31-03-2021
Cristina Bowerman e Valeria Piccini, chef e patron dei ristoranti Glass Hostaria di Roma e Da Caino a Montemerano (Grosseto)
II tempi di covid in cui non si può cucinare insieme, i confronti continuano a esistere. Sono necessari per crescere, per evolvere. Nasce da questa riflessione un nuovo format in cui una cuoca ne intervista un’altra. Valeria Piccini, autorevole chef italiana - anzi SheF, come ama definirsi lei, sottolineando il genere cui appartiene - del ristorante Da Caino di Montemarano (Grosseto), una delle realtà più longeve e di successo dello Stivale, intervista Cristina Bowerman, cuoca di cucina contaminata, che ama definirsi «controcorrente», anch'essa a capo di Glass Hostaria a Roma, ristorante di successo da oltre 16 anni. E viceversa.
VALERIA PICCINI. Come mai, in un popolo estremamente matriarcale come quello italiano, ancora vige il pregiudizio per cui una donna non abbia le capacità giuste per amministrare e governare un impresa e le persone che ci lavorano? CRISTINA BOWERMAN. Bella domanda. La colpa - lo dico in maniera scherzosa - è delle nonne. Sono seria! Da sempre le nostre nonne sono il riferimento italiano associato alle ricette, alle conserve, al profumo di casa e famiglia. E la cucina italiana ha subìto (ma anche ottenuto consenso, per essere una delle cucine più apprezzate al mondo) questa dicotomia: cucina è cucinare oppure condurre una cucina? È proprio questo salto dalla cucina intesa solo come cucinare a condurre una cucina che ha proiettato il mondo del food in una realtà diversa in cui le donne, mai professioniste ma solo nonne e mamme, si sono trovate svantaggiate. Le donne cucinano, non conducono. Le donne hanno le capacità, esattamente come ogni essere umano, di fare tutto, ma la corsa agli ostacoli, quelli di un nuovo percorso, prevede allenamento ma le donne, oggi, sono in pieno allenamento. Arriverà il momento in cui quando si dovrà scegliere un* chef, una persona per condurre una cucina, non si immaginerà un uomo ma qualcuno per cui si valuteranno solo le capacità. VALERIA: Perché siamo ancora legati alla figura dello chef di cucina uomo, quando in realtà il nostro sapere e il nostro patrimonio gastronomico con annessi tutti i ricordi che il cibo racchiude partono tutti dalle nostre madri e nostre nonne? CRISTINA: La tradizione ci fa sentire centrati, ancorati e sicuri del nostro essere ma, a volte, la tradizione può essere un rallentatore del progresso. Proprio per la funzione che ha, il cibo è in cima alla piramide del bisogno di Maslow ed è la mamma a nutrire per prima... È proprio questo che rende il cibo così appetibile: ci riporta a quella sensazione di benessere e amore. Sembra dunque normale che la donna, in una società come la nostra in cui, fino a pochi anni, fa era l'unica che cucinava a casa, venga associata al cucinare. Il punto è proprio questo: la cucina di casa è un chore, un’incombenza noiosa, ormai svolta indifferentemente da uomini e donne. Cucinare in un ristorante è un lavoro, qualificato, che richiede particolari abilità e conoscenze, ma essere chef è una professione che abbraccia campi diversi. Valeria, sono certa che ti sia capitato spesso che qualcuno ti abbia detto, magari scherzando: «Sai, io so cucinare bene e ho anche pensato di aprire un ristorante» e nella tua testa immediatamente hai pensato: «magari fosse solo quello!». Perché, come chef a capo di ristoranti, cucinare rappresenta solo una parte dell'essere a capo di una cucina. Il resto è management, finanza, marketing, stare al passo con i tempi e dunque informazione. Insomma, una professione che abbraccia molti campi e richiede molte abilità.
Donne che abbandonano per un attimo mestoli e padelle per raccontare le proprie esperienze e punti di vista
a cura di
chef e patron dei ristoranti Glass Hostaria di Roma e Da Caino a Montemerano (Grosseto)
Identità Milano 2024 vuol dire anche dare a voce a territori che finalmente si rivestono di luce, splendono e diventano veri e propri modelli di un'imprenditoria sana, disobbediente (contro ogni pensiero comune) e di condivisione, sia di valori sia di prospettive future: l'Umbria e la Tuscia. A testimoniarlo il panel d'eccezione de "La disobbedienza al pensiero comune – Umbria and Tuscia: scrigni da scoprire" organizzato in collaborazione con Fondazione Cotarella. Foto a cura di Brambilla-Serrani
A sinistra, Antonio Locoselli, chef del Ristorante Locoselli di Burgsteinfurt e vincitore del premio The Best Upcoming Chef of Italian Cuisine Germany 2023 per la seconda e recente edizione di The Italian show by I love italian food, l'evento che valorizza la vera cucina italiana in Germania
Le protagoniste dell'iniziativa