Il profeta della Nuova Cucina Anatolica torna a Identità Milano dopo otto anni, era già stato protagonista sul palco nel 2011, si replica domenica 24 marzo alle ore 15,45, palco centrale, tutti i riflettori su di lui (leggi qui il programma). Nel frattempo a Mehmet Gürs, classe 1969, sono successe tante, ma tante cose. Per dire, la versione di Wikipedia in inglese lo definisce oggi "Turkish celebrity chef, television personality and restaurateur".
Un Cracco istanbuliano che è anche affermatissimo imprenditore: allora era semplicemente "lo chef del Mikla", la sua insegna d'alta cucina, ora numero 44 per il 50Best e in continua ascesa. Intendiamoci, il Mikla è anche oggi il suo fiore all'occhiello, all'ultimo piano del Marmara Pera di Istanbul, hotel che da Beyoğlu apre la sguardo sulla città. La vista che si gode – se c’è bel tempo e la temperatura lo consente si può cenare anche in terrazza, sotto le stelle – è meravigliosa: le luci di Istanbul a milioni, il Corno d’Oro col traffico di battelli, sull’altra sponda il vecchio quartiere di Sultanahmet, il Topkapi, Santa Sofia, più in là i minareti della Moschea Blu, a destra la Süleymaniye Camii, moschea di Solimano...
Gürs però ha fatto ulteriore strada. Presiede l'
Istanbul Food & Beverage Group, società che ha nel proprio carniere, oltre al
Mikla, una ventina di altri ristoranti sparsi per il Paese: gli otto
Numnum café & restaurant, siamo dalle parti del bistrot; due
Trattoria Enzo, cucina italiana;
Terra Kitchen, ristorante di cucina bio e salutista; nove
Kronotrop, la risposta turca a
Starbucks, che
BuzzFeed ha inserito tra le 25 caffetterie del mondo da provare almeno una volta nella vita.
Una crescita impetuosa, resa possibile dalla partnership con fondi di private equity; ma che non ha modificato lo stile di fondo della cucina di Gürs, strettamente connesso alle sue vicende familiari.
Lui è nato a Ekenäs, in Finlandia, da mamma finnica e papà turco. È cresciuto tra Stoccolma e Istanbul, ha trascorso otto anni negli Stati Uniti, prima studiando
Hotel, Restaurant e Institutional Management alla
Johnson & Wales University di Providence, nel Rhode Island; poi iniziandovi la sua carriera in cucina. È tornato in Turchia nella metà degli anni Novanta;
Mikla è nato nel 2005, dopo che
Mehmet aveva battuto palmo a palmo l'intero Paese andando alla ricerca delle tante eccellenze agroalimentari: agnelli
Kıvırcık allevati in Tracia, una sorta di gruviera che viene da Kars, città a poca distanza dal confine armeno, i vini della Cappadocia, i pistacchi da Gaziantep, la marmellata di lavanda selvatica prodotta dalle donne di un villaggetto non lontano da Smirne...
Un lavoro certosino, anni di ricerche approfondite che ha coinvolto poco a poco un intero team di cuochi, un antropologo a tempo pieno, un'infinità di agricoltori, allevatori, pescatori, artigiani del gusto, ma anche madri e nonne con la loro sapienza antica. «Una collaborazione di successo tra i custodi della terra e gli chef della città», spiega lui. Perché quest'intensa opera di scandagliaménto delle radici gastronomiche turche è stata innestata in una ricerca creativa che ha mixato tecniche contemporanee e millenarie insieme, le prime scoperte, le seconde riscoperte. A Identità Milano 2011 aveva sintetizzato così: «Non è una tavola turca la mia: mi sforzo di osservare culture e tecniche di cucina usate per decenni e le fondo con il mio dna nordico».

Cucina turca tradizionale. La foto è tratta dall'account Instagram di Gürs, racconta uno dei suoi tanti viaggi alla scoperta delle radici culinarie anatoliche
È, appunto, la
Nuova Cucina Anatolica. Lui ne ha anche fissato il manifesto, in sette punti.
• Abbiate il coraggio di guardare a tradizioni, prodotti e tecniche tradizionali con una prospettiva nuova.
• Utilizzate la grande varietà di prodotti esistenti in Turchia, riflettendo sui microclimi e le stagionalità.
• Preservate la tradizionale "cucina naturale" dell'Anatolia mentre ragionate sul futuro. Siate consapevoli delle profonde radici gastronomiche che esistono e della loro stratificazione.
• Adattate al tempo presente l'armonioso blend di Occidente e Oriente del passato.
• Abbracciate le differenze culturali che rendono speciale il nostro Paese, ed esprimetene in cucina il carattere ricco e vibrante.
• Fate vostro il detto: "Nessun contadino, nessun cibo, nessun futuro". Sostienete i produttori che fanno un buon lavoro onesto. Utilizzate ciò che è stato prodotto rispettando la terra, il mare, le montagne e gli animali. Guardate al futuro e utilizzate la scienza. Sforzatevi di ricreare i grandi sapori della tradizione tenendo conto delle necessità della dieta contemporanea.
• State alla larga dalle barriere nazionali, religiose o etniche.

