23-12-2024

Il perfetto vino di Natale, con undici giusti consigli dei nostri esperti

Menu delle feste? Pairing delle feste! La redazione enoica di Identità Golose ha elaborato una sorta di percorso d'abbinamento tra vini e piatti adatti in questo periodo, cercando più che altro qualcosa che ci faccia stare bene...

Almeno a Natale, prendiamoci una pausa. Lasciamo perdere le nostre preoccupazioni quotidiane, e almeno per una giornata – o meglio ancora, per tutto il periodo festivo – cerchiamo di rilassarci. Proprio con questo spirito abbiamo pensato a questa newsletter natalizia, con una sorta di menu con l’abbinamento tra vini e piatti, cercando più che altro qualcosa che ci faccia stare bene, con noi stessi e con le nostre famiglie. Sono giorni da dedicare a noi, alle cose belle, e per questo abbiamo pensato a ciò che ci fa stare bene anche a tavola, magari facendo uno strappo alla regola alle diete. Il nostro augurio è racchiuso in questo menu delle feste: perché un buon bicchiere di vino e un buon piatto possono aiutare a trascorrere meglio queste giornate.
Raffaele Foglia

 

TARTINE ZOLA NOCI E GEWÜRZTRAMINER DI LAGEDER
Un incontro che fa iniziare il pranzo di Natale con una piacevole scossa? Quello fra l’Alto Adige Doc Gewürztraminer di Lageder e tartine al gorgonzola e noci. Un match naturale, ma non banale che introduce e ingolosisce. Dai vigneti di Magrè, Cortaccia, Termeno e Valle d’Isarco (tra i 250 e i 750 metri, con sabbia, ghiaia, talvolta argilla) alla tavola, dopo un affinamento di 4 mesi sulle fecce fini in acciaio e la fermentazione a temperatura controllata: un’etichetta che subito regala le peculiarità più affascinanti di questo vitigno, ma che dà il meglio di sé anche dopo un paio d’anni. La sua aromaticità viaggia a pari passo con la freschezza, rimanda subito a frutta matura quali albicocche e accarezza anche con note speziate. Una bottiglia espressione profonda di un territorio e uno dei classici cari ad Alois Lageder. La cui filosofia è proprio puntare su vini capaci di narrare sia la propria terra sia la cura aziendale (e spesso familiare, come in questo caso visto che siamo alla sesta generazione). Ciò passa dalla convinzione che la diversità sia l’elemento chiave, a maggior ragione in un luogo come l’Alto Adige, di una ricchezza naturale tutta da preservare e lasciar sprigionare.
Marilena Lualdi

 

I primi quattro vini che vi consigliamo: Alto Adige Doc Gewürztraminer di Lageder, Boccadirosa Malvasia Aromatica di Candia di Luretta, Falanghina Libero F particella 190 di Cantina Fontanavecchia e Ignaccio 2021 di Il Marroneto

I primi quattro vini che vi consigliamo: Alto Adige Doc Gewürztraminer di Lageder, Boccadirosa Malvasia Aromatica di Candia di Luretta, Falanghina Libero F particella 190 di Cantina Fontanavecchia e Ignaccio 2021 di Il Marroneto

