Siamo nel cuore della primavera, e cresce la voglia di fare passeggiate tra i prati in fiore, o in riva al lago, o anche in qualche città d’arte.
È la voglia di uscire di casa, di ripartire, di scoprire. Proprio per questo motivo, nella newsletter di Identità di Vino che abbiamo preparato per voi dedicata ai vini “primaverili”, abbiamo unito qualche “mostro sacro” dell’enologia italiana a novità intriganti, tutte da scoprire. Come sempre senza alcuna preclusione, senza essere prevenuti.
La nostra filosofia è semplice: essere sempre positivi. Cercando di fare un brindisi alle belle giornate, guardando con fiducia al futuro. Raffaele Foglia
I QUARANT'ANNI DEL BLANGÈ DI CERETTO
Quarant’anni fa nasceva il Langhe Doc Arneis Blangè, uno dei vini che hanno rivoluzionato il Roero elevando un vitigno a bacca bianca sempre messo in ombra dai grandi rossi della zona. Un progetto frutto della visione di Bruno e Marcello Ceretto. Un territorio che l’Unesco il 22 giugno 2014 ha accolto tra i paesaggi Vitivinicoli del Piemonte come patrimonio dell’Umanità.
Un vino intriso di storie di uomini, di successo, di cultura che millesimo dopo millesimo ha conquistato i palati di ogni angolo del pianeta. Un vino che esprime la convivialità e si abbina dall’antipasto al dolce perché fresco, immediato e versatile. Storie di persone che hanno permesso di riconoscere un vino con un nome di fantasia che per assonanza francofona potesse somigliare a boulanger ma in verità si allineava a molte regole di Bruno Ceretto. Vetro bianco, etichetta forata per vedere l’anima del vino per un nettare di Bacco dalla piacevolezza senza tempo. Oggi, dopo 40 vendemmie di successi è ancora la referenza di casa Ceretto che termina con largo anticipo prima del rilascio dell’annata successiva.
A memoria credo che giusto l’olimpo bolgherese possa avere una riconoscibilità per nome e non necessariamente per denominazione. Da una gita estiva a Bra, dalla ricerca dei terreni vitati con la regola di ricerca attraverso le 3 P: il parroco, il preside e il postino. Perfetto per le gite fuori porta, al mare o in montagna, ideale degustarlo fresco per essere catturato dalle note aromatiche ed erbacee. Cinzia Benzi
LUCA LEGGERO, REND NEN OMAGGIO ALL'ERBALUCE
Classe 1990, Luca Leggero trasuda di passione e di Erbaluce. Qui vi raccontiamo il suo “Rend Nen”, un’espressione piemontese che significa “non rende” e che è molto più di un nome: è un omaggio alle prime vinificazioni di Erbaluce, nata tra le mani inesperte ma entusiaste di una gioventù carica di sogni, nella vecchia cantina del nonno. Il “Rend Nen” affina 7 mesi in anfora e almeno 10 mesi in bottiglia, porta con sé struttura ed eleganza e la verticalità che riflette il territorio. Un vino bianco che riflette la vera essenza dell’Erbaluce, una delle varietà a bacca bianca più antiche d’Italia, originaria del Canavese, in Alto Piemonte.
A Villareggia, tra Torino e la Valle d’Aosta, Luca Leggero produce l’Erbaluce di Caluso Docg anche in un’altra versione, sempre con un’impronta stilistica che ricorda i bianchi della Loira. Il progetto, iniziato nel 2015, oggi è sostenuto dalla cantina di produzione (dove ha realizzato la prima vendemmia nel 2021) e dall'obiettivo raggiunto di riportare in auge, il vino Nebbiolo ottenuto dai cloni di picotendro e l’Erbaluce di cui abbiamo parlato. Salvo Ognibene
FLY AND RUN, LA LIBERTÀ SECONDO ANDREA MOSER

Andrea Moser con Fly e Run
Fly & Run. Vola e corri. Simboli di libertà. Quella libertà che Andrea Moser, winemaker trentino che vanta diverse collaborazioni, ha trovato nei suoi temporary wines, dei quali avevamo già avuto modo di parlare (leggi qui).
