Luca De Santi
Foie gras d’anatra spadellato su una choucroute immaginaria, condito con sale di lardo alsazianodi Jacques Décoret
Dolcezze Lingot 19: vi raccontiamo il dolce di Gianni Zaghetto. Delizia "fusion" che è un best seller
Non chiamatela scommessa, ma semplicemente sfida. Perché partire da zero, in una zona che storicamente non è mai stata considerata come particolarmente vocata per i vini, salendo fino a quota 700 metri sul livello del mare, con vitigni che, almeno in Italia, sono ancora poco conosciuti, è sicuramente un mettersi alla prova, ma con le idee chiare.
Lo sanno bene Massimo Raniero e Silvestro Cracco, titolari dell’azienda Terre di Cerealto, fondata a Valdagno, in provincia di Vicenza, nel 2014. «Nel 2009 – spiega Silvestro Cracco – abbiamo iniziato a studiare il territorio e le analisi hanno dato risultati positivi. Siamo stati i primi in Veneto a puntare decisi sulle varietà resistenti, subito dsopo che erano state autorizzate».
I vigneti si trovano a Valdagno, a un'altitudine di circa 700 metri sul livello del mare
E c’è anche un discorso legato proprio alla difesa dell’ambiente: «Il bosco, pian piano, stava avanzando, “mangiando” i pascoli. Con i nostri vitigni abbiamo quindi pensato anche alla salvaguardia del territorio».
Un grappolo di Johanniter
L'azienda prende il nome dalla frazione di Cerealto
L’enologo è Nicola Biasi, con il quale è stato studiato un metodo classico, 100% Bronner. La prima annata, ovviamente millesimato in quanto non ci sono produzioni precedenti, è il 2017: ne sono state prodotte 740 bottiglie. Si chiama Pérge, ed è un Pas Dosé. In futuro uscirà anche lo Johanniter Brut e un Rosé con il Sauvignon Gris: l’idea è quella di puntare decisi sulle bollicine.
Pérge, il Pas Dosé dell'azienda
Il Cerealto, invece, è un bianco fermo, realizzato con il 60% di Johanniter e il 40% di Bronner: l’8% del mosto viene fermentato in barriques, per poi affinare 7 mesi sulle fecce fini con frequenti batonnage e un mese di affinamento in bottiglia prima della messa in commercio.
Cerealto è il vino bianco fermo
L’inizio di questa esperienza è interessante. Se c’è una cosa che, forse, manca è solo l’esperienza: d’altronde sono vitigni che poco si conoscono e che hanno bisogno di trovare il loro contesto, soprattutto in rapporto alle differenti stagioni. Esperienza che si fa solo in un modo: vendemmiando e producendo. Il banco di prova è una volta all’anno, non di più.
giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo