11-11-2020
Classe 1997, di Santarcangelo di Romagna, Braschi ha vinto la sesta edizione del talent show
Fuori c’è Roma, che a fatica cerca di recuperare i suoi ritmi, le sue velocità, i suoi eccessi. L’apparente normalità di un quotidiano lontano. I giardini di Villa Torlonia a qualche passo, qualche ultimo spiraglio di sole che aspetta d’essere inghiottito dall'autunno, la Nomentana rumorosa (ma un po' meno del solito) a mandar via onde sonore e vibrazioni in ogni direzione. La capitale è un luogo sospeso, come se il venir meno di alcune coordinate che sembravano definite e inossidabili l’avesse costretta a un’improvvisa, inaspettata precarietà che la veste di una luce nuova, un’apnea diversa. Una roba così non s’era mai vista.
In via Zara, civico 26, una porta rossa e brillante divide l’ingresso del 1978 da tutto quel che c’è fuori. Impossibile non poggiarci lo sguardo sopra, se passi da quelle parti. Il ristorante ha aperto un paio di anni fa, un open space grande quanto basta per capire che degli ospiti ci si prenderà cura per davvero.
È tutto lì, davanti agli occhi, ogni cosa richiama eleganza e scelte precise: se una cosa è al suo posto, lì dentro, c’è un motivo. Cantina a vista, sette tavoli ben distanziati tra legno e ferro e mattoni, sedie in velluto, dettagli posizionati qua e la con senso e cura. Anche la cucina è full screen, separata dalla sala da una grande vetrata che tutto lascia sbirciare. Nel tempo la guida ai fornelli s’è alternata sotto chef diversi: unico punto fermo, a legarli, Gabriella Forte - restaurant manager e donna di sala giovane, competente, premurosa. Lei c’è sempre.
Cuoco vero, dopo un lancio televisivo che poteva far deragliare i suoi desideri in qualcos’altro, da qualche altra parte. Invece lui dalle luci che gli sono piombate addosso all’improvviso, così presto, s’è fatto sedurre poco, capendo subito (fortuna e bravura sua) una grande lezione: se davvero voleva dar forma e sostanza ai suoi sogni era doveroso rimboccarsi le maniche. Al dunque s’è dimostrato un essere speciale, di quelli che vivono il mestiere con rara abnegazione, e una passione che gli ruggisce forte nel petto, trovando compimento e pace soltanto in sequenze e combinazioni d’ingredienti e sapori.
S’è tolto di dosso le luci ed è andato a sporcarsi le mani e la divisa. A studiare, accumulare le esperienze necessarie a capirlo, questo lavoro. «Prima di iniziare la mia avventura - racconta - ho sentito il dovere di risolvere un dubbio con me stesso: "essere o apparire"? E io voglio essere cuoco, definire e memorizzare il gusto che mi scorre nelle vene e riportarlo il più fedelmente possibile a chi siede alla mia tavola».
Questa al 1978 è la sua prima occasione a capo di una brigata, a prendersi la responsabilità delle decisioni. Ha impostato menu e lavoro sulle cose che gli piacciono, su quello che aveva voglia di fare e sulle sue ambizioni, ma anche assecondando le passioni per tecniche e tecnologie, «molte delle strumentazioni che ci sono adesso al ristorante me le sono portate da casa», sul senso degli accostamenti e la curiosità di esplorare possibilità che accompagnano le materie, se trattate in modo non ordinario.
La sala del 1978
A tavola, a seconda dei momenti dell’anno, arrivano caviale di lumache (accompagna e bilancia il suo gusto di "terra bagnata" con del coniglio o un sashimi di tonno marinato, daikon croccante, maionese all’acciuga), plancton marino, wagyu (utilizza la lingua, assieme a salsa di wagyu arrosto, rafano e verdurine), bisonte (ne fa un cuore affumicato).