La libertà è anche quella di tornare sulle rive del lago di Caldaro, dove ha lavorato per diversi anni, e potere esprimere la propria filosofia di produzione con due vitigni che a lui stanno particolarmente a cuore, cioè Pinot Bianco e Pinot Nero. Il vigneto si trova a Mazzon di Caldaro ed è esposto a est pieno, a 500 metri sopra al lago. La forma di allevamento è il guyot, e sullo stesso terreno, alluvionale e con buona presenza di limo e argilla, nasce un unico vigneto a conduzione biodinamica, che accoglie due vitigni fratelli, ma diversi.
«Per il Fly, Pinot Bianco, la fermentazione è avvenuta in un’anfora di Tava da 7,5 ettolitri e in una barrique di secondo passaggio. A fine fermentazione abbiamo solamente colmato i contenitori e fatto dei batonnage a necessità. Il vino è andato incontro ad un solo travaso, avvenuto il 7 agosto 2024, quando abbiamo provveduto al taglio tra barrique e anfora». È in bottiglia dal 16 settembre 2024, prodotto in 1.280 esemplari. Per il Run, Pinot Nero, l’affinamento del vino è avvenuto in un’anfora di Tava da 7,5 ettolitri e in una barrique. Poi qualche batonnage e un solo travaso, a cui è seguito il taglio tra barrique e anfora. È in bottiglia dal 16 settembre 2024, per 1.550 esemplari.
La volontà di Andrea Moser è stata quella di lasciare liberi i due vitigni di esprimersi, senza vincoli, nella loro semplicità e, per assurdo, nella loro complessità. Uscendo dai canoni di quelli che possono essere i Pinot Bianco e i Pinot Nero dell’Alto Adige. Da provare. Raffaele Foglia
PRAVIS, LA NOSIOLA RACCONTA LA VALLE DEI LAGHI
Nosiola, stesso nome di vitigno a bacca bianca e vino, che onora l’identità enoica trentina in grado d’ interpretare al meglio il concetto di “autorevole semplicità”. La più difficile da farsi.
Perché vendemmie mirate riescono a trasformare i grappoli di Nosiola in un vino assolutamente versatile, per un bere spensierato, vino primaverile (sentori di nocciolo in fiore, erbe di campo e giusta salinità) anche se la sapienza dei cantinieri ‘patriarchi’ sublima in Vino Santo particolari pigiature di queste uve. E ancora: vinificare grappoli parzialmente appassiti per avere un vino bianco suadente, elegante, succoso e longevo.
Dunque Nosiola, una e bina, pure trina, con l’ulteriore idoneità delle sue vinacce a generare grappa sopraffina.
Pasqua è il tempo della Nosiola. Specialmente in Valle dei Laghi. È nella Settimana Santa che si pigiano le uve fatte surmaturare su graticci chiamati “arele”. Un rito per un mito. Che riesce a rilanciare pure alcune versioni gioviali, schiette quanto corroboranti: come Le Frate - Nosiola IGT Dolomiti - della Pravis, azienda agricola con 50 vendemmie alle spalle, vigneti adagiati in Valle dei Laghi, tra il Garda, le Dolomiti di Brenta, i castelli di Toblino e Madruzzo sullo sfondo. Gestita ora da figli dei soci fondatori, generazione under 30, con le sorelle Erika e Giulia Pedrini - enologhe - e i fratelli Alessio e Silvio Chistè, agronomi. Nereo Pederzolli
SAUVIGNON DI LA-VIS, ANIMA TRENTINA
Con la primavera la natura si risveglia e l'aria si riempie di profumi nuovi, ed è proprio in questo spirito di rinascita che il Sauvignon di Cantina La-Vis sembra trovare la sua più autentica espressione. Figlio delle colline trentine, dove i vigneti si arrampicano tra il cielo terso e la terra generosa, questo Sauvignon nasce da un equilibrio perfetto tra il rigore alpino e la dolcezza della brezza che accarezza le vigne. Alla vista, il suo colore giallo paglierino luminoso, con riflessi verdognoli, richiama la freschezza dei primi germogli e delle giornate che si allungano.
