Un vitigno unico, prezioso, anima del Trentino. Che però, pian piano, rischia di scomparire. Quello lanciato dai vignaioli della Fivi sembra essere proprio un allarme, per cercare di salvare la Nosiola da questa sorta di oblio.
«Si tratta – spiega Matilde Poggi, presidente della Fivi – dell’unico vitigno autoctono del Trentino che riesce ad esprimersi nella produzione di grandi vini bianchi secchi, ma che ha anche un’ottima espressione nell’affinamento, come dimostra il Vino Santo del Trentino».

I vini presentati durante la degustazione
Ma negli anni i viticoltori hanno pian piano deciso di abbandonare questo vitigno, che viene allevato sui terrazzamenti. «Anche perché – spiega ancora
Matilde Poggi - la
Nosiola, nel confronto con altri vitigni, ha rese più basse, è più debole ai funghi ed è meno facile da vendere rispetto ai vitigni internazionali come lo
Chardonnay, giusto per fare un esempio. Così si è passati dai circa 300 ettari vitati degli anni Settanta, agli attuali 60 ettari. E forse sono ancora meno».
La speranza è che la generale rivalutazione degli autoctoni sui mercati internazionali possa ridare slancio anche alla Nosiola.

I vigneti dell'azienda Donati
Resta il fatto che alcuni produttori in Trentino ci credono ancora. E ne è stata una dimostrazione la degustazione organizzata proprio dalla
Fivi, che ha mostrato l’evoluzione della Nosiola nel tempo. A partire dalla linearità della
Nosiola 2017 di
Donati, che utilizza solo acciaio in fase di vinificazione e affinamento: un vino immediato e molto profumato. Si inizia a comprendere le possibilità di evoluzione grazie alla
Nosiola 2014 di
Cobelli. «Un’annata difficile che abbiamo gestito molto bene» spiega
Ivano Cobelli, che indica anche un passaggio aromatico verso le note sulfuree, ma con una bella eleganza.
Alessandro Fanti, presentando la Nosiola 2008 Viticoltore Fanti, spiega come questo vitigno possa avere «mille sfaccettature. Ma il rischio di vederlo scomparire è elevato». E il suo vino è lungo, profondo, complesso, passando dalla frutta secca alle speziature, lasciando poi una bocca pulita e un piacevole retrogusto. L’azienda Cesconi è una di quelle aziende che da sempre crede nella Nosiola: sulla collina di Pressano, infatti, mantengono delle viti di oltre 60 anni dalle quali hanno ricavato l’uva per un vino, annata 2006, che ha avuto anche un affinamento in botti di acacia. Anche qui si notano altre sfaccettature della Nosiola, che dimostra come possa migliorare negli anni.

Mario Pojer si "nasconde" dietro un bicchiere di Nosiola
Mario Pojer non ha dubbi: «È la Cenerentola che con l’età migliora. E che riesce ad avvicinarsi alla nobiltà della Borgogna. Speriamo che qualcuno se ne accorga». La dimostrazione di quanto afferma arriva dalla Nosiola 1996 di
Pojer e Sandri, solo acciaio, che arriva a un livello di eleganza e di persistenza eccezionale: vini di tale calibro non si assaggiano tanto spesso. Come si diceva, la
Nosiola ama anche l’appassimento: così nasce
L’Ora di
Pravis, con un nome che richiama proprio l’omonima brezza che tutti i pomeriggi arriva dal Garda nella valle dei laghi. L’annata 2014 mostra una buona acidità e un’ottima struttura, data sia dall’appassimento, sia dai 18 mesi in barriques.
L’espressione massima arriva con il Vino Santo del Trentino, perla enologica nazionale, da non confondere con il Vin Santo Toscano. La Nosiola, in Trentino, viene lasciata appassire fino alla Settimana Santa, prima di essere pigiata: ne nasce un vino ricco, profumato, intenso, dolce ma non stucchevole, che diventa straordinario negli anni con l’appassimento. Il primo assaggio è il Maxentia 2011, che stupisce proprio per questa freschezza quasi inattesa, nonostante la dolcezza prevalente.

La collezione storica di Vino Santo del Trentino dell'azienda Pisoni
Straordinario, infine, è il Vino Santo di
Pisoni, che ha una riguardevole collezione di queste bottiglie dal 1977 a oggi, tutte imbottigliate nel 2017. L’unica eccezione è il 1983, che abbiamo assaggiato, che è stato messo in bottiglia invece nel 1995: un vino emozionante, dall’incredibile lunghezza abbinata a una splendida eleganza e finezza.
La Nosiola, quindi, si rivela il vitigno che non ti aspetti. E che, speriamo, possa essere rivalutato.