Una foto di dicembre 2017: Mehmet Gürs con Ayşe Tükrükçü, insieme mostrano Bread is Gold, il libro di Massimo Bottura. La Tükrükçü è una cuoca turca che ha fondato a Istanbul Hayata Sarıl Lokantası (potremmo tradurre ristorante "Abbraccia la Vita"): di giorno un normale locale, ma dopo le 19 gli ospiti ordinano un pasto per loro e uno per i senzatetto di Taksim. La cuoca è stata vittima di gravi abusi sessuali da bambina e poi costretta a prostituirsi per anni dal marito. È riuscita a riscattarsi e ha fondato questo ristorante che offre assistenza a chi non ha niente: cibo, ma anche alloggi, formazione, supporto medico
Questa lezione di fondo, fissata a suo tempo, non è mai mutata.
Gürs batte su questi tasti con convinzione.
Balık ekmek (ossia acciughe in pane croccante all’olio d’oliva e maionese al limone: interpretazione alta di un popolare street food) rimane il suo
signature, perfetta trasposizione della tradizione in forme contemporanee. L'agnello di Tracia continua a essere un punto di forza. A
Identità Milano 2011 presentò un tipico dessert di zucca, marinandola per 24 ore in un’acqua di calce; la zucca assume così un aspetto quasi candito a cui
Mehmet Gürs avvicina pistacchio trasformato in gelato e sesamo lavorato come uno sciroppo.
Abbiamo ritrovato lo stesso dessert, a una nostra recente cena al
Mikla: al posto del gelato di sesamo, quello di zafferano. E il piatto bomba è sempre d'agnello, ma sfruttando uno spettacolare quinto quarto:
Cuore di agnello della Tracia, spugnole, crescione, aceto di melograno, sommacco, burro bruciato, lenticchia verde di Malkara.
Gürs percorre sicuro la strada che ha tracciato. A Milano ci spiegherà quali saranno le sue prossime tappe.

Crema di patate, carne secca d'oca, basilico

Arriva il pane, da accompagnare con olio d'oliva dalla regione di Marmara, burro di pecora e una crema mista di tre formaggi di altrettanti tipi di latte diversi, pecora, capra e mucca, due da Smirne e il terzo dall'Anatolia

Bonito del mar di Marmara marinato nel sale, insalata di finocchi, gambo di carciofo sottaceto, salicornia, capperi, fave, prezzemolo e zest d'arancia

Zeytinyağlı, ossia cotogna brasata all'olio d'oliva, curcuma, acetosa

Non ci occupiamo spesso di vini in questi spazi dedicati al cibo, ma questo è davvero interessante: Mayoglu Terebinth, un 2015 di Gelveri Ltd. Da uve bianche della Cappadocia, varietà Keten Gömlek, usata solo da Gelveri stessa. La parte di uve non di proprietà è venduta unicamente al mercato del villaggio di Güzelyurt. Gelveri è un'azienda fondata nel 2010 dal tedesco Udo Hirsch con la compagna turca. Si trova appunto a Güzelyurt, piccolo villaggio situato su un altopiano a 1.500 metri, ai piedi del vulcano Hasan Dag, nell’Anatolia centrale: qui esiste un vero e proprio patrimonio viticolo nascosto. Udo utilizza anfore millenarie di epoca romana, ottomana e bizantina (dette Kup) e varietà dimenticate: Mayoglu Terebinth è vino naturale, non filtrato, senza aggiunta di solfiti. «Sono ispirato da molti produttori georgiani di vino Kvevri che ho incontrato durante i 25 anni del mio lavoro in quel Paese, e dal lavoro meticoloso di Josko Gravner»

Balık ekmek: acciughe in pane croccante all’olio d’oliva e maionese al limone. Un classicissimo di Mehmet Gürs, il piatto ha ormai un decennio di vita. Balik significa pane, ekmek pesce. Balik ekmek, dunque, è il tipico panino col pesce e qualche goccia di succo di limone che si gusta all’imbarcadero di Eminonu, all’estremità meridionale del ponte di Galata. Uno street food dunque: lo chef ne propone una propria interpretazione

Mantı, ossia raviolo ripieno di verdure, yogurt affumicato di latte di bufalo, pomodoro, aglio arrosto, sommacco

Polpo del Nord Egeo, tarhana, camel sucuk, cavolo sottaceto, uova di pesce, isot. La tarhana è una miscela fermentata di grano e yogurt, il camel sucuk è una salsiccia di cammello, che qui compone il fondo che condisce il polpo. Isot è un peperoncino

Straordinario questo Cuore di agnello della Tracia, spugnole, crescione, aceto di melograno, sommacco, burro bruciato, lenticchia verde di Malkara

Coda di rospo, erişte, fagioli Karnıkırmızı, olive Halhali, patate, capperi, aceto di fico. La erişte è una pasta fatta con farina, uova, acqua, sale e latte. Sapendoci italiani, ci viene presentata così: «La pasta esiste anche in Turchia!»

Brasato di agnello della Tracia, cavolo selvatico, noce di Giresun, yogurt salato, patate, formaggio nel tulum di Bergama, cumino. Il formaggio nel tulum è un cacio di latte di capra stagionato in un involucro di pelle di capra, chiamato tulum in turco. Bergama è una città vicino a Smirne

Zucca, gelato allo zafferano, sesamo Sürtme, pistacchio di Antep, semi di canapa. La zucca è cotta dopo essere stata marinata per 24 ore in acqua di calce

Finale con degustazione di formaggi anatolici a latte crudo