Il modo di dire “dormire sugli allori” non è certo di casa alla Feudi di San Gregorio. L’azienda di Sorbo Serpico in provincia di Avellino, infatti, soprattutto da quando è sotto l’energica guida di Antonio Capaldo, sta continuando a svilupparsi, a creare e proporre progetti, ad aumentare la propria capacità produttiva con aumento, di conseguenza, anche della qualità dei vini.
La mano di Capaldo c’è e si vede: «Stiamo facendo continui investimenti – spiega – perché crediamo nel nostro territorio e in quello che facciamo. Questo anche grazie all’importantissimo lavoro che sta effettuando Pierpaolo Sirch per cercare di avere una qualità sempre maggiore. Faccio un esempio: in questo momento abbiamo 400 ettari vitati, suddivisi in 789 particelle. Bene, proprio sulla base delle richieste di Sirch, abbiamo 750 serbatoi, in modo tale che praticamente ogni particella possa proseguire il suo percorso, a partire dalla vendemmia. Così riusciamo a vendemmiare sempre al momento giusto, sapendo di avere un serbatoio sempre a disposizione». Ma questo significa anche un grande sforzo economico e investimenti a lungo termine.
Ma i progetti che sta seguendo
Capaldo non si “limitano” all’Irpinia: ultimo in ordine di tempo è arrivato il
Campo alle Comete, vino realizzato a Bolgheri con un altro notevole investimento che ha portato all’acquisizione di 15 ettari di vigneto (ne parliamo anche
in questo articolo).
In questo caso volevamo però soffermarci sul progetto Ognissole, che per certi versi si discosta dal percorso tradizionale di Feudi per entrare nel campo della biodinamica. «All’inizio – spiega Capaldo – volevamo realizzare una “Feudi del sud”. Un progetto ambizioso, al quale però mancava una concretizzazione. Per questo abbiamo guardato ad aziende che già esistevano, arrivando in Puglia alla Ognissole».

I vigneti di Ognissole in localita Fragnano
Un’azienda che punta al biologico e al biodinamico, strutturata in due tenute autonome, ciascuna con vigneti propri ed una struttura di vinificazione dedicata: nella
Tenuta di Manduria, che si trova in parte in conversione biologica, si esprimono a pieno le potenzialità del
Primitivo e del
Negroamaro; nella zona di Castel del Monte la
Tenuta Cefalicchio, a conduzione biodinamica, punta principalmente sul
Nero di Troia e sul
Moscato.
Si tratta di una realtà da 50 ettari complessivi che, come filo conduttore con Feudi, ha la caratteristica di cercare di realizzare vini puliti, netti, franchi e che, soprattutto, siano legati al territorio. Ne è un’espressione, in tal senso, il Jalel 2016, un Moscato Reale in purezza, aromatico e fresco, realizzato nella zona di Cefalicchio, da dove arriva anche il Pietraia, realizzato con il 60% di Bombino bianco e il 40% di Chardonnay. Scendendo a Sud, invece, ci piace segnalare l’Essenza Loci.
«E’ un
Primitivo in purezza – spiega il direttore di
Ognissole,
Matteo Santoiemma – che arriva da un vigneto di vecchi alberelli, di età compresa tra i 60 e gli 80 anni. Un vino complesso, che viene affinato in botte, con un 25% di barriques nuove». L’annata 2014, per esempio, è un vino di ottima struttura, che ha bisogno di tempo per affinarsi ed evolvere. Tra i rossi dell’azienda, non dimentichiamo – tornando a Cefalicchio – il
Nero di Troia, altro vino ben realizzato, che ha bisogno di tempo per esprimersi al meglio.