25-10-2022
Nicola Dinato, chef-patron - con Elodie Dubuisson, sua moglie, che gestisce una sala accogliente e premurosa - del ristorante Feva, a Castelfranco Veneto (Treviso)
Nicola Dinato è uno degli chef più coerenti e coraggiosi - non stiamo esagerando - d'Italia. È un fondamentalista della biodiversità, un ortodosso del prodotto, un devoto alle pratiche agricole "buone, pulite e giuste" come direbbe Slow Food; pratiche che a suo dire - e come dargli torto! - debbono essere alla base di qualsiasi alta cucina. Ovvero, per essere più chiari: un livello di ottima tavola si può tranquillamente strutturare sfruttando i cataloghi, forniture standardizzate (pure verso l'alto) di distributori d'eccellenze reali, che siano replicabili quasi all'infinito o comunque su vasta scala. Ripetitive, certo, nel tempo (la stessa solfa oggi come l'anno scorso) e nello spazio (a Pordenone come a Canicattì), ma comunque di livello. Spesso basta un click, è sufficiente ordinare su internet, e il problema è risolto: va benissimo, per una fascia medio-alta. Che si può obiettare?
Però, se si punta al gradino superiore serve qualcosa di più, specie se non si lavora in una grande città, dove il km zero è in genere una chimera fascinosa o uno storytelling sempre maggiormente abusato, bensì si opera invece a stretto contatto con un territorio che offre potenzialità per un'agricoltura 2.0, sorta di crasi tra pratiche del nonno e tecniche moderne più consapevoli, semi antichi e varietà vegetali cosmopolite.
Nicola Dinato è uno degli chef più coerenti e coraggiosi d'Italia perché, ovviamente, seguire questo percorso è davvero complicato, richiede sforzi che van oltre la normale attività di chef-patron, quale lui è al Feva di Castelfranco Veneto, proprio quest'anno si festeggia il decennale d'una storia troppo spesso sottaciuta, e comunque lodevole, di sapori diversi e scelte originali. È necessario intanto strutturarsi per poter supportare questa propria idea di tavola differente, ovvero autoprodursi tale materia prima insolita o trovare chi nell'area sia disposto a farne sistema sposando la causa, adottandone insomma metodologie, spirito, direi quasi anima. Poi occorre trasferire questo sforzo di base in cucina, trasformandolo in grandi ricette: un conto è realizzare un buon piatto con pasta, gambero, pomodoro, burrata e origano; un altro è lavorare invece con banana di montagna, garum di sgombro, za'atar, fagiolini scuria, miso d'orzo, gomasio, canapa, agrimonia, salsa mutabal e così via biodiversificando. Infine: ammesso e non concesso che da questa dispensa quasi bizzarra si riesca a ricavare pietanze deliziose, il maggior ostacolo è far sì che tutto questo venga compreso, accettato e apprezzato dal commensale. Perché, si sa: il palato è per sua natura molto tradizionalista.
Il bellissimo Feva, in scatto notturno. E, sotto, altre immagini. Il ristorante si trova a Borgo Treviso nel centro storico di Castelfranco Veneto (Treviso), all’interno di una tipica barchessa veneta, testimonianza di un antico convento francescano costruito nel 1600. La struttura originale prevedeva, oltre al monastero e alla chiesa, già dall’inizio un orto e una grande corte a disposizione dei monaci. Quello stesso spazio verde circonda ancora gli spazi del ristorante
La sala
In altre parole: alcuni piatti del Feva ci sono piaciuti, altri meno. Ma i più ci sono piaciuti e pure molto: è tanta roba per il nostro percorso d'assaggi declinato tra celebrazione di quel che è stato e sguardo al futuro, ossia tra menu Decade, una selezione dei signature di questo decennio dal 2011 in poi, e percorso Anima, le nuove realizzazioni.
