È questo il luogo, è questo il momento. In altre parole, Hic et Nunc come ha scelto di chiamare l’azienda Massimo Rosolen, origini friulane, il percorso di vita che prosegue nella Val Brembana, fino a giungere nel Monferrato dove il mondo del vino lo attira irresistibilmente a sé. A Vignale, per la precisione, punto di incontro tra l’Alessandrino e l’Astigiano.
Quando ci si sceglie – ed è ciò che è accaduto tra Massimo e questi vigneti - si avverte la responsabilità di ogni dettaglio nel prendersi cura dell’altro: ciò avvolge la terra e tutte le creature che la popolano (come pure nell’aria), fino alle persone che rendono possibile giorno dopo giorno la realizzazione di un sogno. In un caloroso spazio del Sant Ambroues di Milano, il racconto si intreccia con le viti: Hic et Nunc ha puntato su uve autoctone e vini monovarietali, per esprimere a fondo le radici. Grignolino, Barbera del Monferrato, Cortese, Nebbiolo e il Baratuciat, quest’ultimo portato dalla Val di Susa, una produzione limitata che si rivela una vera chicca.

Massimo Rosolen, origini friulane, ha creato l'azienda (foto Gd Comunicazione)
Tredici anni fa,
Rosolen acquista questa tenuta e nel 2016 arrivano le prime annate – accanto a lui c’è l’enologo
Donato Lanati, ma anche
Emanuela Musabelliu, braccio destro e responsabile operativo e organizzativo della cantina, e gli agronomi
Marco Tonni e
Pierluigi Donna -, mentre due anni più tardi inizierà la costruzione della nuova cantina, un progetto in cui l’innovazione comunica fortemente il concetto caro all’azienda: dev’essere cioè rispetto, armonia.
Alla cantina interrata si accompagna la sala degustazione con lo sguardo che abbraccia il territorio. Si avvia anche l’ospitalità con la Cà dell’Ebbro nel 2020, l’anno in cui un simile passaggio era inosabile. Ma soprattutto, poco dopo si sviluppa il processo di conversione al biologico.

Un'immagine dei vigneti (foto Gd Comunicazione)
Un’area di 100 ettari, di cui 21 riservati ai vigneti. I suoli sono di origine marina, con una matrice argilloso-calcarea. Si possono individuare le pietre da cantone, usate nei tempi antichi per le costruzioni, blocchi di calcare e arenarie giallo-ocra. È un terreno povero, che svela una miriade di minuscoli tesori, microelementi decisivi per la struttura, la finezza e la sapidità.
Innovazione per Massimo Rosolen è appunto osare, non per stravolgere, bensì per valorizzare e respirare a pieno un territorio. O meglio il territorio, il prescelto, quello a cui ha deciso di dedicarsi a fondo, lasciando la precedente vita professionale, perché bisognava tuffarsi lì, dare e sentire tutto, in simbiosi. Ciò si esprime anche nel progetto della struttura ideata dall’architetto bergamasco Gianluca Erroi.

L'interno della cantina (foto Gd Comunicazione)
Tre piani, di cui il primo esterno con la grande terrazza sui vigneti per gli eventi. Ci si immerge quindi nel secondo piano e qui acciaio e vetro (in un gioco di trasparenza fisica che è anche simbolica) offrono allo sguardo i filari e al contempo conducono alle cantine. Già si possono vedere le vasche in acciaio e la bottaia, rivestita in legno: in omaggio all’economia circolare interpretata in ogni passo, le assi sono state recuperate dal Grand Hotel di San Pellegrino Terme. L’ultimo piano è interrato e qui si concentrano le lavorazioni di cantina, con le vasche di fermentazione e le botti di affinamento.
Latino, italiano e piemontese si uniscono nel ribattezzare le etichette e anche ciò ha un senso profondo: è quel legame con le radici, da sempre o incontrate, focalizzate in un preciso luogo come il Monferrato, eppure con un respiro universale. La sostenibilità è la filosofia che appartiene all’anima dell’azienda, dalla cura dei vigneti ai materiali usati in cantina e infine (ma non ultime) le risorse umane. Hic et Nunc va orgogliosa dell’attestato “Great Place to Work” nel 2022, 2023 e 2024: si è classificata al quinto posto tra le migliori aziende con meno di 50 dipendenti in cui lavorare nel nostro Paese.
Centomila le bottiglie prodotte, dieci etichette. I mercati di riferimento, oltre all’Italia, sono Australia, Svizzera, Usa, Taiwan, Canada, Svezia, Regno Unito, Olanda, Danimarca. Così come vari sono i canali di vendita:
Ho.Re.Ca., importatori, vendita diretta, e-commerce.
Allora, accostiamoci ai vini che parlano a ogni senso e già attirano a sé la vista: specialmente il Grignolino e il Baratuciat, un canto per gli occhi.
Proprio il Grignolino del Monferrato Casalese Doc ci incanta particolarmente, con quel suo rosso scarico e avvincente: Altromondo di nome e di fatto, l’annata 2023 ci trasporta in un viaggio tra note fruttate e spezie, con un equilibrio che si conferma al gusto. È la rivincita a gran voce, con una propria personalità rinnovata, marcata senza essere aggressiva, per un vitigno che ha avuto vicende alterne in Piemonte, ma qui è stato individuato come un protagonista.

Alcuni dei vini presentati
L’avvio della degustazione sarà però nel segno del
Monbullae (
Metodo classico Pas Dosé, 50%
Cortese e 50%
Barbera) con poi un finale nel light lunch che è sempre sulla scia delle bolle attraverso il
Pandemonio (
Metodo Martinotti Extra Brut Rosé, solo
Barbera). Il cammino prosegue con il
Cortese come unico attore nelle sue interpretazioni.
C’è Mè Frel, Monferrato Doc Casalese Cortese (sei mesi di affinamento in acciaio), sempre annata 2023 e quindi Monolite Monferrato Doc Casalese Cortese, che se vede un affinamento della massa per il 90% in acciaio per 12 mesi, comprende anche un 10% che fermenta e affina in barrique per sei mesi: quindici gradi che non si avvertono. Qui se colpisce il benvenuto delle note fruttate, che si incontrano poi con fiori e miele, si è conquistati definitivamente dalla sapidità e dalla persistenza.
La gradevolissima sorpresa si chiama tuttavia
Felem, da uve
Baratuciat, affinamento in acciaio preceduto da una prolungata macerazione. Mineralità e delicatezza di aromi sanno unirsi in un vino caratterizzato da struttura e persistenza.
Non possono che imporsi all’attenzione infine due ambasciatori del Monferrato. Femminile Singolare Barbera del Monferrato Doc ha una sua freschezza profumata: con il nome, ammicca a chi ancora scivola nel maschile per questo vino. Si sale sui gradini del tempo con un omaggio a vigneti di ottant’anni, anzi con un Monumento, Barbera del Monferrato Superiore Docg: 12 mesi in tonneaux di rovere francese (di secondo o terzo passaggio) e altrettanti in acciaio. Un vino con una serietà che non è pesantezza, non stanca ma vibra di calore, di profumi di frutta rossa e cacao.