Si salgono i gradini, alle spalle lo splendore della Basilica Palladiana. Si suona il campanello, si entra: a destra la libreria Carlton di Ettore Sottsass, un grande del design, fondatore della scuola di Memphis. Di fronte l’ascensore e uno schermo video. Lorenzo Cogo ci accoglie al piano di sopra. Complimenti, la libreria di Sottsass, un pezzo leggendario… «Ma è tutta di zucchero! L’ha fatta per me l’artista Marco Chiurato». Anche il video è dello stesso autore, si intitola Ti amo e ti odio, «succede anche a me. Sono amato da chi stima il mio lavoro, per i riconoscimenti che ho ottenuto così giovane. Ma odiato per gli stessi motivi, “è così giovane e ha ottenuto così tanti riconoscimenti, prima di altri. Si monterà la testa”».
Allora, ti sei montato la testa? «Io qui a Vicenza mi metto in gioco, in un progetto impegnativo, importante. In una location splendida ma che era un ristorante vuoto, che i vicentini evitavano. Dico a loro e a tutti: venite, le porte sono aperte. Giudicate il mio lavoro, se sono bravo amatemi, se sono pessimo odiatemi. Non viceversa». C’è un altro video di Chiurato creato per Cogo, Illusione, lo potete guardare qui. Rappresenta una lievitazione, un’espansione lenta ma veloce allo steso tempo. «Il peso rimane però uguale». Si cresce, ma se c’è talento, materia, queste restano inalterate.

Vista sulla Basilica Palladiana
Verissimo. Del talento di
Cogo avevamo
scritto qui, poco meno di tre anni fa, lui era davvero un ragazzo (è un classe 1986) ma già col turbo. Un motore potente su un’auto semplice, il vecchio
El Coq di Marano Vicentino; non la Ferrari d’oggi, ben più impegnativa, anche solo perché più esposta ai riflettori degli applausi e delle critiche.
«Là ero a casa, qui in un ristorante, il mio ristorante. Là chi affrontava il viaggio lo faceva per me, perché avevano sentito parlare della mia cucina e volevano provarla. Qui il vicentino se ne frega: viene e vuole stare bene. Quindi devo proporgli un’offerta accogliente e diversificata».
L’intero complesso, che
Cogo ha rilevato con quattro soci investitori, prevede oltre al
El Coq una gelateria, anzi
Gelarteria, un cocktail bar e bistrot, il
Garibaldi, locale storico della città, anno 1850, che parte con la colazione e termina con il drink della buonanotte. C’è anche
El Casolin, piccolo emporio di cose buone. Ogni realtà ha entrate sue proprie, l’idea è avvicinare la gente con una proposta più immediata, anche solo un cono, per rompere l’esitazione nell'affacciarsi su un posto così bello, abituarla quindi all’idea che sia un luogo conviviale, metterla a contatto con la nuova realtà, avvicinarla all’alta cucina anche fisicamente. Superare la barriera anche psicologica: così, forse, poco a poco saliranno pure al primo piano, il tempio gastronomico. «Io mi metto lì a osservare il comportamento dei passanti. Voglio sapere cosa pensano, come reagiscono. Chi entra una prima volta, torna». Sorride. (Sopra
El Coq ha una trentina di coperti. Sotto al
Garibaldi passa un migliaio di persone al giorno).

Spaghetto aglio e olio, latte di nocciola e frutti di mare
Noi siamo ovviamente entrati (torneremo), eravamo qui per questo. Trovandovi uno chef che, come il panetto d’impasto che lievita senza perdere peso, ha mantenuto intatta la sua cristallina vocazione che gli era già ben riconosciuta: ma che ora è accresciuta, matura e strutturata. Il locale lo rappresenta appieno: c’è un salto di qualità e di struttura, netto. Ciò che era già buono ora è anche più bello.
Cogo era un ragazzo promettente, nel locale dei suoi in campagna, adesso è un professionista che gestisce in città un indirizzo sfavillante di arte e storia. Si è caricato un peso per mettersi alla prova, anzi ancor più per farsi mettere alla prova. Sulle sue spalle sembra lieve: qui siamo in un grande luogo dell’alta cucina italiana del presente e, facile pronostico, del futuro.
Il menu merita una spiegazione, per i singoli piatti vi rimandiamo invece alla fotogallery firmata Tanio Liotta. C’è una proposta alla carte, più semplice, proprio per non scoraggiare il neofita: Tortellino di fegatini di piccione ed il loro brodo ristretto, Costata di vacca “Rubia Gallega”… Nessuna di queste portate compone anche i due menu degustazione: il primo, Sostanza, prevede cinque piatti scelti tra grandi ingredienti e i classici de El Coq. Poi c’è Esperienza, la ricerca e la sperimentazione. Tutto fila a meraviglia.