08-09-2022

Un buon bicchiere a pranzo: 14 etichette da non perdere

Quale calice scegliere per godersi il pasto in pausa lavoro? Tanti consigli dagli esperti della nostra redazione vino. Dal Grignolino al Bianco di Catalogna

Il Vermentino dei Colli di Luni Etichetta Bianca

Il Vermentino dei Colli di Luni Etichetta Bianca di Lunae abbinato alle trofie al pesto: un'ottima idea per la pausa pranzo

Ci stiamo preparando a lasciare alle spalle un’estate difficile, per molti versi: siccità, aumento dei costi, tra gas, carburanti ed elettricità, guerra e – ancora – pandemia, anche se sembra passata in secondo piano. Ma noi vogliamo pensare positivi. E cerchiamo un buon modo per ripartire. Per questo, tornando al lavoro e alle varie attività quotidiane, non dimentichiamoci di fare una pausa pranzo che sia davvero rigenerante. Magari spegniamo anche il cellulare.

A fianco di un piatto di pasta o a una bistecca, oppure anche solo a un’insalatona, non facciamoci mancare un buon bicchiere di vino. Ognuno ha le proprie preferenze, certo. Noi abbiamo pensato di darvi qualche suggerimento, per accompagnarvi virtualmente in questo momento di relax.

L’armonia del Grignolino di Santa Caterina
Di ritorno dalle ferie, bisogna avere la forza e il coraggio di fissare una pausa pranzo nutrita dalla pazienza e di non lasciarsi travolgere: un ottimo alleato è Monferace Grignolino d’Asti Doc 2015 della Tenuta Santa Caterina. Un vino che coccola il tempo, sia con la sua anima – da nobile vitigno che fa parte della storia del Monferrato – sia con l’attenzione che gli viene riservata oggi, forti dell’eredità con questo progetto. La tenuta è a Grazzano Badoglio, con radici che affondano nel Settecento e sono state rinvigorite da Guido Carlo Alleva nel nuovo millennio, quando cioè è tornato alle terre di origine materna e alla loro arte. La voce del Grignolino è un canto risoluto  che fa dell’attesa il pentagramma. I grappoli vengono selezionati con estrema cura sia in vendemmia sia in pigiatura, poi avvengono la vinificazione scrupolosa e l’affinamento per 30 mesi in piccole botti di rovere. Ma c’è bisogno di tempo, ancora, per esprimere l’armonia totale: ecco allora la maturazione in bottiglia per altri 30 mesi. L’annata 2015 rivela la struttura, ma anche una grazia che si fa preannunciare da note floreali, speziate e altre tutte da scoprire nel loro incedere, come l’arancia amara.
Marilena Lualdi

T-Rosso Cuvée, leggerezza e profumi da Tramin

I rossi di montagna non hanno ancora, a torto, trovato la loro piena affermazione nei gusti dei consumatori italiani. In Trentino e ancora di più in Alto Adige, si sta lavorando per affermarne la personalità e lo status di prodotti di interesse e qualità. La cantina di Tramin, forte di bianchi che scalano ogni anno i ranking di tutte le principali riviste enologiche mondiali, propone un’assortita gamma di vini rossi, solidamente poggiati sui vitigni classici che trovano la loro collocazione sui pendii collinari alle spalle dell’abitato di Termeno. Vini freschi, profumati, alcuni poco impegnativi e perfetti per essere serviti, al calice o in bottiglia, durante un pranzo di lavoro o di svago. T-Rosso Cuvée è un blend di MerlotPinot Nero e dell’immancabile, da queste parti, Schiava, provenienti da piante collocate fra i 250 e i 550 metri di altezza. L’annata 2021 è frutto di una vendemmia, con basse rese, ritardata di una decina di giorni rispetto alla consuetudine, con forti escursioni termiche nei periodi antecedenti il raccolto che hanno lasciato in bottiglia freschezza e delicati profumi. I gradi alcolici relativamente bassi (12,5%) ne consentono la degustazione a mezzodì senza compromettere l’operatività pomeridiana e regalando, di contralto, una piacevole freschezza aromatica di frutti e bacche rosse. Gli abbinamenti consigliati sono carni bianche, pesce e piatti vegetariani sostenuti.
Maurizio Trezzi

