«C’è stato un momento nel quale ho realizzato che il cuoco dovesse fare un passo indietro perchè la rivoluzione tecnica era sufficientemente compiuta da non meritare ulteriore concentrazione di energie, e attraverso la cultura dovesse rappresentare qualcosa in piû della somma delle sue ricette»: sono alcune delle parole scritte da Massimo Bottura oggi, martedì 29 settembre, per commentare la nomina a Goodwill Ambassador del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (in questo articolo di Gabriele Zanatta la notizia completa).
Parole che combaciano perfettamente con quelle che lo stesso Bottura ha usato per aprire la settima edizione di Al Mèni, "circo mercato di sapori e cose fatte con le mani e con il cuore" organizzato dallo chef dell'Osteria Francescana insieme al sindaco di Rimini, Andrea Gnassi.

Piazza Cavour durante Al Mèni 2020
«Quando guardo Piazza Cavour a Rimini, grazie al lavoro fatto dal sindaco
Gnassi, penso...allora c'è ancora speranza. Il
Teatro Galli restaurato, e al suo fianco mi ricordavo che c'erano due meravigliosi palazzi abbandonati a loro stessi. Oggi quei due palazzi sono stati recuperati, e in uno di questi adesso c'è un Museo di Arte Contemporanea (il
PART, inaugurato appunto giovedì 24 settembre, ndr). Entri in un museo e passi da una piazza a un altra attraversando la bellezza, il sogno, la cultura. In questo paese nessuno investe più sulla cultura, sembra che ci siano soldi per tutto tranne che per quello. In un momento come questo, così buio, sono felice di poter considerare
Andrea Gnassi un mio amico, perché è importante che ci siano persone che si prendono dei rischi: sono profondamente emozionato per quello che è successo in quella piazza».
C'è poi un filo conduttore che unisce il lavoro che
Bottura ha voluto fare con il più recente menu dell'
Osteria Francescana (ben raccontato
in questo articolo di
Carlo Passera) e lo spirito con cui
Al Mèni 2020 ha accolto le migliaia di persone che l'hanno frequentato: «Prendersi dei rischi e investire sulla cultura è esattamente quello che noi abbiamo voluto fare con la riapertura della
Francescana: proporre un menu in cui il cuoco fa un passo indietro e lascia spazio a tutta la sua brigata. Una scelta che rispecchia quello che ho sempre detto in tutte le conferenze: da solo sono
Massimo Bottura, con tutta la mia squadra sono l'
Osteria Francescana. Il menu racconta la bellezza, la storia, la gioia e la biodiversità culturale: chi siamo, da dove veniamo e dove siamo in questo momento. Valori che verranno espressi anche da tutti i cuochi che sono stati invitati quest'anno a raccontare che cos'è l'Italia attraverso i loro occhi. L'Italia e l'Emilia Romagna, che per me è uno dei posti più interessanti e più straordinari che ci siano al mondo, e io il mondo lo viaggio veramente. Non esiste un altro posto come l'Emilia Romagna, dobbiamo continuare a crederci».

Uno dei laboratori organizzati da Slow Food Emilia Romagna
Crederci, e tenere duro, è stato anche quello che hanno fatto le molte persone,
Enrico Vignoli tra i primi, che hanno lavorato duramente, e molto velocemente, per recuperare questa settima edizione di
Al Mèni. Inizialmente prevista per giugno, poi travolta dalla crisi Covid. Il risultato ha ripagato i loro sforzi: le strade del centro storico di Rimini si sono riempite per due giorni di moltissime persone, tanto attente a rispettare le precauzioni contro i contagi, quanto curiose di scoprire cosa avessero preparato per l'occasione i molti cuochi - 12 emiliano-romagnoli, 12 italiani - coinvolti in questa occasione. Curiosi di ascoltare i sempre interessanti laboratori organizzati da
Slow Food Emilia Romagna. E di girare tra i banchi dei tanti produttori locali presenti.

L'intervento del sindaco Gnassi durante l'inaugurazione
Perché, riprendendo le parole del sindaco
Gnassi, sono loro i veri protagonisti di
Al Mèni: «In questa manifestazione prendiamo le luci della ribalta e le...ribaltiamo. Le puntiamo su di loro, sui produttori, sui contadini. Oggi sono qua, tra un quadro di
Cucchi e un'opera di
Palladino, possono parlare delle loro fatiche e possono venderne i frutti. Coltura e cultura: perché abbiamo bisogno di terra e di sogno».

Uno dei tanti banchi del mercato di Al Mèni
Lo spirito di
Al Mèni è esattamente questo. Non ci sono palchi da cui parlare ex cathedra, non ci sono chef messi in primissimo piano, ma occasioni di incontro, di scambio, di conoscenza e, soprattutto, di divertimento e di festa. E' stato molto importante che questa manifestazione ci fosse nel 2020, non vediamo l'ora di tornarci nel 2021.