01-11-2024

L’Alto Adige e la rivoluzione dei vini bianchi. Anche da invecchiamento

Continua il viaggio alla scoperta degli “Icon Wines”. La riconversione del territorio, che ha saputo puntare sull’alta qualità dei vini bianchi, con successo (parte 2 di 3)

Fino a una ventina di anni fa, l’Alto Adige aveva una prevalenza di vini rossi, che arrivava fino all’80% della produzione. Ora le proporzioni sono drasticamente cambiate, dimostrando che il territorio del Sud Tirol era particolarmente vocato alla produzione dei vini bianchi.

Ora il 65% dei vitigni coltivati in zona sono a bacca bianca, mentre solo il 35% è rosso. E la Schiava, che prima era il vitigno principale, viene superata nella produzione anche da Pinot Nero e Lagrein.

Christof Tiefenbrunner tra i vigneti

Christof Tiefenbrunner tra i vigneti

Tornando nel mondo dei vini bianchi, il Müller-Thurgau è spesso considerato un vitigno minore, un po’ come la Schiava per i rossi. Christof Tiefenbrunner dell’omonima cantina racconta come sia un preconcetto con un vino storico, il Vigna Feldmarschall von Fender, molto conosciuto dagli appassionati. «La nostra è un’azienda familiare storica. Ci troviamo nella zona sud dell’Alto Adige, ma abbiamo dalla nostra l’altitudine: arriviamo fino a mille metri. La prima annata del Vigna Feldmarschall è la 1974. Per realizzarlo facciamo 4 raccolte, per avere la migliore maturazione possibile delle uve, e abbiamo una parte di influenza di muffa nobile. Poi affiniamo per due terzi in botte grande, poi passiamo in acciaio per 10 mesi, sempre sulle fecce».

Il Vigna Feldmarschall 2012 apre con note di erbe aromatiche e frutta matura, in bocca ha una grande facilità di beva; il 2018, da annata calda, apre con frutta gialla e bianca, ma anche un tocco di frutta secca, in bocca ha una buona tensione. Il 2021 è più floreale, ma anche agrumato e fresco, mentre al sorso ha una grande sapidità.

I vini in affinamento di Cantina Terlano

I vini in affinamento di Cantina Terlano

Sui vini bianchi, nel tempo, si è specializzata la Cantina Terlano, cooperativa nata nel 1893. Questo sicuramente grazie anche al lavoro di Sebastian Stocker, lo storico e rivoluzionario enologo, puntando proprio ai lunghi affinamenti dei vini bianchi in un periodo dove, al contrario, erano considerati solo come “vini d’annata”.

Così Stocker decise di lasciar riposare a lungo i vini, per un minimo di 10 anni, in piccoli fusti d’acciaio da 2.500 litri sulle fecce fini. Ma questo non avviene con tutti i vini, ma di volta in volta sceglieva quali potessero avere le giuste caratteristiche per i lunghi affinamenti.

Nasce così il Rarity, uscito per la prima volta nel 1991: in cantina a Terlano ci sono diverse annate in affinamento, addirittura c’è ancora un Terlaner del 1979 che aspetta il momento giusto per andare in bottiglia.

I vini di Cantina Terlano degustati

I vini di Cantina Terlano degustati

Il Terlaner è il vino storico della zona, realizzato dall’interazione dei tre vitigni a bacca bianca principali: Pinot Bianco, in particolare dalla zona di Volberg, Chardonnay dall’area di Kreuth, e Sauvignon Blanc dai terreni di Winkl.

A livello di storicità, il Nova Domus Terlaner è sicuramente il vino più rappresentativo della cantina: la longevità viene dimostrata da un 1996 (60% Pinot Bianco, 30% Chardonnay e 10% Sauvignon Blanc, affinato per 18 mesi in barriques) particolarmente elegante e ampio, fruttato e speziato, e soprattutto profondo e dalla grande bevibilità. Il 2011, invece, è stato affinato in botte grande, per diminuire l’impronta del legno: altro vino di grande espressione. Le percentuali per il Nova Domus sono poi cambiate: l’annata 2022, molto fresca, dinamica e giovane, è infatti 70% Pinot Bianco, 25% Chardonnay e 5% Sauvignon Blanc. Da non dimenticare il Terlaner I, uscito per la prima volta nel 2011, che vuole essere la migliore selezione di questa espressione di vini, con le percentuali che variano di anno in anno, per arrivare alla migliore cuvée possibile.

Wolfgang Klots e l'enologo Willi Stürz nelle miniere dove riposa l'Epokale

Wolfgang Klots e l'enologo Willi Stürz nelle miniere dove riposa l'Epokale

Un vino iconico, secondo alcuni produttori altoatesini, potrebbe anche non essere particolarmente storico, ma semplicemente potrebbe essere rappresentativo di un percorso intrapreso negli anni dalla cantina. In tal senso l’Epokale, Gewürztraminer Spätlese Alto Adige Doc, può sicuramente entrare in questo novero.

