08-04-2023

“Quello bravo di Masterchef”: nostro endorsement per Valerio Braschi, che lascia Roma e sbarca a Milano

Vincitore del programma televisivo ma talento vero, al di là delle telecamere: il giovanissimo romagnolo (classe 1997), aprirà presto nel capoluogo lombardo. Noi abbiamo assaggiato la sua cucina, che è convincente... oltre tutti i pregiudizi

Valerio Braschi, classe 1997 da Santarcangelo di R

Valerio Braschi, classe 1997 da Santarcangelo di Romagna: domani il suo ultimo servizio al ristorante 1978 di Roma, presto il suo arrivo a Milano

Milano, arrivo. E in realtà non ci ha colto affatto di sorpresa la notizia - rivelata dallo stesso interessato sui suoi affollati social - dell'addio di Valerio Braschi a Roma e del suo prossimo sbarco nel capoluogo lombardo, con un ristorante tutto nuovo del quale sarà protagonista: il locale dove lavorava nell'Urbe, il 1978 di via Zara 27, quasi davanti a Villa Torlonia, è invero gradevole ma piuttosto piccolo, appartato e periferico, ha tutta l'apparenza dell'indirizzo borghese di quartiere, strideva insomma un po' con la personalità invece prorompente ed eccentrica del suo giovane chef, e con la sua visibilità mediatica. O per meglio dire: il 1978 ci è parso subito esattamente ciò che si è poi rivelato in queste ore, ossia il luogo non troppo in prima fila che consentisse a Braschi di crescere, di acquisire esperienza, di mettersi alla prova d'esordio. Una tappa di passaggio, dunque. E così è stato: ultimo servizio proprio domani, 9 aprile, poi le strade si divideranno, il 1978 chiude per importanti lavori di ammodernamento che gli consentiranno di tornare, rinnovato, con la prossima brigata; Braschi invece punta verso Nord, lui che è nato a Cesena e poi vissuto a Santarcangelo di Romagna. L'apertura a Milano è prevista a breve, probabilmente a giugno, comunque prima dell'estate; la zona sarà quella di Porta Genova. Altro non si sa, bocche abbottonatissime, ma poco importa.

Braschi in centro, a Milano...

Braschi in centro, a Milano...

Il periodo romano è durato dunque tre anni e mezzo, e non dei migliori, Braschi era entrato al 1978 a fine novembre 2019, col Covid che già s'affacciava sulla Penisola. L'abbiamo un po' studiato, il Valerio, in questo periodo. Intendiamoci: come forse sapete, Identità Golose non segue praticamente mai le vicende degli chef televisivi, non cerca click compitando cronache degli show di cucina. Le telecamere sono una cosa, le imprese ristorative un'altra, tutta diversa, e noi ci occupiamo di queste ultime. Però Braschi era - o ci appariva - "quello bravo di Masterchef", ossia un giovanissimo (aveva 18 anni quando trionfò nella sesta edizione del programma tv, marzo 2017) pieno di talento e audacia, forse l'unico in quel contesto che avesse potenzialità vere di carriera a certi livelli, ossia nel mondo della cucina cucinata.

Carbonara distillata. Dice Braschi: «Tre anni fa distillai la carbonara. In tanti gridarono allo scandalo, supponendo che fosse solo una trovata di marketing, quando invece era il frutto di studio e lavorazione della materia. Distillare con un rotavapor richiede la massima attenzione e cura a ogni singolo passaggio, al fine di ottenere un risultato perfettamente identico all’originale (in termini di olfatto). Dietro tutto ció che facciamo c è un motivo, oggi sono passati 3 anni e quel distillato rimane sempre una grande soddisfazione personale»

Carbonara distillata. Dice Braschi: «Tre anni fa distillai la carbonara. In tanti gridarono allo scandalo, supponendo che fosse solo una trovata di marketing, quando invece era il frutto di studio e lavorazione della materia. Distillare con un rotavapor richiede la massima attenzione e cura a ogni singolo passaggio, al fine di ottenere un risultato perfettamente identico all’originale (in termini di olfatto). Dietro tutto ció che facciamo c è un motivo, oggi sono passati 3 anni e quel distillato rimane sempre una grande soddisfazione personale»

Tuttora non sappiamo se sarà davvero così. Di certo i successivi sviluppi, e pure l'ultimo al quale abbiamo accennato all'inizio di articolo, paiono suggerire che la nostra intuizione fosse corretta. E non ci riferiamo affatto a certe performances che hanno scandito il lavoro di Braschi al 1978 in questi anni, e gli hanno peraltro regalato molti articoli di giornale: la Pizza marinara in bustina, la Lasagna in tubetto, la Carbonara distillata... In realtà tutti presumibili boomerang, trovate a effetto per il grande pubblico (diviso sul giudizio: scandalo o genialata?) ma guardate con scetticismo dagli addetti ai lavori, noi compresi, il cui parere era ed è: né l'uno ne l'altra, son tutte tecniche già viste e riviste da anni. Rischia(va)no di appiccicare addosso a Braschi ancor di più l'etichetta della quale invece deve liberarsi, quello di essere una toque da piccolo schermo, un format nel format tv.

