16-06-2023

Cracco a Portofino: come cresce Mattia Pecis

Il giovane delfino del cuoco vicentino, al timone dell'ex Pitosforo, si prepara alla stagione estiva con un menu ricco di profumi e inventiva. Tutto il dettaglio

Mattia Pecis, classe 1996, begamasco della Val Ser

Mattia Pecis, classe 1996, begamasco della Val Seriana, da due anni executive chef di Cracco Portofino

Mattia Pecis è l'amico che tutti vorremmo avere. I suoi occhi vispi e brillanti parlano e raccontano del suo amore per il mondo della cucina come nessun paio di occhi sa fare. Lui pensa e agisce ”a matrice”: non un pensiero alla volta, ma un sistema di pensieri, insieme a un altro sistema, insieme ad un altro sistema, tutto insieme e interconnesso senza perdersi nemmeno un pezzo. Allo stesso livello c'è la devozione nel servire il cliente, l’altissimo rispetto per la materia prima, per la natura e per l’origine degli ingredienti.

Il suo racconto parte da lontano ed è alimentato da voci come quella di Alberto, di Iva, di Lella, voci di chi Portofino la vive come casa propria, perché così è, e non come esclusiva località “ga ga ga gne gne gne”. Loro sono le braccia, destre e sinistre, di Mattia, sono le schiene che, anche se stanche, non smettono di chinarsi per raccogliere il meglio del meglio che cresce intorno a Portofino. Lui, invece, è un ragazzo giovane anagraficamente, ma con le spalle più larghe di quelle di Mr. Olympia. Mattia, catapultato a Portofino nel 2021 con solo due borse, una piena della sua consapevole intraprendenza e una stracolma della fiducia di Carlo Cracco, sta continuando a riscrivere con successo i canoni della cucina di territorio, sta decifrando il sapere della montagna distillandolo con quello del mare, insomma sta spaccando.

Mattia non è un figlio d'arte, bensì è stato uno di quegli adorabili adolescenti con l'intuito e la fame di tuffarsi nel mondo "dei grandi" facendo uno stage dietro l'altro fino a bucare il bozzolo e diventare grande, anzi un grande. Conclusi gli studi alberghieri a Clusone, in cui ha avuto modo di misurarsi con la ristorazione gourmet di Daniel Facen, a 18 anni conosce Carlo Cracco, che, come il Bianconiglio fece con Alice, lo porta dritto nel Paese delle Meraviglie. Prima qualche anno in via Victor Hugo (io lo chiamo il Cracco di "sotto", voi potete intenderlo come l’ingresso vero e proprio nel “Paese delle Meraviglie”) e poi tutti insieme in Galleria (a nostro avviso il miglior Cracco di sempre), dove Mattia ha uno scontro frontale con la quotidianità del mondo della ristorazione, quella vera, fatta di gerarchie precise, di postazioni assegnate, di scottature, ma poi li si ferma per quattro anni. Dopo il Bianconiglio arriva pure il Cappellaio Matto che lo riporta alla montagna: Mattia si sposta da Norbert Niederkofler a San Cassiano, dove sposa il rispettoso integralismo della montagna.

Particolare di sala

Particolare di sala

Il maître Luca Freddi

Il maître Luca Freddi

Mentre è ancora un montanaro in montagna, riceve la telefonata, quella che può cambiarti la vita: Cracco gli affida uno dei progetti più ambiziosi, divertenti e sfidanti che poteva concepire, ossia aprire in Liguria ma senza l’intento di stravolgerla, anzi, volendo dare un forte contributo alla comunità. Ciuf Ciuuuf, il treno sta passando e Mattia non se lo è fatto sfuggire: destinazione Molo Umberto 1, Portofino. A Portofino, grazie a Mattia, la filosofia del Cook the mountain viene declinata in riva al mare, laddove l'ingrediente che arriva nel piatto è raccolto, o pescato, davvero da pochissimo ed è ancora vibrante di linfa e intimamente nutriente.

A tutti i golosoni che leggono, l’indirizzo del locale suona familiare, infatti si tratta dell'ex ristorante Pitosforo della famiglia Vinelli, ora diventato Cracco a Portofino. Quello che Mattia e la sua brigata riescono a fare da dentro una cucina scavata nella roccia arriva puntuale sul tavolo e parla di territorio puro, direi genovese. Eh no, non nel senso che sbuffa e alza gli occhi al cielo come fanno i genovesi doc, ma parla di vero prebuggiun, dolce-amaro e col pizzico in fondo, parla di pesce pescato poco oltre la baia, racconta la storia di donne e di uomini e lo fa attraverso gli occhi ed il mestiere di un bergamasco che al mare ci sta davvero bene.

L’approccio di Mattia Pecis in cucina, che poi è quello che viene trasmesso al tavolo, è riconducibile al nastro di Möbius: una superficie lontana dall’ordinarietà dell’esperienza quotidiana, una figura avente un unico lato, un unico bordo. Impossibile stabilire convenzionalmente una faccia interna o una esterna. Impossibile trovare un sopra e un sotto. Impossibile trovare il confine netto tra la montagna che abita in Mattia o il mare che la bagna, Mattia è tutto questo, tutto insieme e sta trasformando Portofino in una delle più interessanti mete gastronomiche d’Italia.

