoria e quindi di dare speranza alle cuoche più giovani nel poter fare carriera con successo. Ma perché, a capo delle cucine, ci sono sempre state e continuano a esserci così poche donne chef? Dando uno sguardo alla storia della cucina, è interessante notare come il lavoro dello chef sia sempre stato un lavoro maschile ispirato da figure femminili. Quanti chef, ancora oggi, presentano la figura della propria madre e della propria nonna come fonti ispiratrici di creatività e identità culinaria? Figure che, tuttavia, non solo rimangono sullo sfondo dei ricordi, ma soggetti dalle quali prendere le distanze per “fare sul serio”, per uscire dalle mura ovattate della cucina di casa, imbrattata di farina e grembiuli con i fronzoli, e diventare professionali, competitivi e votati al successo. La cucina degli uomini si modella in contrapposizione a quella domestica che era esclusivamente femminile, e in questa linea assume connotati estremamente maschili anche a livello strutturale: prende la forma di un ambiente militare, con le brigate, gli ordini di grado, le promozioni e le dinamiche gerarchiche. Un mondo in cui la donna è completamente assente.
Eugénie Brazier (1895-1977): nel 1933 i suoi due ristoranti La Mère Brazier, fuori e dentro Lione, furono premiati contemporaneamente con 3 stelle Michelin. Toccherà attendere 57 anni per la replica maschile, con Alain Ducasse a Montecarlo e Parigi
Nadia Santini, ristorante Dal Pescatore in località Runate (Mantova), prima donna italiana a ottenere 3 stelle Michelin, nel 1996
Oggi, il mondo conta 141 ristoranti con 3 stelle Michelin. Di questi, solo 7 (il 5%) hanno chef donne al comando. Ultime in ordine di tempo, da gennaio 2021, Claire Smyth ed Hélène Darroze, entrambe al lavoro a Londra
veronese, classe 1985, dal 2016 è chef di Venissa a Mazzorbo (Venezia), in coabitazione con il compagno e collega Francesco Brutto. E' la cuoca dell'anno per la Guida ai ristoranti di Identità Golose 2020
Si è svolta la seconda edizione di Féminas, Congresso di Gastronomia, Donna e Ambiente Rurale organizzato da Vocento Gastronomía e promosso - dal Principato delle Asturie - “per dare visibilità e sostenere le donne vincolate al mondo della cucina, dell’ambiente rurale e attivamente impegnate nella promozione di pratiche sostenibili”. Identità Golose era presente: ecco il nostro report
Gnocchi di fico, primordi di fico, dragoncello, piatto cucinato da Chiara Pavan di Venissa (Isola di Mazzorbo, Venesia) all'Hub di Identità Golose giovedì 19 maggio. E stasera si bissa
Foto di gruppo con le brigate di sala e cucina di Identità Golose Milano. Chiara Pavan, con la cucina di Venissa, rimarrà in via Romagnosi 3 ancora per la cena di venerdì 20 maggio: prenotazioni qui
Donne che abbandonano per un attimo mestoli e padelle per raccontare le proprie esperienze e punti di vista