«Sono stato presuntuoso? Forse. Ma nella vita bisogna sognare».
Incamminarsi quasi in punta di piedi lungo le 20 annate di Oreno significa osservare con il necessario rispetto la storia coraggiosa di Antonio Moretti Cuseri e di un vino nato per scommessa. Una scommessa ampiamente vinta, non solo per i premi ricevuti, ma soprattutto per il legame creato tra gli appassionati e questo prodotto negli anni.

Un momento dell'incontro, con Antonio Moretti Cuseri, Luca Gardini e Beppe Caviola
Siamo in Toscana, fuori dalle prestigiose denominazioni, come
Brunello di Montalcino o
Chianti Classico:
Tenuta Sette Ponti, di proprietà della famiglia
Moretti Cuseri dagli anni Cinquanta, si trova in provincia di Arezzo, in un’area che ai tempi era sottovalutata per quanto riguarda la produzione del vino. Ma alla fine degli anni Novanta, la storia cambia.
«Oreno nasce dalla decisione di fare un vino di qualità massima – ricorda Antonio Moretti Cuseri - Sono stato presuntuoso? Forse. Ma bisogna sognare. Così sono nate le prime 2.500 bottiglie, come scommessa con Carlo Ferrini, che era il nostro enologo consulente. Lui mi diceva: “Non si può fare”. Ma poi cambiò idea. Inoltre conobbi l’amministratore delegato di Château Latour: da quell’incontro decisi di fare un passo in avanti. Avevamo dei vigneti di Sangiovese di 15 anni, e su quelli innestai Merlot. Così già il primo anno siamo riusciti subito a fare un grande vino, perché non dovevamo aspettare che le viti crescessero. Abbiamo iniziato con 2.500 bottiglie e poi siamo andati crescendo».

Gabriele Gorelli, Antonio Moretti Cuseri e Luca Gardini
Era il 1999. L’idea era quella di fare un vino che potesse seguire lo stile e l’eleganza dei grandi vini francesi. «Io ero - e lo sono tuttora - un neofita del vino, mi sono laureato in Scienze economiche a Siena. Mi piaceva il vino, ma non ne sapevo poi molto. Poi ho conosciuto
Luca Gardini all’
Enoteca Pinchiorri, che mi ha dato lo stimolo, che mi ha fatto assaggiare moltissimi vini francesi».
«Così siamo partiti – ricorda Moretti Cuseri - con entusiasmo e fatica, con questo vino che all’inizio era Sangiovese, Merlot e Cabernet. E subito ci ha dato grandi soddisfazioni e premi. È un vino che ha una sua identità e io ne ho fatto un mio credo. Nel 2007 abbiamo fatto un’ultima annata con un po’ di Sangiovese, che poi dal 2008 abbiamo tolto per dare spazio al Petit Verdot e farne un vino ancora più francese».

Antonio Moretti Cuseri:«Io ero - e lo sono tuttora - un neofita del vino. Mi piaceva il vino, ma non ne sapevo poi molto»
Dal 1999 a oggi Oreno ha trovato quella che potrebbe essere definita una “identità dinamica”. Di anno in anno, infatti, il blend cambia, ma con una costante evoluzione verso quello che era il sogno di
Antonio Moretti, per un vino che andasse a sfidare non solo l’Italia, ma anche la Francia e il resto del mondo sul campo dell’eleganza.
«Siamo partiti che eravamo una start up – sottolinea Antonio Moretti Cuseri - ma nella seconda parte della nostra storia aziendale abbiamo acquisito maggiore coscienza. Io ero ignorante, ma ascoltavo gli altri che erano competenti. In questa seconda fase abbiamo cercato di recuperare gli errori fatti in precedenza. E quindi abbiamo iniziato a trasformarci anche da un punto di vista agronomico, con 25 ettari di vigneto estirpati e rifatti. Oggi siamo più soddisfatti, per cercare di fare meglio».

Dal 2008 la collaborazione con Beppe Caviola
La sfida di
Oreno, quindi, non è ancora finita. Anzi. Puntare in alto, sempre. Come racconta anche
Gabriele Gorelli, primo
Master of Wine italiano. «
Oreno nasce sullo spirito innovativo dei
SuperTuscan. Però, “o siate i primi, o siate i migliori”. E così
Antonio Moretti ha puntato in alto, tanto da privilegiare, anche in etichetta, il toponimo
Oreno rispetto al nome stesso dell’azienda».
Oreno, quindi, è l’obiettivo principale. E
Antonio Moretti racconta un episodio chiave del 2008: «Squadra che vince… Si cambia. Così ho iniziato a lavorare con
Beppe Caviola».
E lo stesso enologo ha raccontato quei giorni. «Ho ricevuto subito affetto e fiducia fin dall’inizio, il feeling è stato naturale. Avevamo anche una condivisione sulla filosofia produttiva. Avere terreni molto eterogenei ci ha consentito di scegliere la produzione da ogni singolo vigneto e questo ci ha permesso di raggiungere i traguardi desiderato. Cosa ho cercato di fare? Ho voluto evidenziare i tratti distintivi del territorio e ci siamo concentrati sul Merlot, facendo ricerca, anche tramite microvinificazioni. Il Merlot è spesso un po’ bistrattato, perché considerato morbido e monocorde. Noi vogliamo uscire da questo stereotipo, lavorando sulla finezza. E questo terroir ce lo ha permesso».

