22-02-2020
Due annate difficili da interpretare, per aspetti molto diversi, hanno caratterizzato l’edizione 2020 della Chianti Classico Collection a Firenze. Alla Stazione Leopolda, infatti, l’anteprima dedicata al Gallo Nero ha dato alcune indicazioni su come saranno i vini che nei prossimi mesi andranno a occupare gli scaffali delle enoteche italiane e mondiali.
Si diceva delle annate: ci troviamo infatti di fronte a un Chianti Classico 2018, con una stagione che ha avuto un andamento altalenante, il caldo è stato intervallato da temporali, anche piuttosto consistenti. Il problema era quindi scegliere il momento giusto per vendemmiare e un anticipo, forse temendo che le temperature potessero diventare eccessive come nel 2017, poteva creare dei problemi nel prodotto finale. Bisogna anche evidenziare come i danni provocati dall’annata 2017, con la gelata di aprile seguita poi da un’estate siccitosa, possano aver causato dei problemi alle vigne stesse, che si sono dovute riprendere dall’infelice stagione. Insomma, un po’ come un pugile che finisce al tappeto: rialzarsi non è facile.
Un po’ come stare sulle montagne russe, con un saliscendi continui. Se volessimo fare una media matematica, comunque, la sufficienza è più che garantita a questa annata: vini con palesi difetti non ce n’erano (o comunque erano una risicatissima minoranza). Un’annata come il 2018, se fosse arrivata 10 anni fa, avrebbe probabilmente creato maggiori difficoltà: questo è merito dei produttori che stanno aumentando sempre di più il loro livello di preparazione e che sanno affrontare le difficoltà con i giusti metodi.
Per quanto riguarda il 2018, come indicano i dati forniti dal Consorzio vino Chianti Classico, sono stati prodotti circa 275mila ettolitri di vino.
Tra i 67 assaggi dell’annata segnaliamo Guado Alto di Castello Vicchiomaggio, Fèlsina, Panzanello, Riecine, L’Aura di Querceto di Castellina, Bonacchi, L’Erta di Radda, San Felice e il Retromarcia di Monte Bernardi.
I vini di Fèlsina
Per le Gran Selezioni, solo una decina i campioni nella sala d’assaggio per l’annata 2017: tra questi abbiamo annotato Il Picchio di Castello di Querceto, che pecca solo nell’essere un po’ troppo giovane, e il Vigna Bastignano di Conti Capponi/Villa Calcinaia.
Angela Fronti di Istine
Vogliamo infine ricordare alcuni dati che meglio delineano la realtà del Chianti Classico. Il Consorzio, nato 96 anni fa, può contare su 515 soci, di cui 354 sono le aziende che presentano le proprie etichette sul mercato. Il fatturato globale stimabile nel territorio del Chianti Classico è di circa 800 milioni di euro e il valore della prodizione vinicola imbottigliata è di oltre 400 milioni di euro.
Francesco Ricasoli
Una serie di segni positivi che vanno a pari passo con la qualità dei prodotti, sempre in crescita. A dirlo evidentemente non siamo noi, ma gli stessi consumatori.
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
a cura di
giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose
Raffaele Bonivento
L’idea di Appius è una sintesi di acini selezionati provenienti dai vigneti storici del comune di Appiano che in latino fa Appius
Davide Canina e Monica Pedrotto