Il profumo è un viaggio: note erbacee sottili, appena accennate, si intrecciano a fragranze di frutta esotica e agrumi. Il sorso è vivo, vibrante, animato da una freschezza minerale che scivola gentile e lascia il palato intriso di una sensazione pura e luminosa. Il Sauvignon di La-Vis è il racconto liquido della primavera trentina, una stagione fatta di contrasti dolci, di cieli limpidi, di terra che respira e si colora di vita. In ogni bicchiere si ritrovano il rispetto per la natura, la cura sapiente dei viticoltori e quell’invisibile poesia che solo il tempo sa imprimere nella vigna. Cantina La-Vis firma così un bianco che non smette mai di emozionare, capace di portare nel calice la freschezza, la grazia e l’incanto dei primi giorni di primavera. Stefania Oggioni
ROCCOLO CALLISTO E LA LEGGIADRIA DELLA VALPOLICELLA
Con l’arrivo della primavera cresce il desiderio di vini capaci di coniugare leggerezza e profondità, espressioni autentiche del territorio e ideali per accompagnare i primi momenti di convivialità all’aria aperta.
Siamo a Parona, nella parte orientale della Valpolicella, a pochi chilometri da Verona, in un contesto naturale che conserva intatta la sua bellezza. Qui, immersa in un vero e proprio microcosmo di biodiversità, si trova la tenuta Roccolo Callisto, con i suoi 14 ettari di paradiso dove boschi, vigneti e ulivi convivono in armonia, offrendo rifugio a numerose specie animali e raccontando un’idea di viticoltura rispettosa ed equilibrata.
Fondata negli anni Settanta, la cantina è oggi custode di un patrimonio agricolo e paesaggistico raro, frutto di scelte agronomiche consapevoli e coerenti con una visione di sostenibilità concreta. Il loro Valpolicella Doc 2023 ne è una delle espressioni più immediate, un vino giovane, fresco e profumato, prodotto con uve Corvina e Rondinella, vinificate esclusivamente in acciaio, per preservarne la fragranza.
Il risultato è un vino dal colore rubino chiaro, che regala aromi di piccoli frutti rossi, fragola, lampone, e spezie delicate, a cui si aggiunge una beva scorrevole, fine e piacevolmente persistente. Un vino che esprime freschezza e carattere, ideale per celebrare la rinascita della natura. Fosca Tortorelli
L'ARMONIA DEL FRIULANO DI BOSCO ALBANO
Il benvenuto alla primavera arriva con tutta la sua ricchezza di profumi, ma anche delle sue anime da una tenuta come Bosco Albano e da un vino che per vocazione e nome esprime una terra. Parliamo del Friulano Doc. Si definisce una piccola oasi vitivinicola, Bosco Albano, un mondo sulle colline sospeso tra le Prealpi e il mare Adriatico, costruito in tempi relativamente brevi ma con rispetto per la storia e la sua principale artefice, ovvero la natura. L’etichetta che proponiamo per respirare la bella stagione, è 100% Friulano, coltivato in un suolo con prevalenza argillosa, a esposizione Est-Ovest.
Il vino di quest’azienda di Pasiano di Pordenone inizia a raccontare di primavera con il suo colore giallo paglierino e conduce poi tra note floreali, a partire dall’acacia: sentori che cambiano nell’offrirsi al palato, spingendosi sulla frutta e terminando con la mandorla amara.
