C'è chi pensa di ripensare il fine dining (abbiamo scatenato il dibattito qui), chi vira su un modello più casual dando nuova linfa al vecchio modello dell'osteria italiana e chi invece sperimenta una sorta d'ibrido, in tensione continua verso la crescita, Rivoluzione in trattoria si chiama il menu creativo - e davvero ambizioso - a La Saletta di Alghero, locale che a sua volta ha subito mutazioni e contaminazioni continue: aperto anni e anni fa come semplicissima friggitoria, poi è diventato una trattoria sempre più rinomata, fino a indossare gli abiti del bel ristorante borghese, con un ambiente elegante. Ora l'ulteriore scatto in avanti; ne sono artefici due chef in tandem, Gian Luca Chessa, classe 1979 di Alghero - che è anche patron con la sua famiglia nonché figlio d'arte, il padre Salvatore è toque di lungo corso - e Adriano Zucca, classe 1969 da Genoni, che avevamo già conosciuto ai tempi di Sa Scolla. La coppia - Chessa pare sia il più sperimentatore, Zucca quello pragmatico e "tecnico" - funziona a meraviglia, gli assaggi ci hanno stupito davvero. Bravissimi. «Qui tutti ci chiedevano sempre gli stessi cibi, gli stessi vini. Cinque anni fa abbiamo pensato allora di iniziare a proporre qualcosa di diverso, dopo un biennio abbiamo rotto gli indugi». Meno coperti (ora sono 35) e più idee. Una nuova La Saletta.

Siamo rimasti stupiti, si diceva. Perché l'approccio di
Chessa e
Zucca alla cucina è profondamente contemporaneo, meditato, strutturato, persino colto, tutto il contrario di quello che si potrebbe temere e che capita per fortuna non troppo spesso, una sifonata qua, una fermentazione là, un ceviche giù, un'erbetta su, e posso appuntarmi al bavero la coccarda da chef innovativo che
Ferran e
René mi fanno un baffo. Nulla di tutto questo: c'è solidità e pensiero, umiltà d'approccio e brillantezza d'esecuzione. Meraviglia la rilettura non banale della tradizione sarda, gli assaggi sono una sventagliata di chicche - le più riuscitissime, alcune meno - che raccontano il prodotto autoctono, lo rivoltano come un calzino, lo onorano con trovate ingegnose, lo lavorano con enorme sapienza e metodi via via di oggi, di ieri e di domani.
Prendiamo l'agnello, tra i simboli gastronomici dell'isola: a
La Saletta ne fanno una casseruola che incontra i profumi sardi (erbe amare di campo, carota in estrazione di carota, beurre blanc al finocchietto, salsa di falso pomodoro - in realtà susina fermentata) e poi si adagia sull'
injera, una specie di crêpe spugnosa della cucina etiope, eritrea e somala, preparata con la farina di teff impastata con acqua, poi fatta fermentare e scaldata su piastre. «Abbiamo scelto di proporla attingendo alla cultura del pane povero dell'Ogliastra, dove si impastava il
pane 'e lande, ossia di farina di ghiande, oggi praticamente impossibile da trovare, noi usiamo quindi farina di mais e farina integrale. La fermentazione avviene con koji di riso Passiu d'Oristano». Un cross over sorprendente e sfizioso, che poi il gusto vince sempre, ed è eccellente.

Injera di agnello, erbe amare di campo, salsa di falso pomodoro, carota in estrazione di carota e beurre blanc al finocchietto, da arrotolare e mangiare con le mani

Ode alla gallina in tre atti
Anche la lingua (
Lingua di vitello, fondo bruno vegetale, insalatina di murici con verdurine in agrodolce, salsa verde, crema di aglio nero) è complessa e armonica, mentre l'ode alla gallina in tre servizi (
Ravioli ripieni di gallina, uovo marinato grattugiato, salsa di zafferano e finocchietto, fa capolino anche il garam masala
; poi
Zampa di gallina con pralina del suo quinto quarto e fichi fermentati; infine
Uovo marinato nella kombucha di mela e cotto nel brodo caldo di gallina) vale da sola il viaggio, piatto strepitoso. Dal che parrebbe emergere una predilezione degli chef per le carni, smentita però da forchettate precedenti,
Spaghettino Felicetti in estratto di granchio blu, salsa di gamberi, gambero marinato tiepido, polvere di limone nero e cipolla, gli chef han saputo sbanalizzare persino un piatto come questo.
Non è che sia tutto perfetto, la Salvia in pastella con sardina marinata, maionese di pesce e gel di agrumi, servita fredda, anche no; il Bun con cicoria, mozzarella di pecora e salsa al cavolo rosso non ci ha convinto per texture, il Pane indorau, tartare di pescato di Alghero, sorbetto alla cipolla, terra al nero di seppia, lattume fritto di dentice, cetriolo, gin ci è sembrato slegato, quasi confuso (ma il sorbetto è fantastico).
Però
La Saletta è un nuovo indirizzo da appuntarsi e dove tornare appena possibile, sia per il coraggio di
Chessa-Zucca, che osano là dove pochi in passato sull'isola; per il loro lavoro, che è mirabile; e poi per quel paniere di delizie sarde alla base di tutto il progetto, pensiamo anche ad alcuni sapori che non abbiamo ancora citato, l'eccellente olio evo
Masoni Becciu di
Valentina Deidda, il burro aromatizzato allo zafferano sardo e al lentischio... E la cantina, ricca di etichette locali tutte da scoprire (per noi vince
Alturas 2021 di
Domu Battistina, progetto agricolo dei fratelli
Poddi, un vigneto sulle sponde del lago Omodeo, tra Oristano e Nuoro: 500 bottiglie di Vernaccia macerata con fermentazioni spontanee, lieviti indigeni e affinamenti in anfore di terracotta non smaltate) e amministrata con competenza da un vecchio professionista che fa le scarpe a tanti altri,
Francesco Lai.