Manzoni Bianco di Cecchetto, da non sottovalutare
Mai sottovalutare il Manzoni Bianco, mai sottovalutare le terre del Piave. L’azienda Cecchetto, nata a metà degli anni Ottanta, ha sicuramente puntato molto sul Raboso del Piave, una varietà non facile da trattare, ma che esprimeva al meglio il carattere e l’identità del territorio. Ma se il Raboso rimane il fulcro della produzione, anche altri vitigni hanno trovato il loro terroir ideale, e i Cecchetto hanno avuto la capacità di individuare le varietà migliori per loro. Tra le altre, il Manzoni Bianco. O meglio, per essere precisi, l’Incrocio Manzoni 6.0.13. Tutto nasce dalla ricerca del professor Luigi Manzoni, preside dal 1912 al 1958 all’Istituto Cerletti di Conegliano, la più antica Scuola Enologica d’Italia. Tra i vari incroci, quello più noto è probabilmente il Manzoni Bianco, frutto dell’unione tra Pinot Bianco e Riesling. Cecchetto ha trovato a Motta di Livenza il terreno ideale per realizzare questo Igt Marca Trevigiana che riesce ad avere una grande immediatezza, con note floreali di glicine che si uniscono a frutta gialla e frutta tropicale, senza eccessi, abbinati al sorso a un’ottima freschezza e sapidità. Ideale da abbinamento: per la pausa pranzo è l’ideale, soprattutto quando si ha dei dubbi su cosa scegliere.

Tenuta Stella, anima pura e concreta del Friulano
Dopo la pausa estiva, non sempre è semplice riadattarsi ai ritmi quotidiani, al caos e alle attività lavorative, ma il momento della ripresa diventa anche l’occasione per condividere le esperienze fatte, magari condividendo non solo una chiacchiera, ma anche una buona bottiglia di vino. La nostra scelta ricade sul Collio Doc Friulano 2020 bio di Tenuta Stella, un vino fresco, avvolgente, complice e concreto. In questo Friulano si racchiude un’anima pura, espressione vera del suo luogo di provenienza. I profumi sono carnosi e coinvolgenti, il sorso incisivo, lineare, lungo e persistente, con un ottimo bilanciamento e un finale di latte di mandorla, carezzevole e rassicurante. Siamo nel Collio, a Dolegna del Collio, in località Scriò, nella parte più alta del territorio; l’azienda conta circa 12 ettari vitati, caratterizzati da una forte pendenza. Una viticoltura non facile da gestire, ma che connota e regala uve uniche, prevalentemente legate alle varietà del luogo. Il terreno è costituito da marne ed arenarie di origine oceanica, note con il nome di Ponca, dove le radici della vite si fanno spazio per cercare acqua e minerali. Passione e rispetto del paesaggio, del terreno, della pianta, del vino e di chi ne fruisce, questa è l’etica racchiusa in pochi, ma essenziali principi comportamentali, che la cantina Tenuta Stella porta avanti.
Fosca Tortorelli

Vermentino Etichetta Nera Lunae, una garanzia
Appena si arriva da Cantine Lunae si percepisce che siamo di fronte ad un’aziende familiare  oggi allargata. Da sempre dediti al Vermentino e altri vitigni autoctoni come l’Albarola, la Malvasia e la Massareta per citarne alcuni; 65 ettari vitati condotti in maniera bio utilizzando energia verde con impianti fotovoltaici, geotermici e strutture di produzione a basso impatto ambientale. Il Colli di Luni Doc Vermentino Etichetta Nera è una sintesi perfetta di questo territorio interpretato in maniera contemporanea dai Bosoni. La prima annata è stata il 1992 e dopo trent’anni siamo di fronte ad un vino dalla complessità indescrivibile. Ci limitiamo a dire che la criomacerazione è perfetta per esaltare ogni acino di Vermentino. Il colore giallo paglierino incanta per riflessi dorati e al naso i sentori di albicocca e pesca si fondo all’assaggio con la florealità dei tipici fiori della macchia mediterranea. Nota di fondo balsamica e ammandorlato svelano un calice perfetto per la pausa pranzo con carpacci di pesce, carne e, senza dubbio ideale anche per chi predilige il pasto green.
Cinzia Benzi