FLAN DI TOPINAMBUR E BOCCADIROSA DI LURETTA
Un altro inizio accattivante per il pranzo di Natale? Malvasia aromatica e flan di topinambur. Tanto più quando si tratta di Boccadirosa, Malvasia Aromatica di Candia. La cantina Luretta ha puntato su questo vitigno che è sì simbolo dei Colli Piacentini, ma viene anche da lontano secondo la leggenda: ovvero dal Peloponneso. E lo propone in una versione ferma che sa davvero esprimere tutte le sue anime. Ne accentua l’intensità e anche la bevibilità, perché è un vino che non stanca mai proprio per questa sua continua varietà di aromi, a partire dai fiori bianchi, e il suo solido carattere. Malvasia Aromatica di Candia al 100%, Boccadirosa è il risultato di una fermentazione in acciaio: viene imbottigliata la primavera che segue la vendemmia e riposa nove mesi nella bottiglia. Il risultato è già uno spettacolo per lo sguardo con l’intenso oro e riflessi verdi. Ma è un vino che appunto colpisce per la sua freschezza, assieme alle note floreali, ma esprime anche quel suo viaggio nel tempo con un tocco mediterraneo. Luretta - che lavora nel Castello di Momeliano, struttura la cui esistenza è documentata fin dall’undicesimo secolo - lo produce fieramente da oltre 30 anni, come ambasciatore del territorio. Accompagna in armonia antipasti, ma può addentrarsi anche in tutto il pasto.
ML

 

CARDONE IRPINO E FALANGHINA DI FONTANAVECCHIA
La ricetta è un patrimonio familiare. Raccontata, tramandata, preparata, rappresenta uno dei piatti simbolo del Natale campano e in particolare beneventano. Tutto parte dalla pianta del Cardo, ortaggio invernale, coriaceo, non semplice da lavorare, simile al sedano seppur parente stretto del carciofo. Al nord viene portato sulle tavole natalizie lessato e gratinato al forno con besciamella come contorno delle carni di cappone. Nel Sannio, entra da protagonista nel Cardone Irpino. Una zuppa a base di cardo, brodo di cappone, polpette di carne, uvetta e pinoli. Emblema di una cucina contadina, saggia, sapiente, si prepara il giorno prima per lasciarlo insaporire e poi servirlo durante il pranzo di Natale, finito con parmigiano e una stracciatella d'uovo. Un piatto che riposa, così come la Falanghina Libero F particella 190 della Cantina Fontanavecchia. Siamo a Torrecuso, provincia di Benevento, alle pendici del monte Taburno, in una zona selvaggia e incontaminata della Campania. Libero Rillo, presidente del Consorzio vini del Sannio, e il suo enologo Emiliano Falsini, lasciano le uve della particella 190 in vigna fino alla prima decade di ottobre. Poi le fanno macerare per 8 ore sulle bucce e fanno svolgere la fermentazione in barrique francesi dove poi si affina solo il 10% del liquido mentre il resto passa due anni in bottiglia. Un vino complesso e di grande freschezza, speziato e agrumato, pronto da bere nell’annata 2020 oppure da lasciare in cantina anche 10 anni per servirlo nel Natale 2034 insieme a un ricco piatto di Cardone irpino.
Maurizio Trezzi

 

RISOTTO AI FUNGHI E IGNACCIO DE IL MARRONETO
Il podere de Il Marroneto sorge sotto la chiesa del 1200 dedicata alla Madonna delle Grazie - da cui prenderà il nome la località in cui la famiglia Mori impianterà il primo vigneto che darà vita al Brunello di Montalcino Madonna delle Grazie, miglior vino italiano 2024 secondo Wine-Searcher – sul versante di Montalcino che guarda a Nord. Un’azienda che sta scrivendo la storia enologica del piccolo paese toscano ma che trova anche in Ignaccio 2021 un grande biglietto di presentazione del territorio. I vigneti si trovano a 400 metri sul livello del mare e la maturazione avviene in botti di rovere: un Rosso di Montalcino succoso, buono ed elegante che nasce tradizionalmente dal declassamento del Brunello, in cui risaltano freschezza e profumi invitanti di frutta rossa. Un vino ottenuto dalla vinificazione del Sangiovese Grosso in purezza, ideale da bere tutto l’anno ma soprattutto per le feste, qui lo proponiamo in abbinamento ad un classico e godereccio risotto ai funghi (magari porcini).
Salvo Ognibene

 

Altri quattro vini ideali per gli abbinamenti di Natale: Barolo Albe 2020 di G.D. Vajra, Schioppettino di Petrussa, Jac di Querceto di Castellina e Grignolino d’Asti 2022 Garibaldi di Mura Mura