Curry indiano di gamberi
«Li abbiamo affiancati alla parte "divertente", dove esploriamo ciò che ci piace - spiega lo chef - i menu sono creati dalla voglia di fare qualcosa di nuovo, ma sempre legati a ricordi stabili. Li cambiamo ogni due mesi, abbiamo tantissima energia creativa e alla fine se cambi ti diverti. Quando li compongo non penso a farli più soft o più spinti, più cervellotici o più ruffiani. Però posso dire che dallo scorso giugno sono i più complessi che abbiamo realizzato da quando sono qui (e dal punto di vista delle materie prime i più onerosi). È la terza volta che cambiamo: ogni giorno vogliamo alzare di più la nostra asticella, migliorare quello che facciamo e la qualità delle nostre idee. Dopo il primo lockdown potevamo tornare con proposte più tradizionali, ma abbiamo deciso di continuare ancor più convinti nelle direzioni che stavamo iniziando a mettere a fuoco».
Cappelletti di patate arrosto, essenza di coniglio arrosto e crudo di coniglio marinato, lime nero ed erba oliva
I suoi sono presupposti davvero incoraggianti. Ecco i nostri assaggi.
Benvenuto:
Coniglio, maionese all’acciuga e caviale di lumaca Distillato di pasta e patate Caprese: sfera di mozzarella di bufala affumicata e basilico, pomodorino arrostito Ringo: biscotto di pastafrolla salata ripieno di mousse di pecorino e pere al cognac glassate Finta ciliegia di fegatini di wagyu e gel allo yuzu
Abbinati con: Champagne A.Bergere, selection 1978
Pho-men
Abbinamento del sommelier Mirko Di Simone: Costacielo 2018 Lunarossa - Giffonio Valle Piana
Gel di anguria, gel di acqua di mare, bottarga e olio al basilico: anguria salata, pomodorino giallo macerato nel sale, limone di Procida, bottarga di muggine (Braschi gioca sul salino-salmastro)
Pho-men: (mix delle parole Pho vietnamita e Ramen giapponese) soba, uovo di quaglia al miso, carpaccio di anatra marinata, brodo di umami di anatra arrosto (con la Ruta, che assomiglia al coriandolo)
Abbinamento: Maramia 2018, Sangiovese rubicone dop
A Priscilla: bottone ripieno di parmigiano liquido e tartufo, fondo di manzo, caviale di the bancha, mousse di patate dolci e carote arrosto
Ragù della nonna (salsiccia, lardo, pepe)
Lum-ici: lumache al lumache alla bourguignonne (lui le lavora con beurre blanc - più acido - fatto con scalogno, burro, e aceto di vino bianco), alici cotte al cannello (elemento che da sapidità che la lumaca non ha), lisca croccante, cipolla in carpione, bagnetto verde, crema d’aglio al latte, spugna al prezzemolo, polvere di lattuga di mare.
Abbinamento: Chablis Vieilles Vignes domaine Servin
Lum-ici
Pane, olio e sale (namelaka al cioccolato bianco e oliocru - olio pregiato che proviene da riva del garda, crostoni di pane abbrustoliti, e scaglie di sale maldon)
Abbinamento: Capitolium moscato di Terracina Santandrea
Coccole finali:
Il contadino: finta arachide di pralinato alle arachidi, terra di cacao salata Tartufino al cioccolato fondente Croccante allo yuzu con aringa all’italiana Senzu
Abbinamento: Yoigokochi yuzu sake
A Priscilla
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
di
abruzzese, classe 1979, nel mondo della comunicazione dal 2001. Negli ultimi anni ha maturato una specie di ossessione per la ricerca continua di cuochi emergenti. Mangia, beve, scrive: di territori e ingredienti, di produttori e cuochi. E scatta tante foto, per non dimenticare nessun particolare
Valerio Braschi ai fornelli del suo Vibe milanese, indirizzo nato nel settembre scorso. Il romagnolo, vincitore di Masterchef 6, è alla sua esperienza da chef, dopo quella del ristorante 1978 a Roma
Valerio Braschi, classe 1997 da Santarcangelo di Romagna: domani il suo ultimo servizio al ristorante 1978 di Roma, presto il suo arrivo a Milano
Dall’Italia è una narrazione in continua evoluzione di tutto il buono che racchiude in lungo e in largo il nostro Belpaese. Una rubrica che ci porta alla scoperta delle migliori trattorie, i ristoranti più esclusivi, osterie, tra le vette più alte o in riva al mare. Delizie che non possono sfuggire alle rotte dei più entusiasti viaggiatori.