Appetizer. S'inizia con questa Salvia in pastella con sardina marinata, maionese di pesce e gel di agrumi. Poi, Bun con cicoria, mozzarella di pecora e salsa al cavolo rosso; Tartelletta con crema di zucchine, polvere di foglie di fico e caviale di leccia; infine Pralinae di maialetto con ketchup di rapa rossa

Ostrica grigliata e marinata in garum di ostrica, scarola grigliata, beurre blanc, polvere di limone nero, granita di metodo classico (di Quartomoro, la cantina di Piero Cella)

Pane indorau, tartare di pescato di Alghero («Pesce povero sfilettato e marinato col garum delle sue lische»), sorbetto alla cipolla, terra al nero di seppia, lattume fritto di dentice, cetriolo, gin: «È viaggio tra campagna e mare, alla riscoperta dell'alimentazione delle persone umili». Il pane indorau, ossia dorato, è un pane raffermo - in genere pane civraxiu o pane dei poveri, di grano duro, grossa pezzatura, crosta di colore bruno dorato e pasta ben lievitata - ammollato con latte e uova e poi fritto

Lingua di vitello, fondo bruno vegetale, insalatina di murici con verdurine in agrodolce, salsa verde, crema di aglio nero. La lingua è marinata in vino, erbe e spezie per due giorni, poi bollita e passata alla griglia

Injera di agnello, erbe amare di campo, salsa di falso pomodoro, carota in estrazione di carota e beurre blanc al finocchietto. L'injera è una specie di crêpe spugnosa, piatto della cucina etiope, eritrea e somala; viene preparata con la farina di teff, un cereale originario degli altopiani etiopici, impastata con acqua, poi fatta fermentare e scaldata su piastre. «Abbiamo scelto di proporla attingendo alla cultura del pane povero dell'Ogliastra, dove si preparava il pane 'e lande, ossia di farina di ghiande, oggi praticamente impossibile da trovare, noi usiamo quindi farina di mais e farina integrale. La fermentazione avviene con koji di riso Passiu d'Oristano». È la base per un agnello sardo in casseruola. Il falso pomodoro è susina fermentata

Spaghettino Felicetti in estratto di granchio blu, salsa di gamberi, gambero marinato tiepido, polvere di limone nero e cipolla. «Il granchio blu ci sta invadendo. E quindi, usiamolo in cucina»

Ravioli ripieni di gallina, uovo marinato grattugiato, salsa di zafferano e finocchietto. «Noi abbiamo una grande passione per le galline, che alleviamo. Qui utilizziamo un po' tutto della gallina ma non l'uovo, perché quelle poche che ci producono - abbiamo chiesto loro di farne di più, ma non ci ascoltano - vengono usate per altre preparazioni, così la sfoglia è senza uova». C'è anche un pizzico di garam masala

Secondo servizio della gallina: le loro zampe con pralina fritta di quinto quarto (fegatini, cuori, durelli, creste), aceto e fichi fermentati

Terzo servizio della gallina: uovo marinato nella kombucha di mela e immerso nel brodo caldo di gallina, che lo cuoce un po'

Anguilla laccata con salsa di fondo bruno delle sue ossa e miele di Scano di Montiferro. La salsa è di erbette amare di campo. L'anguilla è allevata nello Stagno di Calich, vicino ad Alghero

In accompagnamento all'anguilla, Filindeu di Nuoro in brodo di pecora affumicato con le lische dell'anguilla arrostite. «L'idea nasce dall'ambidda incasada, piatto tipico di Oristano», in sostanza uno spezzatino di anguilla cotto in acqua aromatizzata all'alloro e poi condito con pecorino grattugiato

Wafer al semifreddo di cioccolato fondente, fragole fermentate, spuma di fragole, il loro gel, sorbetto e ristretto al karkadè

Fiordilatte di pecora, mousse di gioddu di pecora, soffice all'elicriso, cialde all'elicriso, sorbetto al sedano e kiwi, briciole di meringa. Il gioddu è un latte fermentato ottenuto da latte di pecora o capra di razza sarda

Pompia, cioccolato bianco e sorbetto di mela verde e lime. All'interno della finta pompia, della pompia candita, ganache arancio e zafferano e mousse al limone. La pompia è un agrume raro e particolarissimo che cresce solo in piccole zone della Sardegna; pare sia un ibrido tra cedro e limone, anche se alcuni studiosi parlano di un ibrido tra cedro e pompelmo