Altri quattro vini ideali per gli abbinamenti di Natale: Barolo Albe 2020 di G.D. Vajra, Schioppettino di Petrussa, Jac di Querceto di Castellina e Grignolino d’Asti 2022 Garibaldi di Mura Mura

CAPPELLETTI IN BRODO E BAROLO ALBE DI G.D. VAJRA
Non può esserci festa senza il caldo abbraccio di un buon brodo, insieme a dei confortanti cappelletti. Per il vino la scelta è caduta su una bottiglia importante, ma che in realtà – come anche affermato dai produttori – vuole essere rivolto ai giovani. Si tratta del Barolo Albe di G.D. Vajra, annata 2020. Questo vino nasce dall’assemblaggio delle uve dei vigneti di Barolo in quota da cui, grazie al gioco di esposizioni diverse, da sud-est a sud-ovest, ogni giorno si gode di tre albe, a un’altitudine compresa tra i 380 e i 480 metri s.l.m. «Quando iniziavo la mia avventura, i grandi Baroli nascevano sempre dall’unione di vigne diverse. Era il modo per raggiungere prima un’armonia e una finezza altrimenti difficili – sottolinea Aldo Vaira che con la moglie Milena ha dato vita all’azienda nel 1972 – Così è per Albe, un vino che ci sta dando grandi soddisfazioni. I risultati ottenuti sono il frutto di tante persone che lavorano con G.D. Vajra: il team di vigna, di cantina, dell’ospitalità, per ogni gesto e ogni dettaglio, anche il più nascosto, curato con amore». Fermentazione in tini troncoconici, affinamento per 26 mesi in grandi botti di rovere di Slavonia da 40, 50 e 75 ettolitri: il risultato è un vino ricco ed elegante allo stesso tempo. Frutta rossa matura, ma anche spezie e una nota leggermente balsamica, per un Barolo che promette anche grandi soddisfazioni nel tempo.
RF

 

MUSETTO E BROVADA E SCHIOPPETTINO DI PETRUSSA
Nella valle dello Judrio, ad Albana, nei Colli Orientali del Friuli, l’azienda Petrussa - guidata da Gianni e Paolo Petrussa - è sicuramente uno dei riferimenti sul territorio per la produzione dello Schioppettino, che a Prepotto ha non solo la sua terra d’elezione ma anche una vera e propria sottozona all’interno della denominazione. I fratelli Petrussa sono stati pionieri nella riscoperta di questo vitigno e nella sua interpretazione in chiave contemporanea, degna di potersi confrontare con altri grandi rossi italiani da vitigni autoctoni. Salvato dall’oblio negli anni '70, anche grazie alla determinazione di vignaioli come loro, oggi è senza dubbio l’autoctono rosso di riferimento in regione. Al naso, lo Schioppettino seduce con profumi di pepe nero e di mora e un delicato accenno floreale di violetta e in bocca arriva un sorso elegante e speziato. Lo abbiamo pensato in abbinamento a un piatto della tradizione culinaria friulana, spesso in tavola per le feste: il Musetto, un insaccato che si ottiene lavorando le parti più saporite della testa del maiale, servito con la brovada, ossia rape fermentate sotto la vinaccia. La delicata speziatura del vino richiama le note aromatiche del musetto, mentre la sua morbidezza e la sua acidità si sposano perfettamente con la succulenza del piatto.
Amelia De Francesco

 