Versatilità nel Trebbiano Brò di Noelia Ricci

Brò, il Trebbiano di Noelia Ricci, profondo e allo stesso tempo leggero, è assolutamente versatile nel momento in cui goderlo. La balena rappresentata nell’etichetta è simbolo, nelle culture orientali, della memoria, della famiglia e dell’esperienza. Un richiamo al mare, che un tempo ricopriva le terre della Romagna dove oggi crescono i vigneti dell'azienda e alla memoria, di un tempo astratto per immergersi nell’inconscio. Marco Cirese dal 2013 ha ripreso l'azienda agricola di famiglia con una ricerca continua e innovativa che ha permesso alla cantina di Predappio dedicata a Noelia Riccidonna carismatica e autentica che in tempi lontani ha saputo credere nelle potenzialità di questa terra, di affermarsi sempre più ed il loro Trebbiano ne è l'esempio lampante: incarna l'archetipo della varietà in questo areale e si racconta nel calice con una straordinaria sapidità, grintoso e sfrontato all'assaggio. Fermentazione spontanea, macerazione di cinque mesi con una piccola quantità di bucce, sei mesi in acciaio sulle fecce fini e minimo 2 mesi in bottiglia. Da provare con le carni bianche in generale, insalate o sushi.
Salvo Ognibene

Vigna dell’Impero, tra storia e futuro

Tenuta Sette Ponti è sicuramente nota per il vino di punta, Oreno, molto apprezzato dagli appassionato e che ha conquistato negli anni tanti riconoscimenti. Ma Tenuta Sette Ponti non è affatto solo Oreno. Con la vendemmia 2012, infatti, è arrivato anche il Vigna dell’Impero, un Sangiovese in purezza. Si tratta di un prodotto di altissimo livello, con le uve che arrivano da una vigna storica piantata nel 1935 su volere di Sua Altezza Reale Duca Amedeo d’Aosta Vice Re d’Etiopia per celebrare la presa dell’Impero Abissino. Andando oltre la storia, si tratta di un vigneto di circa 3 ettari, su terrazzamenti, a circa 300 metri di altitudine, su un terreno ricco di galestro: rese basse e uve ricche, per una vinificazione in grandi botti di rovere e un lungo affinamento, già prima di uscire in commercio. Vigna dell’Impero 2015 rispecchia oltretutto un’annata particolarmente positiva per la Toscana: si tratta di un vino con una grande ampiezza al naso, dove prevale un frutto maturo intervallato da speziature gentili, non invasive. In bocca ha già un buonissimo equilibrio, ma fa sentire tutta la sua struttura che permetterà di esprimersi al meglio negli anni. Poi Vigna dell’Impero 2018, presentato lo scorso Vinitaly è un altro vino dal potenziale enorme. E con grandi possibilità di abbinamento: un bicchiere, purché buono, anche con una semplice bistecca, potrebbe cambiarvi la giornata, in meglio.