Contro un pregiudizio negativo di tal fatta, conta e vince solo l'assaggio. E il nostro assaggio al 1978 ci ha confortato: lui ha un talento oggettivo. Ha sapienza tecnica, passione, idee, coraggio, determinazione. E tenacia: lo abbiamo osservato lavorare dietro al pass della cucina a vista, da solo con un unico aiuto, il suo vice, Francesco Di Lallo, molisano classe 1994 che è anche ottimo pasticcere (e sarà a Milano), più un lavapiatti. Han fatto tutto loro, e ha fatto molto bene, è stato un piccolo spettacolo vederli muoversi coordinati e veloci tra fornelli e griglie.

L'eccellente Ricciola oceanica cruda, wasabi fresco, cipollotto e foglia ostrica

L'eccellente Ricciola oceanica cruda, wasabi fresco, cipollotto e foglia ostrica

La cucina di Braschi è intelligente, lui prepara bene la linea per proporre parte delle portate con solo qualche tocco aggiuntivo, in semplicità ma grande gusto e finezza (cavare sangue dalle rape), e potersi poi concentrare sui piatti più impegnativi. La Ricciola oceanica cruda, wasabi fresco, cipollotto e foglia ostrica è stata elegantissima e suadente, coi giusti contrappunti aromatici, dà l'idea della mente fertile che li ha elaborati. La conferma nel successivo Brodo d'abbacchio con zenzero e peperoncino (lo chef adora i brodi, come dargli torto). Squisito è stato pure il Carnaroli, blu di bufala bergamasca, salsiccia dei Nebrodi e salsa chimichurri, molto equilibrato. E interessante seppur basico l'Assoluto di cavolfiore: crema pura di cavolfiore (senza alcun grasso: ha sentori caramellati, umami 100%) con cime di cavolfiore glassate alla salsa teriyaki.

Carnaroli, blu di bufala bergamasca, salsiccia dei Nebrodi e salsa chimichurri

Carnaroli, blu di bufala bergamasca, salsiccia dei Nebrodi e salsa chimichurri

Assoluto di cavolfiore

Assoluto di cavolfiore

I tempi sono stati perfetti, un paio d'ore per undici portate. Non sono mancati gli errori, eh: la Pettola con spuma di gorgonzola piccante e gel di bergamotto aveva poco senso (un fritto freddo? No, dai); nel Cuscinetto di pasta sfoglia, maionese al rafano, tartare di fassona e caviale di muggine affumicato la carne era a temperatura troppo bassa; lo Shot di melone invernale e finocchio all'aceto di cetriolo mancava di acidità; nell'Assoluto di patate (cappelletti di pasta all'uovo ripieni di crema di patate al forno - cotte con burro, aglio e rosmarino con la buccia e poi schiacciate. Con le bucce "di scarto" viene poi preparato il brodo in cui sono immersi i cappelletti), piatto peraltro ottimo, c'era una certa sproporzione tra pasta e farcia. Però il brodo era eccezionale, con la suadente nota amarostica del rosmarino.

Assoluto di patate

Assoluto di patate

E insomma, potremmo star qui a elencare anche oltre. Ma il fatto è: l'insieme ci ha convinto, Braschi farà strada. È un classe 1997, quasi un bambino professionalmente parlando; lavorava in una situazione complicata; ha voglia di crescere: lo abbiamo notato farsi riferire dalla sala qualsiasi commento di qualsiasi tavolo, e poi stare a ragionarci sopra. Porta avanti un'idea precisa: «Credo in uno stile personale, in cui emerga l'autore. Purtroppo aprono tanti ristoranti di ottima qualità, con molta tecnica, i piatti perfetti, ma tutti uguali uno all'altro, manca il cuore. Io invece voglio fare una cosa diversa: lo so che è più difficile e rischi le critiche, ma è quello in cui credo». Evitare la standardizzazione, dunque... «Faccio un esempio: qui a Roma mi arrivano la pecora o l'agnello intero da una fattoria del Reatino. La carne parla da sola, non arriva dalla Nuova Zelanda, non è congelata, ha tutto un altro gusto in bocca». Punti sul gusto, dunque? «Viene prima d'ogni altra cosa, certo. Però serve anche l'armonia. Siamo in Italia, se voglio solo il sapore piacione vado in trattoria e mangio da dio. Io devo saper proporre qualcosa che non trovi altrove».

Ecco: cucina come parla, con tanto brillante buon senso. Milano per lui sarà una sfida importante: ha la fama di città aperta al nuovo, ed è vero, però è pure un banco di prova difficilissimo che non ammette errori, ha costi tali da non consentire rodaggi lunghi. Ci si brucia alla svelta. Seguiremo Braschi con interesse. Credendo in lui.


Carlo Mangio

Gita fuoriporta o viaggio dall'altra parte del mondo?
La meta è comunque golosa, per Carlo Passera

a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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