L’evoluzione della Cantina Tramin, infatti, grazie all’enologo Willi Stürz, è stata netta, come avevamo raccontato anche in questo nostro articolo (leggi qui), e negli anni il loro Gewürztraminer è diventato un punto di riferimento. Come ha spiegato anche Wolfgang Klots, «sono stati individuati due vigneti, per un totale di 1,8 ettari, particolarmente vocati per questo vitigno. Vendemmia tardiva, solo una piccola parte delle uve sono influenzate dalla muffa nobile: il vino fermenta in acciaio, poi riposa un anno sulle fecce fini, poi viene portato in miniera, a riposare a 11 gradi costanti per tutto l’anno».

Le tre annate di Epokale

Le tre annate di Epokale

«La prima annata è stata la 2009, con un alto residuo zuccherino – continua Klots – poi siamo scesi, ma abbiamo capito che con l’andare del tempo lo zucchero si trasformava in complessità aromatica, è così siamo risaliti negli ultimi anni».

In effetti l’Epokale 2013 è sicuramente un vino molto preciso, con note di zafferano, spezie, erbe, e un ottimo equilibrio finale al sorso. L’annata 2016, con 20 grammi di residuo zuccherino in più, ha spezie dolci, potenza, e ancora un grande potenziale evolutivo. Infine il 2018, in anteprima assoluta (uscirà fra un paio d’anni), ha una struttura notevole, ma anche una grande gamma aromatica. E rimarrà ancora un po’ in miniera.

Hans Terzer della Cantina San Michele Appiano

Hans Terzer della Cantina San Michele Appiano

Hans Terzer è stato uno di quegli enologi che ha guidato la “rivoluzione” dell’Alto Adige verso la qualità. Non c’è dubbio che la linea Sanct Valentin della Cantina San Michele Appiano sia stata una delle prime che abbia puntato a mostrare il vero potenziale dei vini della zona. 

«Siamo una delle cooperative più importanti, con 390 ettari – spiega Terzer – Io l’ho seguita per 48 anni, ora sono in pensione da poco più di un mese… È stata una delle prime che ha investito nei vigneti: ho capito che era una zona ideale per vini bianchi, e così ho convinto i soci. Sono stato il primo a mettere in bottiglia uno Chardonnay nel 1982».

Le tre annate di Appius

Le tre annate di Appius

Ma Terzer non si è fermato e ha creato un suo vino “iconico”, che potesse essere l’espressione corale delle varie anime bianche della Cantina San Michele Appiano: l’Appius. «L’Appius nasce nel 2010, per cercare di realizzare qualcosa di speciale, per mettere in bottiglia il meglio che c’era in cantina. Deve rispecchiare l’andamento dell’annata, per questo viene fatto anche nelle annate più difficili. Usiamo Chardonnay in prevalenza, poi Pinot Grigio, Pinot Bianco e Sauvignon Blanc: sono tutte micro partite, che fermentano in barriques, affinano un anno in legno e tre anni complessivi sui lieviti».

L’Appius 2010 è, come detto, la prima uscita di questo vino: evoluto e ricco, tra frutta esotica e frutta secca, e molto lungo al sorso. Il 2016 è più elegante, fine, verticale, di grande equilibrio all’assaggio: davvero ottimo ora e, in prospettiva, anche nei prossimi anni. Il 2019 è un vino di grande freschezza, molto vivo, dove il Sauvignon Blanc fa sentire la propria anima aromatica. 

I vigneti di Cantina San Paolo

I vigneti di Cantina San Paolo

Ma si diventa iconici anche preservando la storia. Così come spiega Anna Ebner, responsabile dell’ospitalità e delle degustazioni di Cantina San Paolo. «La cosa particolare del nostro Pinot Bianco Riserva Sanctissimus – spiega – è proprio il vigneto, molto vecchio, piantato nel 1899 a Missiano. Possiamo dire che qualche volta degustiamo non solo il vino, ma anche i suoi segreti. Ci troviamo a 400 metri di altitudine, in un impianto ancora a pergola». E alla storia si aggiunge l’innovazione, visto che il vino fermenta in anfora sulle bucce per tre mesi, seguito poi da un lungo periodo sulle fecce fini. C’è anche da ricordare che dall’anno scorso il nuovo enologo di Cantina San Paolo è Philipp Zublasing.

Come negli altri casi, l’annata più giovane, la 2019, si presenta ancora molto giovane, in “rampa di lancio”, con un potenziale ancora inespresso. Molto interessanti, invece, la 2015, che spicca per eleganza ed equilibrio, e la 2013, di corpo e spessore.

(2 / continua)

La prima parte: “Icon Wines” in Alto Adige, gemme preziose che esaltano una Regione
La terza parte: Tra storia e sperimentazione: le armi vincenti dei vini altoatesini


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

Raffaele Foglia

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Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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