CAPPONE IN UMIDO E JAC CABERNET FRANC
Le festività natalizie sono l’occasione perfetta per celebrare la tradizione con piatti importanti e vini che ne esaltano ogni boccone. Tra le preparazioni che evocano il calore delle tavole toscane, il cappone in umido occupa un posto d’onore; tenero, succulento, con un sapore profondo che racchiude il meglio della cucina di una volta. Per accompagnarlo restiamo in Toscana e optiamo per Jac il nuovo nato in casa Querceto di Castellina. Gestita dalla famiglia Di Battista, Querceto di Castellina - azienda biologica certificata - si estende su 50 ettari di cui 11 dedicati alla viticoltura nel cuore della DOCG Chianti Classico, tra Castellina e Radda, e offre condizioni uniche grazie alla varietà del terroir e all’altitudine collinare, che arricchiscono i vini di sfumature complesse. Jac è il risultato di cinque anni di lavoro in vigna e in cantina, nato dall’attenta selezione delle uve 100% Cabernet Franc del vigneto "Belvedere". Fortemente voluto da Jacopo Di Battista, porta il suo soprannome – Jac – come simbolo della passione che lo lega a questo progetto. Dal design dell’etichetta, che richiama l’iconico motore V8, fino alla raffinatezza del prodotto in bottiglia, è un omaggio all’equilibrio tra potenza e finezza. Un vino che si distingue per il suo bouquet ricco di piccoli frutti rossi e una leggera speziatura, di grande eleganza, freschezza e complessità al sorso.
Fosca Tortorelli

 

FRITTO MISTO PIEMONTESE E GRIGNOLINO DI MURA MURA
Il fritto misto alla piemontese rappresenta uno dei piatti più rappresentativi dei giorni di festa ed oggi completamente desueto, a causa della lunghezza della preparazione e per l’utilizzo delle frattaglie che non rappresentano oggi un cibo alla moda. Ne fanno parte i testicoli di vitello, il filone che poi è il midollo spinale, il cervello, le animelle e poi il fegato, il polmone, il rognone. A queste si aggiungono la salsiccia e la fettina di vitello, oltre alle polpette e a preparazioni dolci come il semolino, l’amaretto e la mela, oltre alle verdure di stagione. Una tale opulenza merita quindi di essere protagonista unico di un pasto. Per l’abbinamento cosa di meglio di un vino classico piemontese come il Grignolino d’Asti 2022 Garibaldi di Mura Mura, l’azienda fondata da Guido Martinetti e Stefano Grom, una realtà contemporanea di bella espressione. Il loro Grignolino si presenta di un colore rubino vivace, di bella limpidezza, con un bouquet aromatico di ampio spettro, dove il fruttato di ciliegia si unisce a fragole e mirtilli. Piacevole la parte mentolata, con cenni speziati sul finale. in bocca ha un piacevole impatto, con freschezza evidente e tannini ben integrati alla parte alcolica, con un finale gustoso e sapido.
Leonardo Romanelli

 

Gli ultimi tre consigli: Malvasia di Skerlj, Gewürztraminer Vendemmia Tardiva Terminum di Cantina Tramin e A tale of Ice Cream di Glenmorangie

Gli ultimi tre consigli: Malvasia di Skerlj, Gewürztraminer Vendemmia Tardiva Terminum di Cantina Tramin e A tale of Ice Cream di Glenmorangie

GIBANICA E MALVASIA DI SKERLJ
Un viaggio tra storia e cultura: la Malvasia di Skerlj, un vino che racconta la forza e la delicatezza del Carso, e la Gibanizza, un dolce tipico sloveno che celebra la ricchezza della tradizione mitteleuropea. Un equilibrio tra contrasti e affinità. Prodotta sul Carso triestino, la Malvasia di Skerlj si distingue per la sua autenticità e profondità. Un vino bianco autoctono che nella versione di Skerlj si presenta con una macerazione sulle bucce che conferisce struttura e complessità; al naso si percepiscono gli agrumi, le erbe aromatiche e le note minerali che ricordano il salmastro del vicino Adriatico, mentre al palato è fresca e vivace, con una sapidità vibrante che bilancia una piacevole morbidezza e una lunga persistenza. La Gibanizza è un dessert stratificato originario della Slovenia nord-orientale: si compone di sottili strati di pasta filo alternati ad un ripieno ricco e cremoso a base di ricotta, semi di papavero, noci, mele e panna acida, unendo dolcezza e acidità. La freschezza e la mineralità della Malvasia bilanciano la ricchezza e burrosità della Gibanizza, mentre le sfumature di frutta secca e agrumi, trovano eco nei semi di papavero e nelle noci. La sapidità del vino inoltre amplifica le note acidule delle mele e della panna acida, regalando un finale armonioso e persistente.
Stefania Oggioni