Nicola Dinato e sua moglie, francese, Elodie Dubuisson, patrona della sala, le due anime del Feva. Si legge sul loro sito: «Nicola ed Elodie, cucina e sala, due anime in perfetta simbiosi. Unite anche da un'usanza, tra tradizione e leggenda. Un antico parente di famiglia prese in sposa una donna di cognome Feva e fu accolto nella sua casa. Da allora la famiglia Dinato ha acquisito questa menda, un soprannome che li accompagna ancora ad oggi, fino a diventare un ristorante che contribuisce a scrivere una nuova pagina di storia. Allo stesso modo Tibaut è il soprannome che accompagna Elodie da generazioni. Due nomi, due storie, un unico concetto di famiglia: l'unione di più individui con gli stessi obiettivi. Un'idea che ci accomuna diventata Il nostro punto di forza»
E allora una lode va fatta dunque a Silvia da Pieve di Soligo (Treviso), la maghetta delle erbe spontanee; a Moreno vicino a Castelfranco Veneto (Treviso) che è il re degli ortaggi. E non sono i soli. «Pochi sono sopra i quaranta anni, è molto bello. Sono orgoglioso di aver creato questo sistema: loro hanno vegetali particolari, devono trovare chi sappia interpretarli. Io ci provo». Diventa, come da prammatica, un rapporto biunivoco, «al Feva ci sentiamo dei privilegiati a poter usare, interpretare e capire questa materia prima particolarissima, che non si basa sui suggerimenti, diciamo così, dell'industria alimentare».
La brigata
E ora la nostra cena, gli scatti sono di Tanio Liotta.
Mela Almaty marinata e in tartare, aceto, senape, coriondolo e shiso. La mela richiama una classica tartare, ma veg, ed è condita come il piatto al quale si ispira
Melanzana rossa, pesto di basilico di montagna, Parmigiano Reggiano e pangrattato, garum di sgombro. La melanzana, molto dolce, viene cotta nella vaporiera cinese
Fagiolini scuria, garum di sgombro e Parmigiano Reggiano, za'atar (miscela di spezie originaria del Medio Oriente, tradizionalmente composta da timo, sesamo e sale, ma la cui composizione può anche prevedere origano, cumino, semi di finocchio, santoreggia, maggiorana, sommacco, issopo...)
Peperone marinati, fiori di finocchietto essiccati, formaggio caprino al naturale
Spuma di gratin di patate, mantecato di baccalà, sbriciolata di mandorle, alici marinate, timo
Scarpetta di (ottimo) pane con (ottime) salse di pomodori diversi
Fondale marino: acqua di pomodoro, calamaretti, gobbetti, alghe, pane roccia, finta cozza (un raviolo di inchiostro di seppia che racchiude una cozza vera), pomodorino disidratato, mandorle fresche, canestrello, fasolari, seppiolina, foglia ostrica, acetosa marina. L'acqua di pomodoro è aromatizzata al Verjus e all'alga spirulina. È un piatto del 2017
Rana pescatrice: rana pescatrice cotta a vapore marinata nel miso d'orzo e tè nero, oliva, tamarillo e liquirizia, scampo crudo marinato nel gomasio, capperi, bambù, erbette (erba pepe, erba limoncina, erba valeriana, canapa, verbena, poi senape, acetosa, agrimonia, sedano), peperoncino fermentato. Si termina con una panna di rana pescatrice, ovvero l'estrazione delle carcasse montata con crema di pinoli e di mandorle, latte di bambù e pepe timut
Paccheri alla carbonara di canestrelli, pesto di ricci di mare e santoreggia, pane fritto nel lardo di maiale e bacon croccante: piatto del 2011, è un po' la storia del Feva. La pasta è ricavata dalla farina che lo chef produce in proprio, da cinque tipi di grani antichi. La salsa alla carbonara è classica ma con l'aggiunta di canestrelli a crudo e la loro acqua
Un pacchero
Risotto Sushine: risotto allo zafferano mantecato con olio, zenzero, rafano e rosmarino, base di cozze crude e scalogno bruciato, crema di albicocche, zest di limone, pastiglia gelata di yogurt al fico
Tagliolini fuori dalla norma: tagliolini di farina di canapa mantecati con acqua di pomodoro, acqua di melanzana e miso di pomodoro, con salsa mutabal, tartare di pomodoro cuore di bue, melanzana fritta, basilico di montagna, mandorla grattugiata, polvere di buccia di melanzana e tè nero tostato. La mutabal, parente del baba ganoush, è una salsa mediorientale a base di melanzane speziate. A parte, una ciotolina con gli stessi ingredienti però montati in sequenza opposta: serve per fare una golosa scarpetta e... per essere anche lei fuori dalla norma
Anatra: petto d’anatra al kamado (il bbq giapponese), il suo filetto quasi crudo, poi battuto di peperoni, cetriolo tortarello, germogli di zucca e il fondo bruno
Fico: crema di pan brioche al burro di malga, fichi glassati con acqua alle foglie di fico, zenzero e pepe timut, peperoni arrostiti e canditi, confettura di fichi e corniole, pan brioche croccante. Richiama il pane, burro e marmellata
Piña Colada: coulis d’ananas al rum, crema di banana di montagna, gelato al cocco, nocciole sabbiate, meringa al lemon grass
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di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
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