Mare antico, l'Orvieto per Decugnano dei Barbi
Correva l’anno 1973 quando Claudio Barbi, figlio di un imbottigliatore e commerciante di vino del bresciano, chiese al padre un prestito per acquistare un podere quasi abbandonato, a pochi chilometri da Orvieto. Molti anni sono passati da quella prima vendemmia del 1978 e il vino di Orvieto - anche grazie al lavoro svolto dalla famiglia Barbi - di strada ne ha fatta tanta in termini di crescita della qualità e di reputazione. Partiti con 5 ettari, oggi Enzo Barbi - che ha prima affiancato e poi è subentrato al padre Claudio in azienda - gestisce 34 ettari vitati, quasi tutti a corpo unico, a una altitudine media di 350 metri sul livello del mare, con 13 varietà diverse di bianco e rosso. Mare Antico è blend di Grechetto, Chardonnay, Vermentino e Procanico e deve il suo nome ai terreni sabbiosi e di origina marina, ricchissimi di conchiglia fossile, su cui crescono le vigne. Si tratta di uno dei vini storici di Decugnano dei Barbi, conosciuto fino a qualche anno fa semplicemente come “Il Bianco”. Un Orvieto Classico Superiore DOC che affina in prevalenza in acciaio (solo una piccola massa in barrique) e in cui le diverse varietà vengono vinificate separatamente, per creare poi un assemblaggio elegante, equilibrato e che mantenga ben definite le caratteristiche dei singoli vitigni e la loro spiccata territorialità. La 2020 è un sorso piacevolissimo che porta sensazioni di delicata frutta estiva su una base salmastra e iodata. Ci piace pensarlo in un pranzo di fine estate a base di formaggi freschi e primi a prevalenza vegetale, o persino ad accompagnare un erborinato, quando le temperature diventano più miti.
Amelia De Francesco

Sorrentino e l’anima più autentica del Vesuvio
Il cratere del Vesuvio a pochi passi e i colori vividi della natura rigogliosa, esaltati dal luccichio della terra vulcanica e del mare: è il microcosmo di Sorrentino, la bella azienda di Boscotreacase condotta dai fratelli BennyMaria Paola e Giuseppe. Nel cuore del Parco Nazionale del Vesuvio si estendono 35 ettari di vigne in un corpo unico, a quote oscillanti tra i 200 e i 600 metri, coltivate in regime biologico ormai da vent'anni. CaprettoneFalanghinaPiedirossoAglianico e Greco affondano le radici negli scuri terreni vulcanici a matrice sabbiosa, ricchi di ceneri e lapilli. A piede franco, ça va sans dire. Il Piedirosso Frupa fa parte del progetto Prodivi, una linea di vini ottenuti dall’accurata selezione delle uve provenienti da specifici vigneti. Un vino intenso e succoso che si distingue per il profilo floreale che rimanda alla rosa e al geranio, arricchito da note di frutti rossi e macchia mediterranea. Perfetto per una pausa pranzo in compagnia di un delizioso piatto di spaghetti al pomodorino del piennolo vesuviano: da gustare in azienda, preparato con ingredienti rigorosamente a km 0, seduti a tavola tra le vigne, il vulcano e il mare. 
Adele Granieri

Floramundi, l’eleganza nel Cerasuolo di Vittoria

L’armonico uvaggio di Nero d’Avola e Frappato, vitigni autoctoni siciliani che caratterizzano il Cerasuolo di Vittoria, unica Docg della Sicilia, trovano l’equilibrio perfetto in Floramundi di Donnafugata. Donnafugata è stata fondata dalla famiglia Rallo nel 1983, oggi vanta 400 ettari vitati distesi in tutta la Sicilia. Floramundi è un vino elegante. L’etichetta d’autore raffinata che veste una bottiglia da provare, qualsiasi sia il millesimo che troverete. Prodotto dal 2016 è un vino immediato, fruttato, balsamico con un tannino finissimo e ben integrato. La piacevolezza di poterlo sorseggiare è ideale per una pausa pranzo perché i sentori di ciliegia e mirtilli si accostano a pietanze gustose mediterranee, carne o pesce, green e magari un po’ orientali. Una pausa pranzo che ti fa viaggiare verso la Sicilia degli angoli Liberty, dei Pupi e proprio come la città di Vittoria testimonia un’anima del vino da scoprire. Un bouquet equilibrato con note di alloro e speziature tra cui il pepe nero. Le annate più recenti spiccano per il frutto mentre quelle più mature evidenziano la balsamicità di questo vino rosso.
CB