Spaghetto alle vongole affumicate, mantecato alla crema di vongole, precedentemente affumicate con aggiunta di limone salato, cinque varietà di basilico (thai, greco, genovese, viola e limonato) e un olio al prezzemolo. Un classico smontato e rimontato, senza la vongola nel piatto, con acqua di vongole disidratata e grattugiata a conclusione del piatto, come fosse una bottarga

Spaghetto alle vongole affumicate, mantecato alla crema di vongole, precedentemente affumicate con aggiunta di limone salato, cinque varietà di basilico (thai, greco, genovese, viola e limonato) e un olio al prezzemolo. Un classico smontato e rimontato, senza la vongola nel piatto, con acqua di vongole disidratata e grattugiata a conclusione del piatto, come fosse una bottarga

La Seppia. Ovvero un piatto no waste, ispirato al ramen, con la seppia locale che diventa tagliatella, accompagnata da nespole, timo limonato e il brodo ricavato da ogni singola parte del pesce

La Seppia. Ovvero un piatto no waste, ispirato al ramen, con la seppia locale che diventa tagliatella, accompagnata da nespole, timo limonato e il brodo ricavato da ogni singola parte del pesce

IMattia e la sua brigata di cucina sono un vero motore, alimentato da idee, aspettative e obbiettivi chiari, ma il motore senza la trasmissione non può certo esprimersi al massimo delle proprie potenzialità: qui arriva sulla scena il maître Luca Freddi. Luca gestisce la più delicata delle responsabilità, ossia quella di trait d’union tra le mani di Mattia e la bocca dei clienti e permette a chi sta seduto al tavolo di percepire l’atmosfera, di sentire lo chef e di godere della sua arte.

Indipendentemente dal tipo di ristorante in cui ci si trovi, l’importanza della sala è fondamentale: se dalla cucina arriva qualcosa non all’altezza, ma la sala è eccellente, allora a tavola arriva una delizia; purtroppo vale anche l’opposto, ossia se dalla cucina escono delizie, ma la sala non funziona come dovrebbe, beh, al tavolo non arrivano certo portate indimenticabili…

Il mondo di Luca è la sala e la soddisfazione del cliente è il suo obbiettivo principale. Lui lo raggiunge con una marcia in più, ossia con il sorriso. Stare seduti al ristorante ed avere intorno una brigata di sala gestita con il sorriso e che sorride è deliziosamente rilassante, predispone ad accogliere con felicità ogni portata che arriva. Io sono solito dire che “il sorriso è gratis” e quello di Luca è un gran bel regalo, un sottofondo che lega tutte le portate del menù. Qui a Portofino Mattia e Luca lavorano come Holly e Benji, sono due fuoriclasse.

Il menu riesce nella difficile impresa di raccontare una storia: non si tratta di una mera sequenza di piatti, ma di un racconto, di un fluire fatto da un passato, da un presente, colmo di ricordi e con una idea di futuro. Le prime portate conservano ancora precisa l’identità di Cracco e, complice qualche cambio di ingrediente, è un Cracco che comunque parla ligure e lo fa con un enorme rispetto. Già dalla sea salad però entra in scena Mattia con tutto il flusso di ricordi e di tributi (il piatto “l’orto di Iva” è un tenero omaggio a colei che rifornisce di vegetali il ristorante), insomma con la sua storia.

L'Orto di Iva, nel nostro caso un asparago cotto in crosta di argilla ed alghe, servito con salsa koji e camomilla. Insieme al marito Alberto, Iva è parte integrante della famiglia Cracco. La cottura in argilla risale fin dai primi testi dell’antica Roma e viene utilizzata tutt’oggi e rappresenta il legame tra le conoscenze antiche e la nuova gastronomia

L'Orto di Iva, nel nostro caso un asparago cotto in crosta di argilla ed alghe, servito con salsa koji e camomilla. Insieme al marito Alberto, Iva è parte integrante della famiglia Cracco. La cottura in argilla risale fin dai primi testi dell’antica Roma e viene utilizzata tutt’oggi e rappresenta il legame tra le conoscenze antiche e la nuova gastronomia

Risotto al prebuggiun, triglia laccata alla birra al doppio malto e salsa prescinseua. Uno dei piatti diventato simbolo sin dall’apertura nel 2021, celebra la Liguria. C’è tutto, la montagna, il mare, l’acidità. Protagonista la nota delle 22 erbe selvatiche raccolte da Lella Canepa, regina del prebuggiun del Tigullio

Risotto al prebuggiun, triglia laccata alla birra al doppio malto e salsa prescinseua. Uno dei piatti diventato simbolo sin dall’apertura nel 2021, celebra la Liguria. C’è tutto, la montagna, il mare, l’acidità. Protagonista la nota delle 22 erbe selvatiche raccolte da Lella Canepa, regina del prebuggiun del Tigullio

Che sia con un prodotto del mare o che sia un vegetale, per tutto il menù la Liguria è sempre al centro del piatto, ma verso la conclusione di tutto il percorso spunta una citazione che fa piacere trovare: la testina di pesce. Questo piatto onora e racconta l’esperienza di Mattia al St. Hubertus di Niederkofler, dove, al posto del pesce, veniva utilizzato il maiale.

Il colpo di teatro definitivo arriva, però, con il dessert. Come per la testina, anche qui Mattia racconta della sua recente esperienza al Kadeau di Copenaghen. Infatti il dessert che viene servito (“lievitato del Molo Umberto I”) è un pane dolce che si intinge, noi a Genova diremmo “che si puccia”, in una composta di more di gelso: squisitamente nordico e in stacco totale dal sottofondo ligure se non per la presenza delle more di gelso. Questa è la bravura di chi riesce a raccontare una storia attraverso i piatti ed è proprio “il racconto” che sottende a tutto il menù. Te ne accorgi praticamente solo alla fine, ma immediatamente ti rendi conto che è sempre stato lì.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Giorgio Minestrini

di

Giorgio Minestrini

Gli odori sono emozioni enogastronomiche: annuso tutto, orgogliosamente, dal 1983. Quando non sono seduto a tavola faccio il papà e l'ingegnere

Consulta tutti gli articoli dell'autore