12-06-2018

Aquila del Torre tra api ed erbe spontanee: vini di natura

«Il nostro obiettivo è fare prodotti ottimi da abbinare al cibo, puntando su freschezza ed eleganza»

I vini proposti da Aquila del Torre

I vini proposti da Aquila del Torre

Tra boschi, erbe selvatiche e api. Impossibile, in tale contesto bucolico, non pensare a una viticoltura biologica. Ma l’azienda Aquila del Torre ha una filosofia ancora più precisa della propria produzione, cioè fare vini che rispecchino il territorio e che ne esaltino le caratteristiche.

Ci troviamo in Friuli, per l’esattezza nel comune di Povoletto, in provincia di Udine: l’attuale proprietà, che arriva dal settore della meccanica, ha acquistato nel 1996 i terreni, investendo su un unico fondo che si estende su tre colline differenti, con 60 ettari di bosco e 18 ettari di vigneto, con annessa la cantina.

L'azienda si trova nei Colli Orientali del Friuli

L'azienda si trova nei Colli Orientali del Friuli

Per la precisione i vigneti si estendono nell’area di Savorgnano del Torre, che è la zona di produzione maggiormente settentrionale dei Colli Orientali del Friuli. Un aspetto non indifferente, come ha spiegato anche Michele Ciani durante un pranzo-degustazione al Pont de Ferr, con l’ineccepibile accoglienza di Maida Mercuri e con gli intriganti piatti dello chef Ivan Milani. «Sì – spiega Ciani, titolare dell’azienda vitivinicola – per noi è una questione di latitudine. Essendo più a nord, circondati dai boschi, abbiamo la possibilità di puntare sulla freschezza e sulla verticalità, che ricerchiamo in tutti i nostri vini. La nostra filosofia è semplice: cerchiamo di realizzare vini che siano piacevoli da bere quando si mangia». Anche per questo motivo l’azienda ha preferito un pranzo a una degustazione tecnica dei vini.

E c’è anche un’altra idea interessante, che è quella di puntare a vini monovarietali, in una zona dove, soprattutto in passato, è abbastanza comune trovare uvaggi differenti. «La scelta delle varietà da coltivare – continua Michele Ciani – non è casuale. Per i bianchi ci sono Tocai, o meglio Friulano, e Picolit. Il Riesling, invece, è coltivato nella zona più alta del vigneto. Il Sauvignon Blanc, infine, arriva dall’area più fresca. Per i rossi, invece, abbiamo il Refosco, in continuità con la tradizione della zona, e il Merlot, che invece è stato scelto per gusto personale».

Maida Mercuri, Ivan Milani e Michele Ciani brindano con i vini di Aquila del Torre al pranzo-degustazione al Pont de Ferr

Maida Mercuri, Ivan Milani e Michele Ciani brindano con i vini di Aquila del Torre al pranzo-degustazione al Pont de Ferr

Poi c’è l’aspetto legato alla natura. Oltre ai 60 ettari di bosco, sussiste una grande varietà vegetativa: nel vigneto, per fare un esempio, sono state individuate 200 specie di erbe selvatiche spontanee differenti. E poi ci sono le api. «La scelta di avere un apiario – spiega Ciani – è legata soprattutto al Picolit, del quale ne abbiamo tre ettari. Come è noto, il Picolit è un’uva che ha grosse difficoltà di riproduzione e per questo le api servono per cercare di aumentare l’impollinazione. Un sistema che funziona, visto che siamo riusciti ad aumentare la quantità di produzione». Un Picolit che veniva considerato in Friuli come il vino delle feste, delle grandi occasione, ma che Aquila del Torre ha deciso di proporre anche in una inusuale versione secca, molto gradevole e decisamente interessante in abbinamento.

Per quanto riguarda la qualità dei vini, l’azienda ha una spiccata vocazione per i bianchi. Il Sauvignon Primaluce 2015 dimostra un gande carattere, mantenendo quella verticalità annunciata in fase di presentazione. Il Riesling si esprime soprattutto per la freschezza e pulizia, con una parte anche sapida e una leggera rotondità in bocca, anche se, come spiegato da Michele Ciani, «nei nostri vini non c’è residuo zuccherino».

Vigneti e paesaggi: la splendida zona di produzione dell'azienda

Vigneti e paesaggi: la splendida zona di produzione dell'azienda

Un residuo che c’è (e sarebbe un problema se non ci fosse) nel Picolit 2013, in versione dolce: un vino davvero eccelso, con un residuo zuccherino di 150 grammi per litro, ma con una freschezza e un equilibrio perfetto.

Nota finale per il Refosco: il 2015, che “vede” solo l’acciaio, è pulito e immediato. La Riserva 2012, che fa parte della vinificazione in legno, ha una complessità maggiore e un gradevole finale speziato, con una buona eleganza.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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