Il piacere che se ne trae è un’armonia che non risulta statica, ma offre la possibilità di esplorare sensazioni con leggerezza. Questo è vero ulteriormente negli abbinamenti, che permettono di addentrarsi in tutto il pasto senza confini, a maggior ragione con piatti forti della freschezza stagionale. Marilena Lualdi
ELENA CASADEI LANCIA IL MISTERIOSO ORPICCHIO

Elena Casadei presenta l'Orpicchio
Elena Casadei, giovane produttrice toscana, continua il suo personale percorso di valorizzazione di alcune varietà coltivate nelle aziende di famiglia.
L’Orpicchio viene allevato in un vigneto di mezzo ettaro dell’azienda Terre di Romena in Casentino, ultima frontiera enologica di Famiglia Casadei.
Si tratta di una varietà autoctona toscana originaria del Valdarno, le cui testimonianze relative alla coltivazione risalgono a inizio ‘900, ma che è stata riscoperta nel 2007 e poi inserita, l’anno successivo, nell’elenco delle varietà di vite classificate idonee alla produzione di uva da vino della Regione Toscana.
L'annata 2024, primo millesimo di Orpicchio Toscana IGT, in attesa dell’etichetta definitiva prima a dell’entrata in commercio, fa parte della linea Le Anfore di Elena Casadei, nata nel 2013, caratterizzata dall'utilizzo di anfore di terracotta per la vinificazione.
Al naso il primo impatto è di pesca matura e di frutti estivi, per poi lasciare spazio a richiami di biancospino e pietra focaia, con una nota iodata di sottofondo. Il sorso è intenso e carnoso, di grande dinamismo gustativo, con una coda sapida che lo rende estremamente godibile. Adele Granieri
LAMATA, PINOT NERO NEL CUORE DELL'ABRUZZO
Nel cuore del Parco Naturale Sirente-Velino, si trova Goriano Valli, un borgo dove la coltivazione della vite assume i tratti dell’eroismo. Qui, l’azienda agricola Vigna di More, ha saputo creare un angolo di eccellenza enologica. Siamo nella Valle dell’Aterno, ai piedi delle pendici del monte Sirente: a 700 metri di altitudine, varietà montane come il Pinot Nero e il Kerner prosperano in un ambiente perfetto. Completano i sei ettari di vigneti altri vitigni come Cococciola, Chardonnay e Petit Manseng.
Adriana Tronca e sua figlia Martina coltivano la vite interpretando la voce di un territorio autentico, senza forzarne l’essenza ma valorizzandone le qualità originarie. Il loro è un approccio genuino che punta a far emergere vini eccellenti. La storia di Adriana è fatta di scelte dettate dal cuore: da tecnico odontoiatrico nella provincia di Brescia, decide di tornare in Abruzzo, terra d’origine del padre. Insieme alla figlia e al marito Maurizio, dà vita a un progetto agricolo che si concretizza nel 2005 con la nascita dell’azienda, fondato su una visione consapevole dell’agricoltura e del territorio. Il Lamata 2019 si presenta di colore rubino chiaro. Profilo olfattivo fine e articolato, dominato da piccoli frutti rossi come ribes e fragolina di bosco, con eleganti accenni floreali di rosa canina. Sorso agile e fresco, con tannini delicati e fusi nella struttura. L’acidità naturale conferisce slancio e longevità al vino, con finale è pulito e armonico, con ritorni minerali. Leonardo Romanelli

IL PECORINO DI VALORI, ANCHE... QUANDO PIOVE
Nei campi e in vigna ogni giorno è sinonimo di duro lavoro. Tutte le settimane, ogni mese, c’è sempre qualcosa che va fatto. E allora se volete parlare con un agricoltore l’unico modo è chiamarlo: “quando piove”, perché solo in quei giorni non sarà nei campi. È cosi che Luigi Valori, nel 1996, ha scelto di intitolare la sua azienda vinicola di Sant’Omero sulle colline teramane in Abruzzo. Quasi 30 anni dopo, “Chiamami quando piove – Valori” è un’azienda vitivinicola che sta al passo con i tempi e che vuole mantenere e valorizzare le varietà autoctone abruzzesi.