 

ZELTEN E GEWÜRZTRAMINER TERMINUM DI TRAMIN
Vera e propria pietra miliare del panorama vitivinicolo della provincia di Bolzano, Cantina Tramin affonda le proprie radici nell’Ottocento: era infatti il 1898 quando, Christian Schrott, parroco di Termeno, decise di dare vita a una cooperativa capace di raggruppare i tanti viticoltori della zona. La cantina, che è oggi una delle realtà cooperative più interessanti della regione, conta circa 260 ettari di vigneto, dislocati attorno alla cittadina di Termeno, coltivati con un approccio incentrato sulla sostenibilità ambientale, che premia i viticoltori virtuosi e valorizza le parcelle gestite in regime biologico e biodinamico. Un quarto delle vigne è dedicato al Gewürztraminer, vero principe del territorio di Termeno, dove raggiunge espressione di grande intensità ed eleganza. Tra le varie interpretazioni c'è il Gewürztraminer Vendemmia Tardiva Terminum, che nasce da uve raccolte nel mese di dicembre, in surmaturazione, per favorire una maggiore concentrazione degli zuccheri e lo sviluppo della muffa nobile. Affinato in barrique di rovere francese per 12 mesi, si presenta nel calice con un bel giallo dorato e intensi richiami di agrumi, fiori appassiti, miele, nocciole tostate e spezie dolci. Il sorso ha grande struttura, lunga persistenza e la giusta dose di freschezza, tale da non renderlo stucchevole. Perfetto per accompagnare il tradizionale Zelten natalizio, con cui condivide territorialità e profumi.
Adele Granieri

 

PER FINIRE… GLENMORANGIE A TALE OF ICE CREAM
"E se…” chiudessimo con un gelato? O meglio, un whisky che richiama il gelato? La quinta edizione della limited edition “A tale of…” della pluripremiata distilleria scozzese Glenmorangie ci regala proprio questa suggestione: un whisky che possa far ricordare i toni del gelato. Si chiama infatti A tale of Ice Cream e nasce dall’idea del dottor Bill Lumsden, direttore della Creazione di Glenmorangie, che ogni anno si ispira a qualcosa di diverso per raccontare la sua idea di whisky, con il suo motto “What if…”, “E se…”. Dopo una serie di esperimenti condotti con la Master Blender della Distilleria, Gillian Macdonald, hanno deciso insieme di assemblare single malt invecchiato in classiche botti ex-bourbon con il primo whisky di Glenmorangie affinato in botti di rovere appositamente tostate per esaltare le qualità della vaniglia. Il dottor Bill Lumsden spiega: «Il gelato è un irresistibile peccato di gola e, ispirandoci ai gusti che si possono trovare in una gelateria, abbiamo voluto creare un whisky dalla dolcezza irresistibile e caratterizzato da sontuosi vortici di sapore. Facendo invecchiare Glenmorangie sia in botti ex-bourbon che ad alto contenuto di vanillina, abbiamo amplificato deliziosamente il lato più dolce e cremoso del nostro single malt. Con note di pesca melba, sorbetto al limone, scaglie di cocco e ricca vaniglia, sorseggiare Glenmorangie A Tale of Ice Cream è come affondare il cucchiaio in una giostra di sapori». E a noi sembra anche una buona chiusura per le nostre tavolate delle feste.
RF


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Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

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