I vini in degustazione: un percorso nelle 20 annate prodotte di Oreno, dal 1999 a oggi
Dal 1999, come detto,
Oreno ha cambiato il blend, ma ha sempre mantenuto quel
“fil rouge” che lo ha contraddistinto negli anni, come dimostrato dalla splendida degustazione di tutte le annate prodotte, che si è svolta al
Mandarin Hotel di Milano (seguito poi dagli ottimi abbinamenti di
Antonio Guida del
Seta).
Il percorso inizia con quel Sangiovese al 50%, a rappresentare un legame con la tradizione, con Merlot e Cabernet Sauvignon entrambi al 25%. Poi inizia l’evoluzione, con il 2000 dove si ha un diverso utilizzo dei legni, e ancora il 2001, dove si cercava ancora di trovare il giusto equilibrio. L’annata 2002 non è stata prodotta, mentre nel 2003, annata calda, Oreno diventa metà Sangiovese e metà Cabernet, diventando un vino sempre più moderno. Il vino, con l’annata 2004, dove torna il Merlot, prende una direzione sempre maggiormente bordolese.
Il 2005, probabilmente uno dei vini maggiormente apprezzati, aumenta le percentuali di
Merlot e
Cabernet al 40%, mentre il
Sangiovese scende al 20. Si tratta di una scelta stilistica ben precisa, sempre con quello sguardo puntato verso i cugini francesi da cui prendere spunto, senza mai copiare. La
2006 risente dell’annata maggiormente più calda, mentre nel
2007 il
Merlot sale ancora di percentuale al 50%, dimostrando tutto il suo potenziale in questa zona.
Arriviamo al cambio di passo definitivo, nel 2008: Merlot al 45%, Cabernet Sauvignon al 40% e Petit Verdot al 15%. Il Sangiovese intraprende una sua strada, in solitaria, per esprimersi al meglio. Oreno, invece, guarda al mondo. E la 2008 è effettivamente un’annata un po’ di stacco, un lancio ulteriore verso il futuro.

Un momento della degustazione
Questa “francesizzazione” del vino, probabilmente, si sente molto nel
2009, che si esprime sempre di più in eleganza e delicatezza. La
2010 è un’annata più austera, mentre la speziatura e l’ampiezza della
2011 risultano due armi vincenti. Oreno segue l’andamento delle stagioni, ma non teme le annate leggermente più calde come la
2012, anche se predilige, puntando sulla finezza, annate più fresche come la
2013, che ha anche una lunghezza notevole.
La piovosissima 2014 non ha intaccato l’ambizione di questo vino, che riesce a uscire a testa altissima, puntando sulla verticalità, da una vendemmia non facile. «La differenza tra 2002 e 2014? Due annate difficilissime, con molte analogie, ma nel 2014 forse avevamo una maggiore tecnica e capacità produttiva» ha sottolineato Antonio Moretti Cuseri.
Arriviamo quindi alle annate più recenti, dando giusto qualche sensazione, come anche descritto da
Luca Gardini, già miglior sommelier al mondo e grande comunicatore del vino, durante la degustazione.
Oreno 2015 ha calore, precisione, pulizia e balsamicità; la 2016 è l’annata dell’immediatezza, ma anche della grande lunghezza; la 2017, altra vendemmia difficile, è comunque espressione di eleganza, con anche una leggera speziatura; la 2018 è complessa, ma anche floreale e ricca; la 2019, infine, è la più giovane, esuberante, piena e dal grande potenziale, con possibilità di avere una splendida evoluzione.

I fratelli Alberto e Aurelio Moretti Cuseri, che negli ultimi anno sono entrati anche loro a far parte dell'azienda
Dopo questa carrellata delle 20 annate, il pensiero che rimane è semplice: sono 20 vini tutti ottimi, dove pulizia, precisione e finezza non mancano mai. Ed era questo l’obiettivo chiaro di
Antonio Moretti Cuseri.
Ma storia non finisce qui. «Eccoci ora alla terza fase della storia della Tenuta Sette Ponti – racconta Antonio Moretti Cuseri - Dal 2019 i miei figli Aurelio e Alberto hanno deciso di lavorare con me, passando dal mondo della moda a quello del vino. Per me è condividere una gioia con i propri figli, non ci sono parole». E in quell’emozione di un abbraccio si nasconde il vero segreto di Oreno.