Nei 14 ettari, tra i comuni di Sant’Omero e Controguerra, la varietà più coltivata è il Pecorino – il vino dei pastori, come narra la leggenda - uvaggio riscoperto dopo essere stato messo a margine a causa della ridotta produttività. Dona vini secchi e minerali, di un bel colore giallo paglierino con profumi intensi di acacia e gelsomino. Caratteristiche che ben si ritrovano nell’Abruzzo Pecorino 2023 di Valori. Intensi i profumi di fiori e frutti fra i quali spiccano, come detto l’acacia, la ginestra e le pesche bianche. Un vino fresco, dalla perfetta acidità e adatto ai primi convivi en plein air di primavera con crudi di pesce e antipasti a base verdura e formaggi di media stagionatura. Maurizio Trezzi
È ISS, IL CUORE ANTICO DEL TINTORE
C’è tanta curiosità e quasi un senso di solennità nel degustare un vino di uve Tintore, vitigno storico e schivo, che a Tramonti, piccolo comune in provincia di Salerno, vive con fierezza tra muretti a secco e terrazzamenti eroici.
L’etichetta in questione reca la scritta È Iss, che in dialetto napoletano significa “è lui”, ed è prodotto in numero limitato da Tenuta San Francesco, realtà a conduzione familiare che nasce dalla passione dei quattro soci Gaetano e Generoso Bove, Vincenzo D’Avino e Luigi Giordano. Le uve 100% Tintore provengono esclusivamente da ceppi ultrasecolari prefillossera, allevati tra i 300 e i 600 metri di altitudine su terreni calcareo-dolomitici punteggiati di piroclasti vulcanici (pomici). Dopo la raccolta manuale, la vinificazione avviene in acciaio, seguita da un affinamento in botte da 25 hl per 18-24 mesi e ulteriori 6 mesi in bottiglia prima della commercializzazione.
Rosso rubino impenetrabile, al naso è profondo e scuro, attraversato da note di gelso e prugna matura poi ginepro, liquirizia e pepe nero che si alternano in un gioco aromatico elegante e incisivo. In bocca, l’acidità è spiccata, piacevole e ben bilanciata da un sorso caldo e rotondo e dal tannino in maturazione. Finale balsamico e goloso, di quelli che invitano al secondo assaggio poi al terzo, senza fretta.
È Iss è un rosso che non si concede facilmente, ma, quando accade, è prodigo nel racconto di un territorio aspro ma generoso: un vino dall’anima antica, dal passo sicuro e dal cuore acceso. Davide Visiello
MUSCATEDDA E I PROFUMI DELLA VAL DI NOTO
Nel cuore della Val di Noto, l'azienda Marabino coltiva il Moscato Bianco secondo i principi dell'agricoltura biodinamica, dando vita a Muscatedda: un vino secco, profondamente territoriale, da un vitigno aromatico solitamente utilizzato per la produzione di vini dolci e passiti. Il nome Muscatedda richiama la prima vigna vendemmiata nella zona, su suoli calcarei che donano al vino una decisa sapidità.
Le uve, raccolte a piena maturazione, fermentano spontaneamente in acciaio a contatto con le bucce per circa quindici giorni, seguendo poi un affinamento in acciaio fino alla primavera successiva, con bâtonnage effettuati secondo le fasi lunari, per esprimere al meglio le caratteristiche del territorio e del vitigno.
Il risultato è un vino che al naso regala note di fiori d'arancio, erbe mediterranee e agrumi, in bocca arriva la freschezza e l'equilibrio tra acidità e morbidezza rendono Muscatedda il vino perfetto per accompagnare piatti leggeri, insalate di mare e formaggi freschi.
Con una produzione di bottiglie limitata e un profondo rispetto per la natura, Muscatedda rappresenta l'autenticità agricola del territorio siciliano, offrendo a chi lo beve un gran bel sorso di primavera. Amelia De Francesco