Ho di fronte a me un libro che s'intitola Phytoalimurgia pedemontana. Nel 1918 Oreste Mattirolo, ordinario di Botanica all'università di Torino, assaggiò, censì e svelò l'utilizzo di 200 erbe selvatiche facilmente reperibili a un pubblico che ancora si “vergognava” di cibarsi dei prodotti selvatici, quasi fossero stregonerie. Eravamo nel primo dopoguerra, dopo una grande crisi economica, ed il pensiero era: come alimentarci con quello che troviamo spontaneamente intorno a noi?
E ai giorni nostri? Ho avuto la fortuna di passare una parte dell'infanzia in Valchiusella, una piccola valle tra Ivrea e la Val d'Aosta. Sotto la baita in cui passavo i fine settimana, contornata dal bosco, scorre un piccolo ruscello, e lì trovavo il crescione acquatico, fresco e leggermente piccante. Nei prati intorno, invece,grande abbondanza di silene, piantaggine, timo selvatico, ajucche e ortiche. Una vera miniera di sapori, che nella cucina tradizionale arricchiscono una semplice frittatina o una minestra di riso e patate.
Le erbe selvatiche hanno un potenziale molto interessante anche nella cucina moderna, in continuità con la tradizione della raccolta a mano (solo che ora viene chiamata “foraging”).
Chi abbia almeno una volta mangiato una foglia di crescione, o di timo selvatico, o di pepe d'acqua, sa quanto alcune erbe abbiano un aroma estremamente intenso, quasi nella loro essenza vi fosse la vocazione di fungere da stimolo che colpisce il cervello con un preciso sapore, una vera e propria esplosione.
Ho sempre pensato che questo è uno dei temi della cucina contemporanea. Acido, amaro, piccante, aromatico: un alfabeto di note gustative a nostra disposizione, a patto di saper usare le erbe con attenzione.

Phytoalimurgia pedemontana in edizione storica e attuale
Scriveva il nostro
Oreste Mattirolo nel 1918: “Tempo verrà (e speriamolo in breve) che la vita nostra riprenderà il suo corso normale, e che la pace dei campi ritornerà a rifulgere, e le piccole gioie che la allietavano ritorneranno a sorridere, risuscitando quelle note di onesta allegria ora scomparse nella vita, tutta assorta e assilata da pensieri di dolore , di tristezze! [...] Dopo tutto, come non tutti i mali vengono per nuocere, anche la presente penuria mondiale potrà portare buoni frutti. Se ci avrà insegnato a utilizzare meglio i prodoti del suolo; se ci avrà indotto a provare e adottare nuovi costumi; se ci avrà costretti a romperla colle abitudini che per convenzione o per inerzia, più che per vera necessità, ci hanno asserviti per secoli, anche le soffrenze di oggi non saranno state vane”.
Non vi sembrano attuali queste parole?