Idda Bianco, l’Etna di Gaja e Graci

Arriva settembre, finiscono le vacanze, ripartono le attività con annessi lunch break e pranzi di lavoro. Se è vero che i migliori affari si chiudono a tavola, è anche giusto abbinare piatti e firma del contratto a un vino che rappresenti una bella storia umana, enoica e commerciale. Idda, che in dialetto siciliano significa “Lei” ed è il termine con cui i locali chiamano l’Etna, è il nome del vino, uscito in prima annata nel 2018, nato dal sodalizio tra Angelo Gaja, famosissimo produttore piemontese e Alberto Graci, altrettanto noto titolare dell’omonima azienda etnea di Passopisciaro. I due brand hanno acquistato 20 ettari di vigneti di Carricante e Nerello Mascalese ubicati tra i 600 e gli 800 m.s.l.m., nei comuni di Belpasso e di Biancavilla, con l’obiettivo di rilanciare i vini del versante sud-ovest, considerato il lato del vulcano con minor prestigio produttivo. Idda Bianco è un Sicilia D.O.P. 100% Carricante; dopo la pressatura dei grappoli interi e una decantazione a freddo, si procede a una fermentazione di circa tre settimane, seguita da 12 mesi di affinamento, una parte in botti di rovere da 15 ettolitri e una parte in serbatoi di acciaio. Giallo dai riflessi verdolini, al naso è complesso e verticale, tra sentori di cedro, fiori bianchi, erbe aromatiche, spezie dolci, mandorle e note burrose; in bocca si apre sapido, gustoso, di buona acidità e armonia con la componente glicerica. Intenso, dal sorso intrigante che incuriosisce e invoglia, può dare sollievo quando l’estate scivola via.
Davide Visiello

Ein Zwei … dry! Riesling secondo Weingut Leitz

Il Riesling quando è giovane è un tripudio di freschezza, con note di limone e delicati fiori bianchi. Weingut Leitz ha vigneti nei dintorni di Rudesheim, a picco sul Reno, tra castelli e strati di ardesia. Il Bereiche, ovvero la zona geografica è quella del Reinghau, la più piccola ma assieme alla Mosella la più prestigiosa per le ottimali condizioni climatiche e le vertiginose pendenze. L’azienda nasce negli anni ’80 con un grande studio dei terreni che diventano parte integrante della comunicazione, in un territorio dove lo studio dei cru sta diventando sempre più importante. Fanno parte dei VDP e quindi nelle etichette dell’azienda è semplice capire il livello qualitativo del vigneto e la provenienza delle uve. Ein Zwei Dry nasce nel 2007 per la produzione di un riesling per tutti i giorni ma di grande qualità, frutto dell’assemblaggio dei vari vigneti dell’azienda. Profumi più maturi, di pesca, in quanto il clima è relativamente più caldo della Mosella ma una straordinaria potenzialità evolutiva. Un vino dall’acidità vibrante, con aromi di limone, ananas acerba, mandarino che si aprono in una grande mineralità. Un ottimo bilanciamento tra la concentrazione del frutto e acidità che sono preludio di una lunghissima vita. Il progetto Ein Zwei da poco si è arricchito anche dello zero, il discusso alcohol free, in versione spumante.
Chiara Mattiello

Quatre Xarel-los 2019 Mas Candì, ricordi d’estate

Si riparte. Ma nell’aria c’è ancora voglia d’estate e di fuggire, anche solo per qualche minuto, verso destinazioni vacanziere. Quale modo migliore per farlo se non con il vino; in questo caso il Quatre Xarel – los 2019 di Mas Candì. Un vino bianco della Catalogna, precisamente della DOP Penedès, dai sapori caldi e festosi, com’è la Spagna. Il Quatre Xarel - los è prodotto da quattro vigneti differenti, appunto, vinificati in 4 materiali diversi: terracotta, che dona la parte salina e minerale, rovere, acacia e castagno lo rendono invece dorato alla vista e al palato lasciano ricordi di tostatura e caramello. La leggera nota burrosa regala struttura e pienezza in bocca, con un assaggio che termina con la freschezza e l’acidità della mela e dei fiori bianchi. Mas Candì è un’azienda giovane, ma con una storia di generazioni di viticoltori; attenta al naturale equilibrio della vigna e che punta della valorizzazione delle varietà autoctone, come lo Xarel – lo, esaltato in questo vino. Non resta che assaggiarlo per decidere quando programmare il prossimo viaggio.
Stefania Oggioni


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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