17-04-2017

Balwoo Gongyang: alla scoperta del templefood

In Corea del Sud il primo ristorante stellato a proporre dei menu che seguono rigorosamente i dettami del buddismo

Un'immagine delle tantissime piccole e grandi

Un'immagine delle tantissime piccole e grandi portate che vengono servite nel corso di un pasto da Balwoo Gongyang, a Seoul

Le vie di Budda sono infinite. Che il concetto di fine dining sia cambiato o, ancor meglio, che non ne esista più un unico modello, lo dimostrano a Seoul i monaci buddisti dell’ordine dei Jogye. Infatti nel quartiere tradizionale di Insadong, all’ultimo piano dell’edificio dedicato alla cultura buddista, si trova Balwoo, il primo ristorante di templefood ad aver ricevuto nella sua prima edizione coreana, l’agognata stella della famosa guida rossa.

Da Balwoo non solo cambia il concetto di fine dining. Scompaiono tanti luoghi comuni tipicamente occidentali. Buono è sano, semplice è sofisticato, apparenza è sostanza, spirituale è materiale.  Gli opposti riconciliano: Yin e Yan sono in armonia.

Straordinariamente contemporanea, la cucina di Balwoo è in realtà il frutto della tradizione gastronomica millenaria dei templi buddisti coreani. Qui non c’è nessun famoso chef ai fornelli. Come vuole l’etichetta, i menu variano di stagione in stagione ed ogni menu è concepito come una sequenza di vassoi.

Ogni vassoio, composto da vari piatti e scodelle, più che una portata è un vero e proprio pasto con un suo senso compiuto. Scegliamo Maemum, il menu consacrato alla mente e alla meditazione. È un vero banchetto composto da un alternarsi di 5 diversi vassoi, dove ogni vassoio rappresenta un concetto ed ha una funzione ben precisa.

Suljuksim, contiene verdure di stagione in salsa di soia e radice di baedeok con salsa di pere e pinoli: serve per aprire l’appetito o come dicono loro “per inumidire il cucchiaio”.  Juksang, con il porridge di cereali accompagnato da kimchi d’acqua con radice di loto, è il pasto che secondo i precetti buddisti accompagna le preghiere dei monaci al sorgere del sole.

In ogni vassoio non c’è traccia del mondo animale e non se ne sente la mancanza. Anche il tè, l’unica bevanda ammessa, è a base di funghi. Sangmi, con erbe e radici, cotte e crude, in un collage di geometrie vegetali, è dedicato ad una delle 10 categorie buddiste del gusto. Seongso invece è il vassoio destinato a strappare il sorriso al monaco apprendista con i tradizionali noodles, tofu e pancakes coreani.

Ogni vassoio è una vera e propria pittura di paesaggi mistici: cime tempestose, ruscelli e sorgenti, muschi, licheni, colline rigogliose, coste rocciose, mari e isole inaccessibili. Sono i paesaggi che si contemplano dai vari templi buddisti di cui è cosparsa la penisola coreana e da cui provengono le ricette.

Dammi invece è destinato al gusto della masticazione e alla ricerca di diverse testure. Dà virtualmente inizio all’ascesa verso le impervie foreste coreane. Al centro troneggia una bellissima scatola di ceralacca che racchiude una preziosa selezione di funghi raccolti dai monaci in quelle cime remote. Accompagnano tuberi ed ghiande silvestri altrettanto misteriosi. Hanno sapori mistici e sconosciuti, quasi magici.

Le tecniche ancestrali si alternano, dalla salatura all’affumicatura alla disidratazione in un inno alla contemporaneità delle origini. Non possiamo non essere sedotti dalla magia della fermentazione, declinata in una miriade di versioni e che ben oltre il classico kimchi riguarda ogni possibile ingrediente. È l’arte di convertire la decomposizione in fonte di cibo salutare, in un raro equilibrio tra crudo e cotto. La fermentazione segna anche l’intervento dell’uomo, il passaggio dal naturale al culturale che crea nuovi aromi e sapori, li moltiplica.

Poi arriva il Youmi, il vassoio principale, dedicato al riposo della mente. Dentro una enorme foglia di loto argentata è racchiuso una manciata di profumatissimo riso cotto al vapore con ghiande di ginko e di castagna. Il riso è il protagonista. La sua purezza contrasta con il sapore intenso dei 6 piatti di accompagnamento in un viaggio senza regole.

È una danza in cui il commensale è libero di creare ed abbinare i vari sapori a suo piacimento. Il riso placa l’intensità dei sapori di radici, funghi ed erbe che allo stesso tempo danno sapidità e profondità al riso, in una miriade di combinazioni libere, boccone dopo boccone.

Una breve pausa. Poi arriva la spuma di kaki con yam e pera ed il dolce di riso a mezza luna. È Ipgasim, il vassoio di chiusura che pulisce il palato e predispone la digestione. Pochi bocconi e siamo già soggiogati dalla mistica buddista. Noi non vediamo l’ora di tornare.

Balwoo Gongyang
56, Ujeongguk-ro, Jongno-gu
Seoul, Korea
Menu degustazione: 25, 37, 54, 79 euro


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Carlotta Casciola

Umbra di nascita, spagnola di adozione e giramondo per vocazione. Laureata in economia, dal 2003 si occupa di turismo, vino e gastronomia per Alacarta. Instagram: carlottacasciola

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