Mancano ormai poche ore all’apertura della stagione 2017-2018 del Teatro alla Scala di Milano, con la prima dell’opera di di Umberto Giordano, su libretto di Luigi Illica, “Andrea Chénier”, che andrà in scena nella serata di giovedì 7 dicembre. Come da tradizione, Bellavista ripropone il suo omaggio al più importante teatro operistico italiano con una Gran Cuvée dedicata proprio alla prima e alla lunga collaborazione che vede la casa vinicola partner e fornitore ufficiale della Scala dal 2004. Il frutto della vendemmia 2012, un’annata impegnativa, ma non per questo priva di soddisfazioni, verrà commercializzato in contemporanea con il debutto dell’”Andrea Chénier”.
La nuova bottiglia, così come il cofanetto che l’accompagna, nasce dall’ispirazione fornita dall’opera di Giordano: i colori intensi richiamano quindi luoghi che il poeta André Chénier, da cui nasce il libretto di Illica, ha amato e frequentato: i caffè letterari parigini, e in particolare il Cafè Procope, che molti considerano il più antico d’Europa (e che esiste tuttora, anche se oggi si è trasformato in un ristorante).

Ciò che custodisce l’elegante bottiglia è un incontro di Chardonnay al 73% e di Pinot nero al 27%: un vino che a un primo assaggio può risultare meno rotondo dell’annata precedente, ma di cui spicca immediatamente la piacevolissima freschezza, a cui poi si affiancano note leggere di agrumi e frutta esotica. E’, senza dubbio, un metodo classico che saprà invecchiare in modo egregio, come d’altronde hanno dimostrato negli anni di poter fare le creazioni dello storico enologo di
Bellavista Mattia Vezzola.
E’ stato lui stesso, durante la presentazione di questa Cuvée ospitata a Milano da
Cracco Ristorante, a ricordare come uno dei suoi primi obiettivi, appena arrivato in
Bellavista, fosse proprio di «rompere il diffuso pregiudizio che per gli italiani fosse impossibile produrre vini longevi: non per incapacità, ma per una temperatura troppo alta per ottenere questo risultato.
Bellavista ha fatto strada, andando controcorrente, per proporre bottiglie che hanno una vita lunga».

Carlo Cracco e Vittorio Moretti, fondatore di Bellavista
Una sapienza tecnica che permette anche di affrontare annate dai climi non semplici, «riportando alla normalità le eccezioni», ha commentato ancora
Vezzola. Come è stata un’eccezione il 2012: da una parte la neve, presente sui vigneti sino ai primi di maggio, dall’altra la siccità che ha caratterizzato l’estate. Il risultato è stata una vendemmia anticipata al 16 di agosto e una produttività ridotta dei vigneti, senza però inficiare la qualità di questa
Gran Cuvée.
Per la sua presentazione il padrone di casa
Carlo Cracco ha abbinato un piatto di puro godimento e di grande opulenza: davvero da applausi e lancio di fiori dal loggione il suo
Astice in doppia cottura, la prima al vapore, la seconda alla griglia, entrambe con il carapace a proteggere l’integrità della consistenza e degli aromi. Ad accompagnare una setosa crema di cavolfiore, delle morbide bietole e un velo di burro alla cannella.

Astice blu in doppia cottura, bietola, cavolfiore e burro alla cannella
I vini di
Bellavista, e in particolare la
Vendemmia 2012, accompagneranno anche la consueta cena di gala che il
Teatro alla Scala offrirà dopo la prima dell'”Andrea Chénier” del 7 dicembre. Il menu, ispirato all'ambientazione dell'opera e quindi alla Rivoluzione Francese, sarà firmato da
Filippo La Mantia.
A margine, oltre a confermare la grande piacevolezza della
Vendemmia 2011 (quella che fu dedicata alla “Madama Butterfly”), abbinata ad altri piatti buonissimi come l’
Ostrica in crosta di cacao, polpa di cachi, noci e alghe e il
Sea salad world tour, il pranzo dedicato a
Bellavista ha offerto lo spunto per un altro assaggio molto convincente.
Il
Dessert al cioccolato al latte, rose e fior di latte, descritto - in modo puntuale - dal sous-chef
Luca Sacchi come «un dolce apparentemente molto semplice, che gioca tutto sulle note dolci, riuscendo però a non essere stucchevole» ha avuto in abbinamento un perfetto Demi-Sec, il
Bellavista Nectar (senza annata). Un grande vino, dall’equilibrio mirabile, adattissimo anche a chi si accosta con un certo sospetto alle produzioni che tendono verso la dolcezza. Merito della tecnica usata in
Bellavista, che per l’aggiunta zuccherina si affida al mosto di uve passite, quindi a uno zucchero estremamente naturale, che si integra immediatamente.